La luna è tramontata
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Resto perplesso
Faccio una premessa, ho conosciuto Steinback negli ultimi due, tre anni.
Dopo aver esaurito tutti i classici russi, tedeschi e francesi, ho girato il mio sguardo verso la letteratura americana ed ho appunto scoperto questo autore e uno più contemporaneo come Mc Charty.
Di Steinback ho letto diversi tomi e posso dire che Furore e La Valle dell'Eden sono stati veramente una grande sorpresa e non esagero nel dire che Furore lo posso accostare per grandiosità a certi classici come Dostoevskij o Zola. Un vero capolavoro mondiale, come la stessa Valle dell'Eden, anche se un pelino minore rispetto al primo.
Dopo aver affrontato questi due libri dalla mole impressionante ed averli letteralmente divorati in poche settimane, sono passato alle letture "minori" di Stainback:
Uomini e topi
L'inverno del nostro scontento
La luna e tramontata....
ebbene sono rimasto basito e perplesso nel constatare che non solo sono scritti minori, ma sembrano proprio partoriti da un autore diverso rispetto ai due capolavori sopracitati.
Saranno forse le traduzioni, forse questi sono racconti più brevi, ma cè una caduta di qualità di scrittura, di trama, di analisi psicologica dei personaggi, quasi sconvolgente....si passa dallo scrivere capolavori immortali a dei raccontini semplici semplici che sembrano non avere ne capo ne coda.
Come se un Tolstoj scrivesse Guerra e Pace e poi passasse a scrivere un racconto per riviste rosa.
Questo "la luna è tramontata" è lentissimo, piatto, monotono, con personaggi assurdi, vicende fuori da ogni logica, senza un finale certo, banale nel descrivere la lotta tra conquistati e conquistatori, che sembrano tutti galleggiare in un unico calderone di riflessioni strampalate e campate tanto per dare qualche pagina in più al racconto.
Forse sarebbe stato meglio compiere un percorso di lettura inverso:
partire dalle opere minori e poi elevarsi a quelle maggiori.....forse
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Tra uomini-liberi ed uomini-gregge
non conoscevo l'impegno civile che animò Steinbeck durante la Seconda Guerra Mondiale e che lo porto' a concepire questo racconto. Steinbeck iniziò a scriverlo prima dell'intervento Americano, come opera di propaganda e con l'intento da un lato di risvegliare le coscienze sopite di una società americana lenta a riconoscere il pericolo dell'imperialismo germanico e talvolta simpatizzante con ideologie fascistoidi quali antidoti al comunismo, dall'altro di lanciare un messaggio di speranza ai paesi oppressi dalla dittatura nazionalsocialista. Lo stesso Roosevelt, grande ammiratore di Steinbeck, fu tra i promotori della iniziativa ed il racconto ebbe immenso successo e fu stampato in decine di lingue.
La premessa e' necessaria per inquadrare il romanzo e comprenderne l'obiettivo. Il potente messaggio morale che se ne ricava è reso con acutezza e sensibilità dallo scrittore il quale decontestualizza la storia e la rende paradigmatica dei rapporti tra oppressore ed oppresso, tra tirannide e democrazia. Il racconto è ambientato in un anonimo paesino del Nord Europa occupato da truppe nemiche di cui non viene mai esplicitata la provenienza. Tutto ciò rende il messaggio universale ed atemporale così che la narrazione ha un senso di ineluttabilità nel descrivere dinamiche che oppongono i giusti (gli uomini liberi) e gli ingiusti (gli uomini gregge).
