La farisea
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La santità non è solo bontà
Dove possano arrivare l’adesione di facciata ai precetti religiosi, il bigottismo e la ieraticità dei comportamenti ce lo dice Brigida Pian, la farisea, una donna “rigidamente vestita e abbottonata fino al collo” sia che vada a messa o che giri per casa. Una condotta da vera santa, ma non pura di cuore: i suoi aneliti salvifici non le impediscono di considerare delle nullità sudice e ignoranti “i bambini della prima comunione” ai quali “doveva fare il catechismo”; la sua anima angelica non le vieta di impedire con qualsiasi mezzo, come matrigna, alla figlia Michelina di visitare il suo Gianni malato, che non sarà proprio un modello di ragazzo, ma che almeno vuole essere se stesso in un mondo di abili recitatori, compresa l’inconsistente madre, sorpresa dal figlio a flirtare come una scolaretta con uomo sul terrazzo di un albergo, un’immagine questa che segnerà per sempre la vita di Gianni di Mirbel. La nostra brava farisea rende un inferno la vita di chi ha la sventura di incontrarla: dall’abate Calou al maestro Puybaraud e la sua dolce Ottavia, morta nella disperazione di non essere nelle grazie di Dio, dal marito, immerso sempre nel dolore per la perdita della prima moglie a Luigi, voce narrante del libro e fratello di Michelina. Tutti coloro che hanno a che fare con questa donna sperimentano sulla loro pelle le bassezze e le crudeltà di una religione nella quale la fedeltà letterale sopravanza e annulla lo spirito del buon samaritano, la falsità e l’ipocrisia si sostituiscono alla spontaneità dei comportamenti e alla purezza dei cuori. Un libro non contro la religione, ma per l’amore che essa sa far zampillare se coltivata su terreni fertili, anziché su aride e brulle steppe.
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L'amore per il prossimo
Il tema del romanzo è il "fariseismo" ovvero il perbenismo, una modalità rigida di giudicare gli altri che non viene però applicata a se stessi. Il romanzo presenta diversi esempi di farisei anche se la farisea che dà il titolo al romanzo è la matrigna dei due protagonisti, Michelina e il fratello, io parlante del romanzo. Un terzo ragazzo, Gianni, amico del protagonista, diventa il fidanzatino della sorella suscitando la sua gelosia. A tratti sembra che il protagonista spii anche in se stesso i segni del fariseismo e debba fare un suo cammino per allontanare da sè una certa freddezza e rigidità nel giudicare gli altri, freddezza che gli deriva non tanto dall'educazione della matrigna ma dalla paura della solitudine e dell'abbandono da parte di chi ama. Accusato di fariseismo è tutto il mondo degli adulti, osservato con lo sguardo implacabile degli adolescenti che pretendono dai genitori coerenza e amore incondizionato. In un certo senso per rapportarsi alla purezza con cui i ragazzi guardano gli adulti sembra che le strade possibili siano due: l'ipocrisia borghese che è solo un'altra faccia del fariseismo e la santità, cioè pietà per gli altri ma intransigenza con se stessi.
Il libro è molto bello, così bello e interessante che ho cercato subito altri Mauriac ma purtroppo mi pare che questo scrittore stia sparendo velocemente dalla faccia della letteratura in modo per me incomprensibile.
"Non bisogna voler entrare nella vita degli altri, loro malgrado: ricordati questo insegnamento piccolo. Non bisogna aprire la porta di quella seconda nè di quella terza vita che solo Dio conosce. Non bisogna mai volgere il capo verso la città segreta, verso la città maledetta degli altri se non si vuole essere mutati in una statua di sale....."