La biblioteca della piscina
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ESTETISMO SARCASTICO
La cosa più interessante di “La biblioteca della piscina” è il sentimento di perdita che pervade le cronache in prima persona di un libertino gay, bello e ricco, William Beckwitt, che abita la Londra degli anni ’80 senza doversi preoccupare d’altro che di soddisfare le proprie voglie nei confronti di giovanotti più o meno maledetti ma dai corpi scultorei. Parlo di voglie, perché nella pagine di Hollinghurst, classe 1954, autore de “La linea della bellezza” vincitore del Booker Prize del 2006, l’amore quando fa la sua comparsa è per negarsi tragicamente o per svanire inavvertitamente, dopo apparizioni fugaci e reciproci tradimenti. L’esuberanza sessuale e l’ossessione per corpi e apparati genitali, intravisti dalle docce di una piscina, non è espressione gioiosa: siamo lontani chilometri dal trionfo di sensi ed appetiti tipici della cultura carnevalesca. Al contrario un’ombra grava sulle avventure erotiche del giovane “signore”, dei componenti del suo “giro”, e dell’ottuagenario lord Nantwich, conosciuto per caso, di cui egli legge le memorie: il senso di una precarietà e di un’instabilità emotiva, propria forse di una classe sociale condannata, al di là delle inclinazioni sessuali, all’irrilevanza dai suoi stessi vizi e privilegi. Da questo punto di vista la giovinezza trasgressiva ma inconcludente di William è speculare alla vecchiaia senza più occasioni dell’anziano Lord di cui si incarica di scrivere la biografia. Infine, la prosa cesellata alla Henry James pur in un realismo dettagliato su fellatio e sodomia porta la vicenda nell’alveo di un estetismo che di se stesso ride sarcastico.