Questi ultimi sono loro stessi vittime della forza malvagia che li ha voluti schierati dalla parte sbagliata. Il colonnello e gli ufficiali dell'esercito occupante sono descritti nella dimensione umana come schiacciati da una realtà e da un ruolo che devono giocare loro malgrado. Destinati ad essere odiati dalla popolazione locale, lontani dagli affetti e sicurezze del suolo natio, vittime di una routine di immutabile solitudine, la loro condizione e' comunque degna di compassione. L'anziano Colonnello Lanser, ormai disilluso, che rivede, come in un playback, dinamiche già vissute durante le occupazioni della Grande Guerra, il Sottotenente Tonder, col suo ingenuo romanticismo fatto di atti eroici ed amori impossibili, il Maggiore Hunter, geniere della compagnia condannato a riprogettare continuamente una linea ferroviaria che la Resistenza puntualmente distrugge e per la quale pateticamente prevede un inutile ponte a ricordo dei suoi modellini casalinghi, persino l'odioso capitano Toll con il suo arrivismo, la cieca obbedienza, la crudeltà inutile fatta di sterile osservanza dei regolamenti, sono tutti personaggi da tragedia Shakespeariana e non si riesce ad odiarli. Non a caso certa critica letteraria, in parte di matrice giudaica, non lesinerà critiche allo scrittore per la pietas riservata al "mostro" tedesco.
Sul versante opposto sta il popolo oppresso. Qui, mi pare, l'individualità dei singoli personaggi sia meno rilevante. E' il popolo tutto che pare guidato da una sete di giustizia che monta progressivamente fino agli atti di eroismo finali ed il collaborazionista Correll è in fondo quasi una eccezione necessaria.
Splendida la descrizione dello stordimento iniziale seguito all'invasione, in cui la popolazione appare disorientata, incredula ed incapace di opporre qualsiasi resistenza, quasi che la violenza subita e la sistematica distruzione dei diritti e delle libertà necessitino di una metabolizzazione perché si possa concretizzare una reazione. Il sindaco Orden che col suo sacrificio incarnerà la volontà di resistenza estrema agisce quale rappresentante di questo popolo che ha un'unica voce ed un unico spirito.
L'azione si svolge nelle ovattate atmosfere di un paese della costa, con la neve che attutisce i rumori delle ronde armate, con gli occhi ostili a scrutare dalle finestre delle abitazioni riscaldate dalle stufe, col via vai dei vagoni di carbone dalla miniera al porto che dirada sempre più man mano che l'ostruzionismo dei minatori locali si fa più ostinato. Nella casa del sindaco, adibita a quartier generale delle operazioni, gli ufficiali tedeschi, il sindaco, la moglie, il dottore e la servitù recitano un testo da piece teatrale che ha già scritto il suo tragico epilogo.
Il finale coi rimandi all'apologia di Socrate, quasi un Cristo pagano, emblema stesso del sacrificio dell'uomo giusto, potrà forse apparire un po' troppo retorico. Occorre però considerare il momento storico in cui il romanzo fu scritto e la sua motivazione. A me pare che Steinbeck abbia abilmente mantenuto un equilibrio ed una oggettività che spesso mancano ai romanzi coevi. A queste ha saputo unire le sue grandi doti di conoscitore dell'animo umano.
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Il debito sarà pagato
“Ora ti dirò una cosa, e spero che la capirai. Tu non sei più un uomo. Sei un soldato. Le tue necessità di conforto non hanno alcuna importanza e, tenente, anche la tua vita non ha molta importanza. Se vivrai, ti resteranno dei ricordi: è tutto quello che avrai. Frattanto devi ricevere ordini ed eseguirli. La maggior parte degli ordini sarà spiacevole, ma questo non è affar tuo. […….] Avrebbero dovuto costruire la tua anima con la verità e non menarla a spasso con le bugie. [….] Ma tu hai accettato i tuoi doveri. Vuoi adempierli oppure no? Non possiamo prenderci cura della tua anima.” Nelle parole del colonnello Lanser la fredda logica che regola il comportamento dei militari in guerra. Non sono solo la contrapposizione oppressore/oppresso e l’antitesi efferatezza/pietà i temi principali di “La luna è tramontata” di John Steinbeck: vi è altresì una chiara e netta condanna della guerra e della follia in cui trascina gli uomini fino a causarne spesso una totale perdita di umanità .
Il dramma rappresentato nel romanzo investe vincitori e vinti, militari e civili, i primi prigionieri di un codice che impone loro di mettere a tacere ogni istinto di pietà, ogni debolezza umana, i secondi altrettanto condizionati da quel concetto di dignità che costituisce l’ultima possibilità di mantenere il rispetto di se stessi.
