La foresta
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Opinioni inserite: 6
MANCA IL THRILLING
Ho iniziato questo romanzo non sapendo bene cosa aspettarmi, dato che non conoscevo l'autore. Ma fin dalle prime pagine ho avvertito una trama scontata che mi auguravo decollasse in qualche maniera dopo la metà libro, cosa che purtroppo non è avvenuta. Nonostante il considerevole dispendio di violenza gratuita perpetrata dai personaggi cosiddetti "cattivi", questi non riescono ad elevarsi che a poco più che caricature della bestialità della razza umana. Ed anche la colorita accozzaglia del gruppetto dei "bravi", dove l'unica ad emergere con un minimo di spessore è una prostituta, sembra poco più che la fiera del luogo comune. La narrazione è molto scorrevole, la prosa fluida, tanto che ho divorato le 347 pagine in meno di due giorni, ma ho sentito l'assenza del thrilling, della paura dell'attesa, del colpo di scena. Tutto è velocemente filato verso quell'epilogo che già dopo una trentina di pagine ogni lettore poteva immaginare. Mi dicono che non sia precisamente il libro più bello di Joe R. Lansdale, che per poterlo apprezzare nella sua piena potenzialità andrebbe testato su altri romanzi più coinvolgenti. Ma per il momento avrei bisogno di una forte motivazione per riprendere un suo romanzo
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Poche idee non confuse
Un Lansdale abbastanza monocorde, con ostinato sguardo rivolto ai punti cardine della sua narrativa più disimpegnata. Storia di crescita forzata nel vecchio west in un' epoca di grandi cambiamenti, la tecnologia avanza ma la violenza continua a dilagare.
Il giovane Jack rimasto orfano e defraudato degli unici affetti su cui contare si imbarca in un'impresa impossibile, almeno se affrontata in solitaria. A dargli man forte e accrescere le possibilità di successo una coppia di strampalati border-line, quasi degli Hap & Leonard primordiali, ovvero un nano tanto letale quanto colto e un nero gigantesco accompagnato da un maiale altrettanto mastodontico dall'attitudine canina.
Alla scombinata combriccola si aggiungono uno sceriffo dal viso deturpato e una prostituta gentile, incarnazione della grazia, in un luogo dove sembra possano germogliare solo brutture. Ogni personaggio è ben inserito nell'economia del racconto, per quanto poi la presenza femminile risulti una felice voce fuori dal coro, basilare per la maturazione del protagonista e nello spezzare il succedersi di pestaggi e sparatorie con parentesi tra il romantico e il pruriginoso.
Il gruppo eterogeneo si inoltra nella foresta impenetrabile, sono "buoni" molto sui generis, in quanto tutt'altro che simboli di integrità morale. Il conflitto si scatena con una personificazione del male estrema, una banda di tagliatori di gole della peggior risma, capaci di atti orripilanti.
"La foresta" è romanzo di formazione d'ambientazione western venato dalla tipica e spesso greve ironia dello scrittore texano, con discrete dosi di violenza e qualche momento prolisso di troppo. Discreta la definizione dei personaggi principali, praticamente inesistente quella dei cattivi (e questo è un peccato in quanto le potenzialità si sprecano).
Come fan dell'autore lo ritengo un lavoro apprezzabile, però a mio avviso i romanzi da leggere assolutamente del buon Joe R. sono altri.
