La mala ora La mala ora

La mala ora

Letteratura straniera

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Lo smascheramento della corruzione cui è giunta una società sotto i colpi della violenza, dell'incesto, del tradimento, in un paese immaginario e innominato, analogo a Macondo.



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La mala ora 2019-01-27 17:00:22 ChiaraC
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ChiaraC Opinione inserita da ChiaraC    27 Gennaio, 2019
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Libro politico, slegato dallo stile tipico di Marq

Non è il miglior libro di Marquez. Ripeto, non è il miglior libro di Marquez. Questo detto da una donna che lo venera e che ha letto quasi tutta la sua antologia.
E' un Marquez politico, che descrive la storia di un paesello colombiano isolato dalla pioggia e sotto lo scacco di misteriose "pasquinate", cartelli che compaiono durante la notte e che rivelano i vizi più segreti dei suoi abitanti. Sulle orme dell'autore delle pasquinate vi sono il parroco Angel, l'alcade (il capo della polizia), e il giudice Arcadio, tre principali protagonisti di questo romanzo nato come un racconto lungo, e rappresentanti della colombia violenta e corrotta di quegli anni, divisa tra un "governo di facciata" e la guerriglia.
L'alcade infatti è un brutale uomo sangunario che usa il suo potere per sparare sulla folla e massacrare gente in prigine. Spiccano poi altri personaggi collusi con il partito o vicini alla guerriglia, e ne viene fuori una Colombia ipocrita, la cui noia quotidiana è spezzata dalla violenza.

Gabriel Garsia Marquez ammise di aver scritto questo romanzo quasi su pressione dei suoi colleghi e amici, che lo spronarono a scrivere qualcosa di politico, a narrare l'orrore del suo paese. Lui ci provò, ne nacque "La mala ora". Ma poi ritornò a scrivere libri secondo il suo stile. Infatti La mala ora non sembra un libro di Marquez:il realismo magico che lo contraddistingue è inesistente, la narrazione non è visionaria, ma monotona. E' una narrazione forzata.
Mi sono sorpresa a sperare che questo libro finisse presto, e non, come in altri suoi romanzii, a sperare che "non finisse mai".

Lui ha scritto tantissime opere a stampo politico-giornalistico (vedi il famosissimo "Notizia di un sequestro", dove tratta e denuncia i rapimenti da parte dei Narcos di giovani della Colombia bene) o lo stesso Cent'anni di solitudine dove viene denunciata l'azione della "Compagnia bananiera" verso i suoi lavoratori in scipero.
Insomma, essendo lui un giornalista, ha scritto eccellenti opere di stampo giornalistico, ma essendo anche un meraviglioso romanziere, è riuscito a narrare attraverso il suo realismo magico i fatti più cruenti.
"La mala ora" non ha nè l'uno nè l'altro: rincincia allo stile giornalistico, ma rinuncia anche al realismo magico. Ne risulta un romanzo che non sembra suo, nello stile, almeno.

Insomma, mi ha deluso. Tuttavia, come sempre, consiglio di leggerlo. Gli autori non sono i nostri giullari e spesso devono anche fare il "lavoro sporco" di scrivere un libro che non sia di intrattenimento, se questo serve a nutrire in noi una coscienza politica. La Colombia era uno dei paesi più sanguinari del mondo, ed è meglio conoscere la sua storia anche coi libri, e non limitarsi ai racconti patinati di film e serie tv come, ad esempio, Narcos, che forse arriva a miticizzare un po' troppo la figura di Pablo Escobar e della FARC.

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L'intera opera di Marquez, "Notizia di un sequestro"
Per chi ha visto Narcos e vuole saperne di più sulla Colombia di quegli anni.
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La mala ora 2016-05-29 09:38:09 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    29 Mag, 2016
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Un Marquez insolito