In questa prospettiva vanno considerate le due figure centrali del romanzo, il sindaco Orden e il Colonnello Lanser. Entrambi rispettano un personale codice d’onore, poco importa se vi credano oppure no.
Emblematico è il titolo del romanzo: siamo alla fine di una lunga giornata, sta per nascere un nuovo giorno. È la fine della vita che emblematicamente viene ricordata con le parole di Socrate pronunciate negli ultimi momenti dal sindaco Orden all’amico Winter: “ Critone, debbo un gallo ad Asclepiade” e Winter risponde con le parole di Critone: “Il debito sarà pagato”. La vita, dunque, così come viene rappresentata qui da Steinbeck, trova un riscontro nelle parole di Socrate così come vennero interpretate da Nietzsche: essa è una malattia, per guarirne bisogna sacrificare un gallo ad Asclepiade e con la morte arriverà la guarigione. Unico riscatto per un’umanità che ha perso ogni punto di riferimento che la riconduca sulla via della dignità e del rispetto.
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Ho sognato che il capo era pazzo
Che romanzo! Che lacuna non conoscere questo autore!
In un paese norvegese, durante la guerra arrivano gli invasori che si stabiliscono a casa del sindaco. Tra il sindaco Orden e il colonnello Lanser capo delle truppe nemiche si stabilisce un'intesa basata sulla comune intelligenza e limitata dalla consapevolezza che ognuno farà il suo dovere. Gli assedianti sono pochi e diventano da assedianti loro stessi assediati, più soli degli altri. Ogni volta che uno di loro si fa tentare da un sorriso o da una donna fa una brutta fine. Nel romanzo c'è tutto: ambizione che spinge al tradimento e intelligenza che fa da antidoto alla paura e intelligenza che rende spettatori del proprio ineludibile destino. Il romanzo è un inno alla libertà e l'inno alla libertà, la consapevolezza di voler 'essere spiriti liberi spinge a superare i limiti dell'umano, soprattutto la paura. Perciò il sindaco Orden, misero sindaco di un insignificante paese saluta il lettore con le parole di Socrate, le parole misteriose che Socrate disse al suo discepolo Critone in punto di morte:"Critone, debbo un gallo ad Asclepio".
E Critone, nella storia il medico Winter, risponde: "Il debito sarà pagato".
Nel romanzo il gallo da sacrificare è lo stesso medico, amico intelligente del sindaco, anche lui disposto a tutto pur di non rinunciare alla libertà di spirito. Il titolo del romanzo, la luna è tramontata, richiama al gallo, che non canterà. Ma l'alba arriverà lo stesso in punta di piedi senza essere chiassosamente annunciata.
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Lettura gradevole per profonde riflessioni
Non sarà l'opera più rappresentativa di Steinbeck, ma sicuramente è un romanzo che adegua perfettamente le scelte stilistiche al contenuto. Il piccolo "miracolo" effettuato qui dal narratore è, secondo me, quello di aver affrontato il doloroso tema dell'occupazione di un piccolo paese norvegese da parte dei nazisti e della conseguente resistenza organizzata dagli occupati con una semplicità che non scade mai nella banalità, nella sciatteria o addirittura nella volgarità. Adottare un linguaggio semplice, agile, quando si affrontano temi come, appunto, la guerra, che magari ne richiederebbero uno crudo e violento, potrebbe essere insidioso. Ma la sapienza narrativa di Steinbeck non viene minimamente sfiorata dal rischio di confezionare un'opera poco problematica, se non addirittura approssimativa.
La semplicità, infatti, non solo esalta, anziché stemperarla, la tragedia degli oppressi ma si dimostra la scelta migliore per spiegare come il bisogno di libertà sia universale. Anche a costo del sacrificio personale.
Da insegnante, ne consiglierei la lettura a scuola.
Da lettrice, non ho dimenticato i pensieri, le bassezze, le paure e le speranze di personaggi delineati con umanità e realismo.
Da semplice essere umano, non posso considerare la libertà un privilegio godibile solo da parte dei più "forti" (che sono poi semplicemente più violenti e meglio armati) ma un diritto di tutti. Questo mi sembra il messaggio, per nulla banale e sempre attuale, che Steinbeck ci ha voluto regalare, ancor più significativo se si pensa che lo ha condiviso con il mondo mentre esso era insangnuinato dalla follia della Seconda Guerra Mondiale.
