La casa di luce
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Il linguaggio della verità non è verbale
Sabato pomeriggio: quando la vita rallenta e le idee si dilatano, malinconie e speranze prendono il sopravvento.
Ricordo distintamente il pensiero che, come l’autore di questo libro, ho fatto al termine di un volo Milano-Roma, quando tutti riaccendono gli smartphone e un concerto di cicale meccaniche e suonerie segnala messaggi ricevuti in quarantacinque minuti di volo (“Poi un giorno un semplice dettaglio lo portò a prendere una decisione…”).
Anch’io vivo nella gabbia (“Abbandonate la vostra gabbia, se è quel che desiderate”): dei desideri irrealizzati, delle tecnologie che non rappresentano opportunità ma strumenti di schiavitù, dell’insoddisfazione per una vita che fugge via nella dispersione di attività che non corrispondono all’essenza.
E allora penso a un luogo sull’oceano (“Aveva sentito parlare di un luogo remoto sulla costa peruviana, vicino alla linea dell’Equatore”), ove costruisco un nido: non una gabbia, ma un rifugio. Una casa di luce (“Se avete bisogno di un posto dove fermarvi a riposare, costruitevi un nido e fatelo diventare la vostra casa di luce e amore, dove risanare le vostre ferite e sentirvi liberi di chiedere perdono a voi stessi o alle persone che avete ferito”).
Lì, spogliato dalle abitudini e dalle convenzioni, coltivo pochi rapporti fondamentali: con Santiago, pescatore solitario, con la volpe Chiqui (“La volpe si avvicinò ancora e gli posò una zampa sulla gamba”), che tanto mi ricorda un’altra volpe, quella del piccolo Principe, con gli uccelli Sole e Luna e i granchi rossi che, brulicanti, ricoprono la battigia.
Lì comprendo il linguaggio universale (“E finalmente libero dalle catene che lo avevano reso infelice , si scoprì capace di comunicare non solo con gli animali selvatici, ma anche con i fiori e gli alberi”), quello che consente di comunicare con la Natura.
Lì, durante la stagione delle piogge, ascolto la mia musica preferita: uno stillicidio che sa trasformarsi in tempesta.
Poi nell’incontro con “i giganti gentili”, tocco il mammifero per eccellenza, gli parlo e ritrovo la mamma che mi è stata sottratta.
Lo so, è solo un sogno, l’ho fatto leggendo La casa di luce di Sergio Bambaren. Ma anche lì, il protagonista si chiama “il sognatore”
Giudizio finale: elementare, naturalistico, indimenticabile come un sogno bello.
Bruno Elpis