La città dei ladri
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Nel cuore della tempesta
Leningrado, inverno del 1941, invasione tedesca, una città di fantasmi in una terra cinta d’assedio, un disertore filosofo, Kolia, e un giovane ladruncolo, Lev, accomunati da un destino infausto, la probabile fucilazione, un’ amicizia originata da una salvezza non preventivabile e da un compito ingrato, recuperare dodici uova per la torta nuziale della figlia di un colonnello russo, addentrandosi nel cuore di una guerra che è pura dissolvenza, devastazione e morte.
Nella fame più nera che ricopre ogni dove nasce un romanzo intriso di atrocità inimmaginabili, ma anche di relazioni, sopravvivenza, resilienza, catapultati in un destino che pare già scritto, esposti al freddo e all’ orrore, intrappolati tra linee amiche e nemiche, con il dubbio che ogni istante possa essere l’ ultimo, inevitabile, indecifrabile, rimandato.
Nel cuore della battaglia, abbracciati da un destino condiviso, i due amici, così diversi per storia, carattere, aspetto e rappresentazione di se’, continuano nella propria ricerca, vittime designate, ridefinendo ogni volta il significato del vivere e, paradossalmente, rafforzando nella quotidiana esperienza di morte la propria amicizia laddove animo e sogni continuano ad alimentarne l’essenza più vera.
Il terrore imperversa, vite vissute sul filo del rasoio all’interno di un atto di violenza estremo, la guerra, che cancella chiunque dalla mente a parte se’ stessi.
E dei sogni poco rimane, contrapposti a un nemico che ha invaso il paese dichiarando la guerra totale, che ha giurato di incenerirne le città e ridurne in schiavitu’ la popolazione, ma non si può’ combattere una guerra a metà’, i partigiani continueranno a uccidere i nazisti, i nazisti i civili inermi.
Nel cuore della tormenta emergono frammenti di storie, la figlia del colonnello che pattina nella Neva, i cannibali con i loro macabri tagli appesi ai ganci, il ragazzino moribondo e il suo gallo, il cane anticarro che sta morendo dissanguato nella neve, il soldato russo assiderato che indica Mosca.
La guerra ha cambiato tutti, disseminando corpi irriconoscibili, quasi invisibili, dei fantasmi, e ci si stupisce di essere ancora vivi. Si impara a mantenere le distanze, non trapelando troppa verità nella conversazione, non si può ammettere con la bocca quello che hanno visto gli occhi, ci si concentra sulle faccende quotidiane, procacciarsi del cibo, dell’acqua, un po’ di legna da ardere, il resto è lasciato al dopo.
L’ amore, per quanto possibile, è sempre presente, desiderato, agognato, ritrovato laddove pareva estinto, mentre il cuore di un’ amicizia profonda assapora il dolore di un conflitto irrefrenabile.
Un romanzo profondo, crudo, essenziale, credibile nella esposizione dei fatti, una storia nella storia, un viaggio nel cuore di una Russia affamata e affranta, con la rara capacità di rappresentare i sentimenti in una disperazione onnipresente.
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Forse scontato, ma molto coinvolgente
Romanzando, in quale proporzione non è dato sapere, o inventandosi il passaggio all’età adulta del nonno durante l’assedio di Leningrado, Benioff scrive un libro allo stesso tempo di formazione e di avventura capace di coinvolgere dalla prima all’ultima pagina: non racconta nulla di nuovo, ma lo con notevole efficacia dando alla narrazione un ritmo serrato debitore con ogni probabilità dell’occupazione principale dell’autore, ovvero lo sceneggiatore cinematografico. Un eccesso di bianco-o-nero potrebbe indispettire un lettore particolarmente esigente, ma il piccolo difetto è ben compensato dall’accurata resa delle psicologie nonché dell’interazione fra i giovani protagonisti aggiunti alla ricostruzione ambientale che trasporta a Piter (il nomignolo affibbiato dagli abitanti a quella che è tornata a chiamarsi san Pietroburgo) e dintorni nell’inverno del 1941. Il quindicenne Lev e il poco più anziano Kolja scampano alla fucilazione per futili motivi (sono un ladruncolo e un disertore, entrambi involontari) per essere spediti alla ricerca di uova in una città in cui mancano le basi stesse della sussistenza, stremata com’è dal freddo e dai bombardamenti: le peripezie li condurranno prima attraverso gli orrori che si nascondono fra palazzi fatiscenti ed esseri umani trascinati dalla fame ai limiti (e oltre) della pazzia per poi portarli ad affrontare quelli diversi eppure altrettanto terribili che tormentano le campagne innevate nelle quali i contadini sono abbandonati ai feroci capricci dell’invasore. Al termine di una serie di avventure tra l’horror e il picaresco, la strana coppia approda a un appropriato finale dolceamaro grazie all’abilità con gli scacchi di Lev unita a una buona dose di incoscienza: tutto è bene quello che finisce (quasi) bene e non è una sorpresa, anche perché il capitolo iniziale lo mette da subito in chiaro. In aggiunta agli avvenimenti incastrati con i tempi giusti, il punto di forza del romanzo sta nella caratterizzazione dei personaggi, con l’insicuro e ancora bambinesco protagonista trascinato dalla sfrontatezza di Kolja, sciupafemmine e coraggioso, ma pure timido nelle sue aspirazioni di romanziere. Attorno a loro si muove una folla di figure per mezzo delle quali vengono evocate le difficoltà del momento storico, tra profittatori e imboscati, cannibali e prostitute (entrambi per disperazione), civili vittime e militari impreparati: su tutti incombono l’incubo della fame e della ferocia nazista in un modo che non si sa dire quale sia la minaccia peggiore.
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La struttura della favola
Eccellente stesura di un romanzo che si articola sui canoni tradizionali della favola medievale.
In una dimensione astratta la 2° Guerra Mondiale è un pretesto per ambientare, pur realisticamente, in un'epoca che si avvia alla mitizzazione una narrazione che ricalca i dettami delle avventure più classiche: l'orfano incaricato dal potente locale di una "quest" quasi impossibile che entra progressivamente nell'età adulta man mano che la vicenda si dipana; un classico del romanzo di iniziazione. L'aiutante magico, gli orchi, le fanciulle in pericolo, il Male personificato, la bella ma non indifesa, la paura e la fame reali, il pericolo e la morte, la vittoria e l'amarezza del trionfo sono tutti gli elementi,sapientemente dosati da un grande scrittore, che trasformano un semplice resoconto in un romanzo di grande spessore e profondità, commovente e coinvolgente. Altamente consigliato.
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Bello
La seconda guerra mondiale vista attraverso gli occhi e le vicende di due ragazzi russi nella Leningrado assediata dai tedeschi.
Il freddo, la fame, la paura, la crudeltà degli invasori, poteva uscirne un romanzo pesante , anche per situazioni e temi trattati, ma l'autore sceglie un profilo "spicciolo" adatto allo spirito dei giovani protagonisti: provati e spaventati , inorriditi e offesi , ma pronti a tutto per sopravvivere riuscendo anche a strappare qualche sorriso al lettore senza la pretesa di perdersi in profonde riflessioni filosofiche sulle brutture della guerra .
Un bel libro !