La lettera di Gertrud
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Identità, quale destino?
La “ La lettera di Gertrud “ è un romanzo atipico per struttura e contenuto e l’ ebraismo ne è l’ elemento portante, una prolungata riflessione sulla propria essenza che accompagna il protagonista Martin Brenner sconfinando in un saggio socio-storico-religioso con tanto di bibliografia allegata ( i testi sull’ ebraismo consultati da Martin durante le sue ricerche ).
Tra le pagine pochi spunti romanzati e relazionali ( e questo è una pecca ) ed un finale che cerca di riassumere e completare la biografia del tormentato protagonista grazie alla penna di uno scrittore in affitto.
Il romanzo ha contenuti interessanti, meno riuscita, rispetto alla fama dell’ autore, l’ espressione degli stessi, prolungate pause riflessive e teoretiche a scapito di pulsione narrativa e creatività letteraria.
Il segreto di una madre ( Gertrud, in vita conosciuta come Maria ), la propria ebraicita’, viene svelato al figlio solo post mortem, una donna sopravvissuta all’ Olocausto ma non al suo ricordo, che ha cercato di preservare Martin dall’ incertezza del futuro, dall’ incubo del passato, dalla paura, dal paventato pericolo di altre persecuzioni, desiderando realizzasse inclinazioni e sogni .
Un supremo gesto d’ amore o un terribile errore ed egoistico intendimento?
Madre e figlio da sempre hanno vissuto un legame affettivo, senza un vero padre, ma non sono mai stati realmente vicini, separati da una sottile interferenza e da stanze di una infanzia in cui sentirsi estranei; oggi Martin vive il rimpianto di avere capito troppo tardi che la madre si meritava il suo amore senza riserve.
Un passato di studi umanistici per virare su ragione e scienza, oggi da genetista ateo e razionalista colloca la propria identità nel futuro, ma ciascuna identità è rivolta al passato e non può essere vissuta su basi razionali.
La rivelazione delle proprie origini ebraiche lo ha scosso, è incredulo, turbato ed inizia sei mesi di meticolosa ricerca, poco personale e famigliare, sul senso dell’ ebraismo, sulla sua cultura, storia, tradizione, senza comprendere che cosa unisce le persone che si definiscono ebree.
Non scava nel proprio passato, ne’ è alla ricerca di un padre che non ha mai conosciuto, vive il presente, in primis il giudizio e le relazioni all’ interno di una famiglia ristretta che ama profondamente ( la moglie Cristina e la figlia Sara ) e che continua a tenere all’ oscuro.
Tutto improvvisamente è cambiato, il passato incombe, tra dubbi, domande ed una certezza: Martin è e rimarrà un ateo convinto, questa è la sua storia e la sua identità, non crede in Dio ne’ si sente vicino ed affascinato da una cultura ebraica che non ha mai “ vissuto “ ed i cui i dogmi non condivide ( la discendenza materna, la legge espressa nella Torah e nel Talmud, la circoncisione, il popolo eletto, la proibizione dei matrimoni misti ) .
Per contro osteggia e condanna ogni manifestazione antisemita, apprezzando alcuni contenuti dell’ ebraismo ( la fede nella cultura e nella conoscenza ), sospinto dal proprio umanesimo.
L’ essere nato da genitori ebrei non fa di lui un ebreo ( anche se potrebbe diventarlo per discendenza materna ), a contare è l’ amore “, sopra il quale non vi è alcuna legge, ne’ ebraica ne’ altra, mentre la religione, la nazionalità ed il cosiddetto carattere nazionale non hanno niente a che fare con il sangue, e, da scienziato, è certo che non vi è alcun “ gene “ dell’ ebraismo.
A questa stregua qualsiasi idea di purezza razziale dovrebbe sparire ed ogni persona essere in primis un essere umano, ogni lealtà conquistata, persino i genitori devono conquistarsi la lealtà dei figli e bisognerebbe essere ebrei anche senza esserlo, essere apolidi.
Agli occhi altrui dapprima sembrerà un antisemita, poi, reo confesso, un ebreo antisemita, ed infine “ un ebreo che non vuole essere ebreo “, perché è così difficile preservare l’ identità in un mondo che osteggia il libero pensiero, che non ascolta e vive di apparenza, stereotipi, tradizioni millenarie ( con accezioni positive e negative ), una contemporaneità globalizzata da cui è impossibile evadere o cambiare idea, indirizzo, fede per scelta ( esercitando il libero arbitrio ).
Coloro che ti guardano non sanno riconoscere la tua “ storia “, rigettandola per crearne un’ altra, cercando di farti essere e restare in quello che vogliono tu sia, pena sanzioni od espulsioni.
Ed allora è così complicato continuare a lottare scongiurando la rovina, la perdita di tutto ( in primis dei legami famigliari ed affettivi ), in una solitudine coatta determinata da altro e da altri.
Alla fine ciascun uomo avrebbe il diritto, indipendentemente da fede, origine, nazionalità e personalità, di chiedersi se vuole continuare ad essere quello che è diventato, o se vuole divenire in tutto o in parte qualcun altro immaginando se stesso ed il mondo diversi da quello che sono, in una visione libertaria pervasa dal dubbio.
Questo eserciterebbe un autentico senso di identità, libertà, amore, questo è stato Martin Brenner:
... “un uomo che ha avuto il coraggio di non arrendersi “ ....