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La foresta
Il prolifico Lansdale scrive, con ‘La foresta’, un romanzo di formazione - non è un caso che uno dei personaggi legga con insistenza Mark Twain – riprendendo un tema per lui non certo nuovo, ma il libro si fa ricordare in particolar modo per il suo essere un western. Si tratta di una storia di frontiera di certo crepuscolare, perché vi circolano ormai le automobili come ne ‘La ballata di Cable Hogue’, ma anche assai brutta, sporca e cattiva nonché lontanissima dall’iconografia tradizionale. Nulla di nuovo, per carità, ma la narrazione è ravvivata da una grande abilità di scrittura: le esplosioni di violenza da McCarthy incattivito si alternano agli spunti sorridenti o addirittura comici in un mondo in cui la sporcizia domina (qui non si lava mai nessuno e si può solo immaginare la situazione igienica dei personaggi alla fine della vicenda) mentre con le pesanti pistole in dotazione nessuno riesce mai a colpire nessun altro a meno che la distanza sia minima o intervenga il caso. Il tutto ambientato in un Texas raccontato come un postaccio: se all’est si assommano vaiolo e delinquenza, al nord non vivrebbe nessuno sano di mente (anche perché vi circolano dei Comanches da far impallidire Tarantino) e nel centro vi sono paesi che sono il buco del culo del mondo. In queste belle lande, il giovane Jack va alla ricerca della sorella Lula rapita da tre brutti ceffi che più brutti non si può e che fanno fuori anche il nonno predicatore dopo che l’epidemia ha ucciso i genitori: Per farlo arruola un’improbabile compagnia costituita da un nano acculturato (il cui eloquio ricorda un po’ troppo quello del dottor King Schultz in ‘Django unchained’), un nero grande grosso e armato di un fucile che è più che altro un cannone, uno sceriffo bruciacchiato nonché un maiale selvatico addomesticato. Inoltre, visto che di formazione si tratta, il nostro troverà il tempo di dare la morte e incontrare l’amore, quest’ultimo nei panni di una giovanissima prostituta con una precedente clientela sorprendente (specie per Jack). Il bello è che tutto questo viene raccontato in un magistrale primo capoverso eppure il lettore si trova a girare compulsivamente le pagine grazie alla grande capacità di raccontare dello scrittore statunitense unita all’indovinata (ed empatica) definizione dei personaggi grazie a pochi tratti caratteristici. Lansdale conferma così le belle qualità che lo hanno reso famoso consentendo di essere indulgenti con alcuni difetti che, se non inficiano il divertimento complessivo, finiscono per piazzare il romanzo alle spalle dei lavori più riusciti in una virtuale classifica delle sue opere. Ad esempio, la parte centrale dà l’impressione di essere gonfiata in maniera artificiale – con l’aggiunta della deviazione quasi horror delle sofferte peripezie di Winton che durano troppo a lungo – e il finale è davvero troppo buonista, da Hollywood dei tempi d’oro, specie in confronto a tutto quello che l’ha preceduto. Il resto delle trecento e passa pagine compensa però in abbondanza, da tutto quello che riguarda il nonno nei primi capitoli agli ipercattivi da fumetto (ma mille volte meglio dello Skunk di ‘Acqua buia’ grazie soprattutto a quel Fatty che, torturato e ferito, ha la forza di portarsi a spasso gli inseguitori per mezzo Texas macchiandosi nel frattempo di ogni brutalità), dagli intermezzi di alleggerimento, come l’entrata in scena di Spot, alla convulsa, sanguinosa eppure a tratti esilarante sparatoria finale.
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Un’altra “foresta oscura”
Dopo la foresta nella quale Dante si smarrisce e si lascia guidare dal sommo poeta mantovano della latinità, che poi darà il nome a uno dei più celebri motori di ricerca nostrani, l’immagine del bosco oscuro torna con altri toni, nella narrativa impertinente e frizzante di Joe R. Lansdale, a rappresentare il peccato dal quale redimersi.
