La cena delle bugie
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La cena delle bugie o le bugie dell’editore
Josephine (ma per tutti è Jo) Donelly è una fisioterapista diplomata che da anni vive in Australia. Però, dopo aver colto il fidanzato chirurgo in flagrante adulterio con la sua migliore amica, ha deciso di lasciare Melbourne e ritornare in Nuova Zelanda a Waimanu (nell'Isola del Nord), il paesino dove aveva trascorso i primi anni della sua vita.
Qui ha trovato lavoro in un piccolo ambulatorio fisioterapico e qui ci sono tutti gli amici di un tempo. In particolare c’è Rose, un’amica di famiglia cinquantenne, inglese sino alla punta delle unghie, pervicacemente single (si scoprirà in seguito perché) e, da sempre, considerata da Jo come una zia. Vive sola, sulla collina sopra il paese, in una grande casa ormai malandata dove la fanno da padroni un maialino nano, quattro cani e due pecore obese. Zia Rose ha una intelligenza vivissima, molto humor e una brillante conversazione e Jo l’adora, anche se continua a chiamarla Josephine, nome che lei detesta. Quindi, anche se è una pessima cuoca, a causa della sua perversa inventiva in cucina, è un piacere cenare da lei (per i neozelandesi, ma non per Rose, è "l'ora del te"!?!).
È proprio da zia Rose che Jo andrà ad abitare all'arrivo a Waimanu, prima di trovar casa da due coetanei assai poco socievoli. Soprattutto è da lei che Jo ritornerà a vivere quando si scoprirà che la donna è ammalata di cancro. Le starà vicino per aiutarla a superare il brutto momento. La stretta vicinanza con Rose farà sì che Jo riallacci i rapporti anche con Matthew, il nipote di Rose, suo compagno d’infanzia e amore giovanile mai dimenticato. Dopo la morte del padre, Matt è tornato in Nuova Zelanda per gestire la fattoria di famiglia ed ora anche lui si prodigherà per l’amata zia. Durante le tante cene insieme a casa della zia, Jo e Matthew potranno tornare a conoscersi, divenendo sempre più intimi. Purtroppo la malattia di Rose si rivelerà ben presto più grave di quanto temuto, nonostante la donna cerchi coraggiosamente di minimizzare la situazione. Alla fine, pur addolorati per il lutto che li colpirà, i due giovani ritroveranno la felicità insieme.
Ho acquistato questo libro ingannato dalla sua presentazione: copertina spiritosa, titolo italiano furbetto e sottotitolo "Bugie, amori segreti e tante risate. Buon appetito" decisamente fuorviante. Mi aspettavo qualcosa di simile ad una trasposizione letteraria di "Cena tra amici" (bel film comico/caustico di Alexandre de La Patellière). Nulla di più lontano da ciò. Giunto alle ultime pagine col "magone" sono arrivato alla conclusione che bisognerebbe condannare tutti gli editori, i direttori editoriali e i traduttori che cercano di fuorviare i lettori, a pesanti pene "detentive" sul tipo "non toccherai più alcuno strumento di scrittura per vent'anni!".
Premesso ciò, va detto, che il volume è tutt'altro che disprezzabile. Anzi, la Hawkins racconta con grazia e garbo un anno di vita nelle campagne neozelandesi, tra allevatori di bestiame e coltivatori, in una piccola comunità rurale che, per quanto perfettamente inserita nel nostro mondo assillato da facebook e cellulari che squillano, sembra venire da un’altra epoca. più umana.
Jo, che oltre ad essere la protagonista del romanzo è anche l’io narrante della storia, diligentemente ci descrive, come in un diario, le sue giornate, tra l’ambulatorio e la casa di Rose, rivelandoci i brutti ricordi che la agitano per il tradimento del fidanzato e le ansie per il presente suo e della cara Rose. Ci apre il cuore confidandoci senza timidezze le sue speranze ed i sentimenti che la agitano. Ho trovato lo stile della scrittrice straordinariamente, ma anche piacevolmente, "femminile" e quanto racconta è tanto realistico da far sentire in imbarazzo il lettore; quasi fosse acquattato nel buio a scrutare, con gusto voyeristico, nelle finestre accese delle case dei protagonisti.
Alla fine sono giunto alla convinzione che, probabilmente, "Dinner at Rose" (il titolo originale è molto più sensato!) sia una garbata autobiografia della scrittrice, tanto le situazioni sono palpabilmente reali. Non per nulla la Hawkins è veterinaria part time e moglie di allevatore neozelandese full time: quindi conduce una vita non molto diversa da quella di Jo.
L’unica cosa, purtroppo, che non ho trovato sono le "tante risate" promesse: vivere (e per qualcuno significa anche "rivivere") gli strazianti momenti connessi alla assistenza di un malato terminale, che nella fattispecie è anche il personaggio più simpatico ed azzeccato di tutto il libro, non è affatto divertente. Il romanzo, invece, è toccante e, a tratti, commovente. Anche i sorrisi che vengono strappati al lettore da alcune situazioni obbiettivamente buffe, sono sempre velati dalla generale consapevolezza dell’evolversi dei fatti. In ogni caso, complessivamente, un buon libro di una giovane autrice downunder (ovvero dei nostri antipodi).