Un paesino non meglio identificato di una Colombia in cui si è appena instaurato l'ennesimo governo di facciata, fa da cornice a questo insolito romanzo di Gabriel García Márquez. Le atmosfere oniriche ricche di pathos e magia a cui il grande maestro sudamericano ci ha abituato, in queste pagine lasciano il posto al realismo e alla denuncia sociale, senza tuttavia deludere il lettore dal punto di vista della qualità letteraria, dell'impatto emotivo e della trama. I consolidati meccanismi di una piccola comunità fluviale vengono stravolti da una serie di "pasquinate", ovvero da dei fogli appesi agli usci delle case con cui, in stile grezzo e sgrammaticato, si spifferano i segreti dei paesani. In realtà questi messaggi non svelano niente di nuovo, qui tutti sanno tutto di tutti. Tuttavia il gioco comincia a dar fastidio a molti e a mietere le prime vittime, tanto da convincere le persone più in vista del paese, l'alcalde, il giudice ed il prete, a rimboccarsi le maniche ed intervenire. I risultati saranno però molto scarsi, il responsabile non sarà facile da trovare perché, come dirà la maga Cassandra, l'autore delle pasquinate «E' tut­to il pae­se e non è nes­su­no.» La soluzione del giallo tuttavia ha un aspetto marginale in quest'opera che punta invece a mettere in luce le magagne e le atrocità di un regime travestito da democrazia, in cui le elezioni sono pilotate, in cui i funzionari vedono i loro uffici per la prima volta a distanza di mesi dalla loro nomina, dove la giustizia si amministra in base agli interessi economici, la vita della povera gente vale meno di zero e gli ospiti delle prigioni vengono colpiti da misteriose ed inspiegabili "sincopi". Un cielo grigio e carico di pioggia si alterna a giornate afose che tolgono il respiro, aumentando il clima di oppressione. Il fetore di una vacca in decomposizione accompagna l'intera vicenda, unendosi alla metaforica puzza di marcio che viene fuori dai pubblici uffici. L'alcalde, subdolo e calcolatore, incarna alla perfezione l'idea del governante corrotto che con una mano dà e con l'altra toglie, che gestisce le regole a suo piacimento e nel suo esclusivo interesse ma si impegna a dimostrare che tutto funziona bene. Il giudice è il classico esempio di funzionario accidioso e assenteista la cui unica preoccupazione è quella di non essere disturbato. Il prete rispecchia quel clero a cui interessa soltanto il rispetto di una morale di facciata. " «Fino a quan­do con­ti­nue­re­te a com­por­tar­vi in que­sto modo?» chie­se l'al­cal­de. La don­na par­lò sen­za al­te­ra­re la sua espres­sio­ne man­sue­ta. «Fin­ché ci ri­su­sci­te­ran­no i mor­ti che ci han­no am­maz­za­to.» «Ades­so è di­ver­so» spie­gò l'al­cal­de. «Il nuo­vo go­ver­no si pre­oc­cu­pa del be­nes­se­re dei cit­ta­di­ni. Voi, in­ve­ce...» La don­na lo in­ter­rup­pe. «Sono gli stes­si con le stes­se...» «Un quar­tie­re come que­sto, co­strui­to in ven­ti­quat­tro ore, era una cosa che pri­ma non si era mai vi­sta» in­si­stet­te l'al­cal­de. «Stia­mo cer­can­do di fare un pae­se de­cen­te.» La don­na tol­se la roba pu­li­ta dal filo di fer­ro e la por­tò nel­la stan­za. L'al­cal­de la se­guì con lo sguar­do fin­ché giun­se la ri­spo­sta: «Que­sto era un pae­se de­cen­te pri­ma che ar­ri­va­ste voi.» Non aspet­tò il caf­fè. «In­gra­ti» dis­se. «Gli stia­mo re­ga­lan­do la ter­ra e si la­men­ta­no an­co­ra.» La don­na non ri­bat­té. Ma quan­do l'al­cal­de at­tra­ver­sò la cu­ci­na per usci­re in stra­da, mor­mo­rò cur­va sul fo­co­la­re: «Qui sarà peg­gio. Ci ri­cor­de­re­mo an­co­ra più spes­so di voi, coi mor­ti die­tro il pa­tio.»"

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La mala ora 2012-01-31 11:57:52 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    31 Gennaio, 2012
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Un amaro Gabriel

Una mattina di ottobre qualcuno affigge alla porta di Cèsar Montero un foglio.
Una Pasquinata. Pettegolezzi . Il primo di una serie che sconvolgeranno gli equilibri del paese.

Opera meno conosciuta dell'autore, ma dello spessore cui ci ha abituato, precede Cent'anni di Solitudine e altre grandi romanzi piu' noti.
Ferma restando la penna indiscutibile di cui io non nego essere appassionata estimatrice, ho riscontrato un Garcìa Màrquez diverso dalle numerose opere lette cronologicamente successive .
Amo questo autore anche per la capacita' di associare alla trama un carnevale di colori, sapori, profumi che ti inebriano e ubriacano del suo Caribe .
In quest'opera non mancano odori suoni e colori, ma invece delle fantasie cromatiche di altrove qui si insedia un grigiume perenne, il puzzo nauseabondo di una vacca in putrefazione nel fiume in piena, sempre minestra chiazzata di unto invece dei miei amati e inverosimili manicaretti sudamericani.

Inizialmente questo contesto mi ha stroncata , ma ho proseguito alla ricerca di motivazioni.
E' una delle prime opere di Màrquez, si sente forte la condanna alle persecuzioni del regime.
Il realismo fantastico che di solito gestisce con maestrìa qui sembra faccia fatica ad avere la meglio sull'amarezza , l'autore col suo stile unico usa la fantasia per palesare disapprovazione.
Con l'aneddoto di uno scherzo da burloni qui si parla di persecuzione politica, di repressione, di assassinio, del potere di polizia che prevarica per arricchirsi.
Questo scrittore pazzesco , questo Nobel colombiano, e' un uomo .
E la violenza ed il sangue puzzano, anche se scritti da una delle penne piu' fantasiose e immaginifiche.

Buona lettura





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