La danza dell'orologio
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Seconde occasioni
Vincitrice del Premio Pulitzer 1989 con “Lezioni di respiro”, Anne Tyler è a tutti gli effetti una delle più importanti scrittrici statunitensi viventi. Le sue storie sono come disegni a colori pastello, gentili e delicati, di famiglia e vita domestica, capaci di raccontare con sensibilità il dolore quotidiano dell’esperienza umana. I suoi personaggi sono figure semplici e buone che resistono ogni giorno tanto alle difficoltà quanto alle comodità del tempo che passa.
Protagonista de “La danza dell’orologio” è Willa, una sessantenne americana come tante, affidabile, ragionevole, accomodante.
La conosciamo ragazzina, alle prese con una madre incline alle sparizioni e alle irrequietezze emotive. E così, per reazione, Willa ha fatto della prevedibilità l’obiettivo della propria esistenza, lasciandosi trasportare in un percorso di vita dettato sempre dalle esigenze altrui. Senza rabbia o rancore, con la mitezza di chi, per caso o vocazione, pensa sempre a come aggiustare i pezzi, chiedere scusa, accontentare gli altri, mettere pace.
La telefonata di uno sconosciuto la porterà all’improvviso lontano, in un inatteso viaggio a Baltimora per prendersi cura, diventandone la nonna surrogata, di una bambina di nove anni. Accettare, per l’ennesima volta, una richiesta d’aiuto diventerà invece un’occasione di novità e scoperta. Di un quartiere caotico e variopinto. Di una famiglia fuori dagli schemi tradizionali. Di un vicinato bizzarro ma anche pieno di gentilezza. E, soprattutto, di una sé stessa diversa, più audace, disordinata, imprevedibile, libera per una volta del proprio ruolo.
Penna raffinatissima, la narrazione ha la naturalezza di una chiacchierata, e anche gli stessi difetti, se vogliamo. A tratti il ritmo è piuttosto lento, l’intensità sfumata e alcuni episodi si dissolvono, appena risolti e solo parzialmente spiegati. Forse questa è proprio la cifra di Anne Tyler, ma a lettura ultimata lasciano una sensazione di inespresso, di incompiuto, che ne inficia la piacevolezza, a mio avviso.
Un romanzo apparentemente leggero, ma la peculiarità di quest’autrice è proprio celare spunti di riflessione interessanti sotto vesti di semplicità, dando voce a piccoli gesti ed emozioni che fanno parte della vita di tutti noi. Una normalità destinata solitamente a restare inascoltata.
"E' più che altro una questione di... di trovare un motivo per vivere. E' questo il grande problema alla mia età. Lei per cosa vive?"
Indicazioni utili
La virata finale
Ritratto di donna, da bambina ad adolescente, da moglie e madre ad anziana signora. Nella sua vita accadono eventi inaspettati, che la mettono alla prova e che la fanno crescere comunque con un carattere mite. Dovrebbe essere arrabbiata con il mondo ed invece porta con sé un senso di accoglienza che trasmette pace e serenità. Una telefonata improvvisa la porta lontano dal suo mondo e la fa entrare in un mondo che non è il suo, nel quale però lentamente trova se stessa, la propria realizzazione e forse la parte più bella di sé. Questo è un libro che entra anche nel merito di come funzionano le famiglie, quelle canoniche, quelle allargate, quelle fuori standard. La bambina Cheryl, con la sua spontaneità e la sua ingenuità, suscita una tenerezza immensa. Attesissima la virata finale, in cui io ormai non credevo più, anche se speravo tanto in quel momento. Perché Willa è una donna che, dopo tante sofferenze, merita di credere in se stessa ed il mondo le ha dato la possibilità di rinascere, con le sole proprie forze, a nuova vita.