La diva Julia
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Apoteosi teatrale
“Julia parlava in modo assai diverso con se stessa e con gli altri; il suo linguaggio, parlando con se stessa, era piuttosto crudo.”
Esteriormente una donna di successo, assistiamo alla narrazione della sua carriera, dagli esordi alla ribalta, un successo meritato per doti innate, una moglie fedele, una madre coscienziosa.
Intimamente una donna irrisolta, lacerata dall’avanzare dell’età, sessualmente attiva, nonostante il matrimonio quasi bianco con il suo amato Michael, “il più bell’uomo di Inghilterra”, attore mancato, imprenditore teatrale di successo.
Una coppia glamour, una vita sociale da fare invidia, una quotidianità ingabbiata dai ritmi del teatro, schiavizzanti.
Julia a me sembra solo una donna in cerca di libertà di espressione, bisognosa di eterna e continua gratificazione che le confermi che oltre a essere una brava attrice, è anche una bella e desiderabile femmina.
E quando è femmina può permettersi di uscire dalla finzione, dalla sua eterna maschera, centuplicata non dai centomila che la leggono sempre diversa, alla maniera pirandelliana, ma dagli innumerevoli ruoli che nella sua carriera hanno ibridato la sua identità. Lei non sa più chi è, agisce come da copione, pensa come da copione, parla con le battute dei vari copioni, fino a quando non coglie nella sessualità la sua massima libertà di espressione. Curioso che non la consumi con il suo adorato marito, ma che si abbandoni a incontri fortuiti, ad avances di imberbi e generosi giovanotti, rigettando magari la devozione di un fedelissimo.
E l’amore? Che posto ha nella sua vita?
“...significa pena e angoscia, estasi, vergogna, paradiso e inferno; significa vivere, intensamente, e noia indicibile; significa libertà e schiavitù; significa pace e tormento.”
La sua maschera coincide con lo strato di cerone che le regala “un’altra personalità immune dai dolori umani”.
Sarà il figlio Roger a smascherarla, a metterla di fronte alla realtà, quella assurda circostanza misteriosa che tanto la spaventa.
Lei preferisce essere quell’ectoplasma che assorbe l’ansia della vita, quel simbolo che nel palcoscenico assume le forme e gli umori più vari per concedere al pubblico con la finzione l’unico briciolo di realtà.
Apoteosi teatrale!
Lettura gradevole, apparentemente leggera, rispolvera i noti temi pirandelliani con una vena umoristica e atteggiamento indulgente verso i limiti dell’essere umano così ben compendiati nella finitezza bohémienne di Julia.
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Essere o apparire ?
(Rilettura)
Spesso "il teatro era il suo solo rifugio". Al momento di entrare in scena, "la vita acquistava significato. Stava per lasciare il mondo della finzione per entrare nel mondo della realtà".
In "La diva Giulia" , capolavoro di corrosivo umorismo inglese, Maugham ci offre l'impietoso ritratto di un'attrice sulla scena e nella vita privata.
Siamo in una dimensione piuttosto pirandelliana. Soprattutto nella seconda parte di questo assai piacevole romanzo, i parallelismi essere/apparire, realtà/finzione hanno rilevanza, come pure emerge una certa rivalutazione dell'arte.
Non c'è da stupirsi se per la protagonista Julia Lambert, 'la più grande attrice d'Inghilterra', il palcoscenico fosse luogo dell'autenticità.
Lei, fuori dal teatro, era una donnetta di lusso, egocentrica e volubile, nello scorrere della mezza età, tutt'altro che immune da meschinità. Una signora con una gran confusione tra passione e amore ; moglie e madre decisamente discutibile.
La sua vita era una costante recitazione, in primo luogo nei panni della "diva Julia" .
La scrittura dell'autore qui si dispiega in tutta la sua bellezza, con quel senso di elegante umorismo che pervade la rappresentazione della protagonista, colta in tanti momenti di piccolezze quotidiane.
Non ci stupisce che il romanzo sia stato accolto, al suo apparire, con stizza da un folto gruppo di sedicenti 'grandi attrici' : ritenevano che una donna così non potesse essere un'attrice di talento.
Lei stessa era comunque consapevole di essere, nella vita, alquanto carente di saggezza ; e, anche per questo, di condurre un'esistenza ben poco serena. Non per nulla, in teatro "le dava un esaltante senso di forza trovare, per così dire nel vasetto del cerone, un'altra personalità immune da dolori umani. Con quel rifugio a disposizione poteva sopportare tutto" .