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L'inutilità della guerra
Quando nel 1962 a John Steinbeck fu conferito il premio Nobel per la letteratura la motivazione fu la seguente: Per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l'umore sensibile e la percezione sociale acuta.
In effetti lo scrittore americano è riuscito nei suoi libri a sondare l’animo umano inserendo la sua ricerca in un contesto sociale, in forza di un’interdipendenza che si attua in un doppio flusso: dal singolo uomo alla collettività e da questa ancora al singolo uomo. Steinbeck ha ben compreso che gli aspetti interiori di ognuno si riflettono socialmente e che sempre il comportamento individuale è influenzato dal contesto in cui l’individuo opera.
Con diverse sfumature questo concetto è base di opere di notevole livello, quali I pascoli del cielo, Pian della Tortilla, Uomini e topi, Furore, L’inverno del nostro scontento e La valle dell’Eden; tuttavia, almeno secondo la mia opinione, dove risulta esposto più chiaramente è ne La luna è tramontata, romanzo edito per la prima volta nel 1942 allorché le sorti della seconda guerra mondiale non erano ancora ben definite.
In questo romanzo, ambientato in Norvegia, contano più i personaggi, le situazioni, le riflessioni dei protagonisti che la trama stessa, in sé in verità abbastanza semplice. Un piccolo paese viene occupato dai tedeschi con un vero e proprio blitz e con l’aiuto di un traditore, quello che tutti i cittadini fino ad allora consideravano un autentico benefattore. Colti di sorpresa, provano un generale disorientamento, una sorta di annichilimento della volontà e, soprattutto, della propria identità, ma poi la dignità di essere uomini ancora liberi emerge e ha inizio una guerriglia non solo bellica in senso stretto, ma anche psicologica nei confronti degli invasori che poco a poco si scoprono non macchine da guerra, ma uomini, con le loro debolezze e le loro paure.
In questo contesto i protagonisti di maggior spessore a cui lo scrittore attribuisce il compito di portare avanti il suo messaggio sono da un lato il colonnello tedesco Lanser che è dibattuto fra l’assurdità degli ordini ricevuti e i contrasti della sua coscienza. Non viene meno al suo dovere, ma gradualmente subentra in lui la disperazione di compiere azioni sanguinarie che ritiene del tutto inutili, maturando di pari passo una crescente stima verso il sindaco, ben diversamente motivato dalla necessità di costituire un punto di riferimento per i suoi concittadini, senza remore o tentennamenti, arrivando perfino al sacrificio personale.
Sono due uomini in antitesi, ma se il tedesco si accorge della progressiva perdita della sua dignità, il norvegese è invece consapevole del suo graduale riacquisto.
Su tutto regna un tragico dolore: quello degli occupanti, che nel loro indottrinamento credevano di essere accolti festosamente e che invece sono costretti a vigilare nel timore di attentati; quello dei cittadini occupati che non possono tollerare di perdere la loro liberta e che intendono riprendersela, a qualsiasi costo.
Se la Luna è tramontata è un romanzo antibellico e antimilitarista è però anche un libro che, partendo dalla stupidità della guerra, travolge i normali schemi del patriottismo per rendere giustizia agli oppressi, a chi è stato vinto senza aver voluto una guerra, a chi crede che la dignità valga più della vita. Ma è anche un’opera con cui si evidenzia che, deteriorando i dogmi inculcati negli uomini da un regime, si ottengono un disorientamento e una progressiva disaffezione per una missione che da vincitori li rende vinti, prima ancora che sul campo di battaglia con il risveglio della coscienza.
La luna è tramontata non è solo un bel romanzo, ma è anche un libro con cui, attraverso la creatività, si giunge a una visione realistica, senza appelli, senza attenuanti, della guerra e della sua inutilità.
Da leggere, senz’altro, anche e soprattutto nelle scuole, affinché i giovani comprendano che con un conflitto tutto è perduto, mentre con la pace tutto è possibile.