La cattiva strada
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Credi nella vita...
Japrisot, appena diciottenne, scrive, negli anni '50, questa storia proibita, scandalosa:...la storia di un amore, di una passione bruciante, tra un ragazzino di 14 anni ed una suora di 26.
Lo scontro tra etica e sentimento, tra morale e pulsioni, nonché tra religione e desiderio, percorre tutto il libro, senza che si riesca a trovare un punto d'incontro, senza che si riesca a decidere quanto sia lecito difendere l'amore ad ogni costo.
Ma inevitabilmente tu, lettore, vuoi questo amore.
Io sì, di sicuro.
Forse perché i due grandi "ostacoli", ovvero la differenza d'età (che qui sconfina nel reato!) e la tonaca di lei, vengono messi in ombra da una considerazione importante: lei, suor Clotilde, ha 26 anni, è vero, ma è come se ne avesse quattordici come Denis, non ha mai vissuto veramente, non ha mai scelto nulla, tantomeno la vita monastica che le è stata imposta dalla famiglia fin da bambina...non conosce la vita, non sa cosa sia l'amore.
Eppure quando se lo ritrova davanti lo sa riconoscere, nonostante si senta dilaniata dai sensi di colpa, verso Denis e verso Dio, lei riconosce questo sentimento che non le dà scampo, un sentimento prepotente, immorale, che le invade ogni pensiero...e che la fa sentire, per la prima volta, viva.
Impaurita, inesperta, terrorizzata...ma viva!
E piano piano inizia a combattere la sua personalissima guerra contro l'abito che indossa, contro la rabbia dei genitori di lui, contro i giudizi della gente, la cui cattiveria raggiunge vette inenarrabili.
"Dio è morto? Esiste qualcun altro oltre a noi? A noi due insieme? Dio è morto.
Esistiamo solo noi."
CREDI NEL TUO DIO SE PUOI,
MA CREDI SOPRATTUTTO NELLA VITA.
SE LA TUA VITA DIMENTICA IL TUO DIO,
TIENITI STRETTA LA VITA.
SE IL TUO DIO TI IMPEDISCE DI VIVERE,
ABBANDONA IL TUO DIO.
LA TUA VITA È L'UNICA COSA CHE HAI
E, CHIUNQUE TU SIA,
IL TUO DIO NON È IL MIO.
Un romanzo fatto di dettagli, dall'erotismo appena accennato e mai volgare.
Sullo sfondo la Francia occupata dai tedeschi, il pane razionato, la fine della seconda guerra mondiale, il rigidissimo ambiente scolastico gesuita, il freddissimo ambiente famigliare in casa, l'amicizia sigillata a suon di botte e quella che salta in aria con le mine...
Scrivere tutto questo a 18 anni è prodigioso.
Leggerlo è un vero piacere.
Indicazioni utili
Uno scandalo garbato
Quando Japrisot scrive questo libro, nel 1950, ha solo diciotto anni. Un libro provocatorio, irriverente, una penna che non ha paura di esprimersi nella maniera più assoluta possibile perché in essa arde il fuoco dell’indignazione, il grido della protesta, l’incontrovertibile certezza del giusto che vive in chi è sì cresciuto, ma non ancora vissuto.
La storia è semplice, archetipica quasi: Denis, quattordici anni, la testa persa nei litigi a scuola, quasi bullo, ma senza accanimento, senza cattiveria, si innamora di Clotilde, che di anni ne ha ventisei. Forse un po’ estremo, ma scandaloso, perché Clotilde è una suora e allora tutto è più complicato. Da un lato la badessa, che la sorveglia, dall’altro i genitori di Denis, disinteressati allo stremo finché la reputazione della famiglia non è a rischio. La cattiva strada è la storia di questo amore e degli ostacoli che la società, deformata e ipocrita, loro oppone. Sullo sfondo, la seconda guerra mondiale, tra invasori e liberatori, tra chi muore o uccide, tra chi resta e, alla fine, diserta.
Japrisot apre il libro con nettezza e la narrazione, non a caso, è chiaramente schierata, completamente manifesta. “Se il tuo Dio ti impedisce di vivere, abbandona il tuo Dio. La tua vita è l’unica cosa che hai e chiunque tu sia, il tuo Dio non è il mio.” Al contrario di molti scrittori più maturi, in cui il giudizio è sospeso e la narrazione accade, Japrisot chiede davvero al lettore di scegliere, di pensarla come lui e a questo scopo dispiega ogni mezzo che possiede. Lo stile è semplice, limpido, piano, ma mai piatto, incalzante: Japrisot ha il dono di narrare, lo stesso di Dumas, ad esempio, e regge benissimo una narrazione che forse si allunga troppo nella parte centrale, ma che davvero trascina con la sua forza emotiva. Perché tutta questa scandalosa storia viene sempre trattata con garbo, con il silenzio luminoso e delicato di chi sa che non c’è niente di più sacro dell’innamoramento di un ragazzo, nulla di più facilmente infangabile.
I temi sono chiari: l’ipocrisia della società, il dolore della guerra, la vita sopra la religione, l’ottusità degli adulti, l’insolenza della religione. E altrettanto manifesti sono i difetti: lo schematismo della narrazione costruita in ogni aspetto per sostenere l’autore, la quantità di “ti amo” che i due protagonista si scambiano di continuo, una certa immaturità emotiva per una ventiseienne e una storia che sfida la credibilità. Immagino sarebbero pochi i genitori che non si preoccuperebbero di una relazione tra il figlio quattordicenne e una ventiseienne e credo sarebbero pochi quelli a non opporre almeno una qualche resistenza. Detto questo, pur con tutti i suoi limiti, La cattiva strada dimostra una maturità autoriale notevole, a tratti ingenua, ma di straordinaria potenza e la descrizione dell’innamoramento nella parte iniziale del libro, ha qualcosa di meravigliosamente adolescenziale, e quindi vero.