La grande casa
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Scrittura raffinata
La giovane autrice de “La storia dell’amore” ritenta la scalata al successo con un romanzo dalla struttura singolare, anche se non innovativa, in cui si intrecciano quattro vicende narrate a capitoli alterni. Quattro storie lontane fra loro come disposizione geografica e collocamento temporale ma con qualche elemento comune a fare da anello di congiunzione alle vite dei personaggi.
Sono le storie di Nadia, scrittrice Newyorchese incapace di esprimere sentimenti ed emozioni se non attraverso la scrittura; di Dovik e suo padre, con quest’ultimo che fin dalla nascita del figlio percepisce che questi svilupperà un rapporto profondo con la madre, intuendo da subito quello che la vita gli presenterà come una conseguenza, ovvero un rapporto difficilissimo con il figlio, un rapporto in cui l’amore sarà soffocato da incomprensioni e mancato dialogo per quasi un’intera esistenza; di Lotte Berg, scrittrice inglese di origine tedesca, fuggita dagli orrori della seconda guerra mondiale e da un orrore che sconvolgerà la sua esistenza prima, e quella del marito dopo la sua scomparsa; la storia, infine , dei fratelli Yoav e Leah Weisz e del padre George, famiglia in costante itinere alla ricerca di oggetti perduti insieme al loro bagaglio di ricordi ed emozioni.
Proprio uno di questi oggetti costituisce l’anello di unione tra le varie storie, una imponente scrivania la cui storia attraversa quasi un secolo appartendendo, si dice, al grande poeta Garcia Lorca ed entrando in possesso, grazie ai volubili mutamenti del destino, ad alcuni personaggi del libro.
La narrazione avviene sempre in prima persona e prende la forma di un lungo monologo interiore, una profonda disamina dei rapporti con l’altro e una lucida visione di come i propri sentimenti sgorghino dal profondo rivestiti di una carica destinata a scontrarsi ed accordarsi con quelli antagonisti. Decisamente efficace la capacità di immedesimare il lettore con l’io narrante di turno, fondendoli ad una profondità tale da non poterli più distinguere, riuscendo a far vivere in prima persona tutta una serie di stati d’animo veramente complessi e profondi. In questo senso assume importanza, ed una decisa lode a parer mio, la scrittura sofisticata e ricercata della Krauss, che ricorda un finissimo lavoro di cesello alla ricerca della parola e della forma più appropriate. Ci si ritrova spesso a rileggere interi periodi per il solo gusto di assaporare con quanta ricercatezza si siano potuti esprimere anche pensieri non particolarmente complicati, anche se a volte si ha l’impressione che l’autrice abbia ecceduto nell’autocelebrazione.
Credo che la forza di questo romanzo risieda, oltre che nellla scrittura di alto livello, nella notevole capacità di riconoscere e descrivere gli stati d’animo ed emozioni che a turno vengono espressi dai protagonisti, con una menzione speciale alla vicenda del difficile rapporto padre-figlio, caratterizzato da una incomunicabilità cronica in cui potrebbero riconoscersi in tantissimi.
Il punto debole potrebbe essere una eccessiva distanza tra le varie storie, con degli anelli di giunzione un po’ troppo deboli che lasciano l’impressione che il lavoro risulti incompleto, così come la decisa tendenza a lasciare aperti tanti possibili spiragli di giudizio da parte del lettore.
In definitiva un romanzo che mette sul piatto la prelibatezza di una scrittura piacevole e raffinata e che permette al lettore di esplorare in maniera completa stati d’animo di una certa complessità lasciandogli la libertà di muoversi al loro interno per svilupparli secondo la propria personalità.
L’autrice, Nicole Krauss, una volta conosciuta come la moglie del più noto Jonhatan Safran Foer, dimostra le sue elevate capacità letterarie lasciando intravedere un futuro molto promettente, complice anche la giovane età.