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letteratura inglese e che apprezzi il sottile umorismo di molte sue opere.
raffinato e distensivo
Siamo a Londra, negli anni '30; Julia Lambert è un'attrice teatrale di grande e incontestabile successo, prossima ai cinquant'anni. Il teatro è la sua vita e la vita è il suo palcoscenico: il ruolo dell'attrice le è talmente congeniale ch'ella non ne abbandona i panni nemmeno nella quotidianità, circondata da persone che ne ammirano il talento, fino all'adorazione. Chi la 'vede' veramente è il figlio Roger ('Sono sempre vissuto in un’atmosfera irreale. Voglio toccare terra. Tu e papà vi trovate benissimo a respirare quest’aria, è la sola che conoscete e per voi è un’aria celestiale.. Io ci soffoco') ma le sue proteste rimarranno vane: Julia ama la dimensione in cui si muove e non potrebbe concepire un altro modo di comportarsi se non come se fosse sempre sotto i riflettori, come se l'unica esistenza possibile fosse quella garantita dalla ribalta ('Pronti ad andare in scena - Quelle parole, udite chissà quante volte, le davano ancora un brivido. La rinvigorivano come un tonico. La vita acquistava significato. Stava per lasciare il mondo della finzione per entrare nel mondo della realtà'). Intorno a lei il mondo del teatro fatto d'impegno costante sia da parte degli attori che di chi sta dietro le quinte, dal commediografo agli operatori. Lo stile di Maugham non mi ha mai delusa; è un tipo di scrittura che apprezzo, che trovo evocativa e coinvolgente. Non è adatto a chi predilige i thriller dal ritmo sincopato mentre è consigliatissimo a chi gusta la lettura come momento distensivo, a largo respiro. Un romanzo suadente, morbido, frizzante, che scorre con fluidità senza eccessi, senza elucubrazioni ma non effimero.
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Ciò che è vero non è verosimile
“Dicono che recitare è soltanto finzione. Questa finzione è la sola realtà”.
Parole di Julia Lambert, la migliore attrice d'Inghilterra, uno fra i personaggi più enigmatici e affascinanti usciti dalla penna di Maugham.
Il romanzo procede su differenti livelli di lettura: c'è il punto di vista privilegiato del lettore, che sa esattamente cosa passa per la testa di Julia (delizioso il contrasto tra i suoi pensieri e ciò che dichiara a voce alta), e c'è lo sguardo dei suoi tanti ammiratori, non troppo diverso da quello di marito, amici e amante.
Chi è Julia Lambert?
Si potrebbe considerarla a buon diritto una donna narcisista e superficiale, capace di imitare alla perfezione una vasta gamma di sentimenti (“Tu non esisti”, è l'accusa che un giorno le rivolgerà il figlio).
Ma Julia è molto più di questo: è un'eletta con il dono della recitazione, dono che le permette di scrollarsi di dosso qualunque sofferenza gli altri (i “commedianti” della vita) possano infliggerle.
Il suo talento è uno strumento di libertà che le consente di elevarsi al di sopra delle miserie umane, trasformandole in arte.
Julia è un'intoccabile - lo capirà a sue spese chiunque cercherà di metterle i bastoni fra le ruote - ed è una vincente, che calca le tavole del palcoscenico smascherando senza pietà il bluff di una realtà che ha tentato di smascherarla.
Con una regola inderogabile: sul palco i sentimenti devono sembrare veri ma non devono assolutamente esserlo, altrimenti non saranno verosimili.
Splendide le ultime pagine, affrancate dall'amaro fatalismo pirandelliano e cariche di gioia di vivere, esaltate ed esaltanti:
“Cos'è l'amore in confronto ad una bistecca con le cipolle?”.
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Eroina “pirandelliana”
Non bisogna essere naturali ma sembrare naturali. Su questo precetto si fonda la carriera di Julia Lambert, la migliore attrice d’Inghilterra. Quando si trova sul palco, la protagonista di questo libro sa sempre come comportarsi, che posa assumere, che espressione prendere, che tono di voce usare, che sguardo e che sorriso sfoderare. Grazie al suo talento riesce a far innamorare di sé il pubblico, rendendo piacevoli e coinvolgenti anche le sceneggiature più banali. Ma Julia una volta uscita dal teatro continua a comportarsi come se fosse ancora in scena. Anche nella vita di tutti i giorni le sue maniere sono sempre effettate, i suoi gesti calcolati, le sue parole mirate. E’ come se non smettesse mai di recitare. Lo fa con i suoi ospiti, con il marito, con il figlio, con i domestici, con gli amici. Recitare le viene praticamente naturale, la finzione diventa la sua verità, tanto che non la si può nemmeno accusare di essere falsa. Sembra non esistere realmente ma essere il risultato delle innumerevoli parti interpretate, come se non avesse un proprio “io” ma sia solo un veicolo per i personaggi che impersona. L’unico che sembra accorgersi di ciò è il figlio Roger, mentre tutti gli altri sono talmente soggiogati, irretiti, quasi succubi di questa diva seducente da non rendersi conto dell’artificiosità dei suoi comportamenti. Un’eroina ammaliante, con un che di “pirandelliano”, attraverso la quale l’autore ci racconta un mondo controverso e ricco di fascino come quello del teatro, con i suoi retroscena, le rivalità, le abitudini, i vizi e le virtù, descrivendo bene la fame di successo e il bisogno viscerale degli addetti ai lavori di strappare un applauso al pubblico. Ma c’è una domanda che sembra accompagnarci per tutto il libro: la fama, il denaro e il successo bastano di per sé a dare la felicità?