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La mano

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Se Donald Dodd ha sposato Isabel anziché, come il suo amico Ray, una di quelle donne che fanno «pensare a un letto», se vive a Brentwood, Connecticut, anziché a New York, è perché ha sempre voluto che le cose, attorno a lui, «fossero solide, ordinate». Isabel è dolce, serena, indulgente, e in diciassette anni non gli ha mai rivolto un rimprovero. Eppure basta uno sguardo a fargli capire che lei intuisce, e non di rado disapprova, le sue azioni – perfino i suoi pensieri. Forse Isabel intuisce anche che gli capita di desiderarle, le donne di quel genere, «al punto da stringere i pugni per la rabbia». E quando, una notte che è ospite da loro, Ray scompare durante una terribile bufera di neve e Donald, che è andato a cercarlo, torna annunciando a lei e a Mona, la moglie dell’amico, di non essere riuscito a trovarlo, le ci vuole poco a intuire che mente, e a scoprire, poi, che in realtà è rimasto tutto il tempo nel fienile, a fumare una sigaretta dopo l’altra: perché era sbronzo, perché è vile – e perché cova un odio purissimo per quelli che al pari di Ray hanno avuto dalla vita ciò che a lui è stato negato. Isabel non dirà niente neanche quando Ray verrà trovato cadavere: si limiterà, ancora una volta, a rivolgere al marito uno di quei suoi sguardi acuminati e pieni di indulgenza. Né gli impedirà, pur non ignorando quanto sia attratto da Mona, di occuparsi, in veste di avvocato, della successione di Ray, e di far visita alla vedova più spesso del necessario. Ma Donald comincerà a non sopportare più quello sguardo che, giorno dopo giorno, lo spia, lo giudica – e quasi lo sbeffeggia.



Recensione della Redazione QLibri

 
La mano 2021-09-01 08:46:42 Molly Bloom
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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    01 Settembre, 2021
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Storia di parole non dette

Farò già subito un'associazione bizzarra a questo romanzo: "Lavversario" di Carrère, o quello che avrebbe forse dovuto esserlo. "La mano" di Simenon ha come protagonista un uomo realizzato, con una brillante istruzione alle spalle, è socio di uno studio legale, marito fedele e premuroso e un buon padre, una casa nella provincia e una vita "normale", adagiata in un perbenismo e in una armonia tipicamente americana, annaffiata da bicchieri di whiskey e scotch. E così, dopo ben diciassette anni di quiete, basta una porta aperta su una scena a scatenare una tempesta, sia fisica in quanto il libro si apre con una tempesta di neve ma anche e soprattutto interiore nella quale per la prima volta il protagonista rivaluta se stesso, il suo trascorso e mette sulla bilancia i suoi desideri veri e l'attuale vita che si è costruito su dei modelli predefiniti. Durante queste intense pagine, si scoprirà un altro Donald, cinico, anaffettivo, egoista e vigliacco, invidioso e dulcis in fundo con istinti omicidi. La differenza sostanziale con Carrère è che "La mano" è scritto rigorosamente in prima persona e il viaggio è soprattutto interiore, si entra nel vortice dei pensieri del protagonista che man mano diventano sempre più oscuri e sempre più ossessi, si percepisce il suo squilibrio psicologico e l'epilogo è segnato già dall'inizio. Certo, "L'avversario" è la ricostruzione di una storia vera, ma quante storie vere non ce ne sono, nel mondo, come quella di Donald? Più di quello che pensiamo... Lo stile della scrittura è molto accurato e la narrazione è molto più profonda di quello che può apparire, c'è un intenso gioco di elementi contrari che si attraggono e si respingono, a partire dal silenzio condiscende della moglie di Donald, Isabel - che gli parla con i sguardi, sguardi che lo ossessionano e che il lettore non potrà mai sapere se effettivamente corrispondono ai messaggi che Donald capta oppure se sono solo sue malsane impressioni - e i pensieri irrequieti, svegliati dal letargo dopo tutto questo tempo che assillano in modo assordante Donald. Anche i personaggi sono antitetici: Donald e Ray, Isabel e Mona. Si cerca anche di motivare in qualche modo questo insano atteggiamento di Donald con una rigidità affettiva da parte dei genitori quando era piccolo, modello che probabilmente lui ha ricercato da grande in Isabel ma personalmente non credo in queste cose e non so se ha seminato questi dettagli come possibile motivazione del suo comportamento oppure come cliché ironico. Ad ogni modo "La mano" è davvero un testo intenso, scritto molto bene, con delle suggestive ambientazione e rappresenta, a mio avviso, un modello per ciò che "L'avversario" di Carrère avrebbe dovuto essere, ossia uno scavo nella mente del protagonista, la realtà vista attraverso i suoi occhi.
PS: ho trovato l'ultima battuta del libro, volutamente assurda, che spiazza e lascia il dubbio su chi sia il vero matto della situazione.

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