La storia è piuttosto semplice ed è ambientata in Texas agli inizi del XX secolo. Siamo in pieno far west e il giovane Jack Parker, nipote di un predicatore, fugge con il nonno e la sorella Lula da una pestilenza (il vaiolo) che si è portata via i genitori. La fuga è subito complicata da una zuffa nel traghetto sul fiume; il nonno viene assassinato e Lula rapita. Jack si getta all’inseguimento dei tre malviventi che hanno sequestrato la sorella e scappano lasciando dietro di loro una scia di delitti, come la rapina cruenta a Sylvester. Nell’impresa Jack chiede manforte (“Gli parlai delle taglie che avevano messo sulla testa di Cut Throat, Nigger Pete e Fatty, e cercai di essere eloquente e persuasivo nel mio racconto”) a Shorty, un nano (“Sembrava un re straniero contrariato per essersi improvvisamente rimpicciolito”) dal passato alterno (“Mi aveva venduto al circo, e per pochi spicci”) e dal presente filosofico (“Vedo tutto dal basso. E’ un modo diverso di guardare il mondo”) e al gigante Eustace (“Non regge l’alcol. Anche la noia non gli fa bene. Perde le staffe quando beve”), un nero dal sangue indiano, specializzato – a modo suo - nel seguire le tracce dei fuggiaschi e affezionato al maiale cannibale Hog. Alla combriccola ben presto si uniscono la prostituta Jimmie Sue (“E’ qui a scopi decorativi, e per farsi montare dal ragazzino, una volta ogni tanto”) e lo sceriffo Winton, che in passato è stato vittima delle violenze Comanche. La corte dei miracoli è al completo (“…come mai un negro grande e grosso, un nano, un ragazzino, una puttana e un maiale incazzato se ne stanno fermi davanti a un bordello”) e, dopo mille peripezie e dialoghi effervescenti, affronta la foresta (“era piena fino a traboccare di gente che ne aveva combinate di tutti i colori…”) per lo scontro finale.
Il romanzo con la leggerezza dell’umorismo irriverente descrive mille atrocità (sanguinosissimi combattimenti di galli che si trasformano in duelli umani, mutilazioni, stupri, provocazioni crudeli rivolte a un orso legato, che poi si libera e si vendica…) e si lascia leggere senza troppi patemi. Il lettore rivive così certe atmosfere western, qui stemperate dallo stile incalzante e fluido di Lansdale e, quasi inconsapevolmente, affronta i temi della diversità e del pregiudizio senza moralismi e ipocrisie.
Bruno Elpis
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La Foresta... ennesimo capolavoro
Joe, Joe... te l'hjo detto a voce, quando ho avuto la fortuna di incontrarti, lo scrivo anche qui... il tuo stile di scrittura è paragonabile solo a quello di Freddy Mercury nel fare musica.
"La foresta" ne è l'ennesima dimostrazione. Pathos, avventura, scoperta, introspezione. Le pagine scorrono e non vorresti mai smettere. Poi ti accorgi che sta per finire il libro e rallenti il ritmo, per centellinarti il piacere.
E' incredibile come, libro dopo libro, l'autore riesca a ribadire gli stessi concetti senza diventare ripetitivo...
Adoro questi eroi imperfetti: uomini e donne che devono fare i conti con la vita e le difficoltà. Uomini e donne che sovente finiscono per essere sconfitti, e per questo s’incazzano. Ma poi, come gli uomini e le donne vere, sanno ritrovare il sorriso per una birra fresca, il passaggio di una bella ragazza davanti ai loro occhi o per un bacio inatteso.
Ora, non resta che aspettare il prossimo libro di Joe!
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Lansdale..
Arrivato ormai all'ennesimo libro di Lansdale, speravo che in qualche modo si dimostrasse umano deludendomi in pieno. E invece no, anche questa volta è riuscito a stupirmi. La trama è semplicissima, nonostante questo, attraverso la psicologia dei personaggi e i dialoghi esilaranti, ironici e soprattutto intelligenti, riesce a non annoiare mai. In questo libro, Lansdale si prende delle pause durante questo viaggio alla ricerca di Lula, (la piccola sorella rapita del protagonista) e le utilizza, soprattutto attraverso la voce di Shorty (un nano cacciatore di taglie e colto filosofo) per trattare, sempre in chiave umoristica ma molto intelligente, lo scetticismo che soprattutto nei tempi difficili proviamo verso l'esistenza di Dio e dell'amore. Non mancano tutti gli elementi che comunque caratterizzano i suoi libri, come al solito molto più profondo e significativo di ciò che sembra. Forse in confronto agli altri, più che per la trama lo premierei per il contenuto.