La bambina di neve
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Quando i sogni si avverano
In questo libro l'incipit è meraviglioso. Veramente da leggere e da rileggere. Un incipit assolutamente non da favola che introduce i protagonisti: una coppia avanti negli anni, già prossima alla cinquantina. Viene descritta la tristezza disperata di lei e la stanchezza senza scampo di lui e la neve, il fiume gelato, l'acqua che scorre nera sotto il ghiaccio, il loro bambino morto seppellito in patria prima di partire per l'Alaska e la vita dura in Alaska che sembra più una scelta autopunitiva che di piacere. La storia diventa quasi subito una favola e lo stile si adegua e si semplifica, la scrittura si appiana e si distende. Resta la bellezza delle descrizioni dei paesaggi, della neve, della vita estrema e della solidarietà tra vicini, dei legami non biologici ma di affetto. La storia è semplice e ricalca una fiaba russa. Una coppia anziana e senza figli, oltre la soglia biologica per poter sperare nel figlio naturale, fa una bambina di neve, un pupazzo. E la bambina il giorno dopo compare in carne e ossa. I due la "addomesticano" e lei si affeziona a loro. Da creatura magica decide di vivere per un po' tra la gente anche nella stagione "calda" e nella favola russa la storia sembrerebbe avere un finale triste a giudicare dalle immagini. La fiaba è scritta in russo quindi illeggibile.
Comunque tra caccia, agricoltura estrema, torte, pranzi con i vicini a base di alce e patate, caccia al gulo gulo, alle volpi, lupi e orsi la storia diventa una fiaba tenera. Sempre piena di neve, neve ovunque a partire dalla bambina di neve.
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Oltre la fiaba
"La bambina di neve" è un libro che arriva dritto al cuore, scaldandolo, anche se siamo immersi nel freddo del mondo dell'Alaska.
Un romanzo fra l'incantato e il reale che per comprenderlo meglio forse è utile conoscere la fiaba russa di Snegurocka (La fanciulla di neve).
Mabel e Jack, per sopravvivere al dolore causato dalla perdita di un figlio appena nato, decidono di andare a vivere in Alaska, lontani da tutti, in una terra che non ti regala niente facilmente; una terra selvaggia e indifferente agli sforzi dell'uomo.
Una notte durante la prima nevicata invernale, spinti da un'allegria insolita, decidono di costruire un pupazzo di neve chi il giorno dopo sparisce e lascia una scia che porta ad una bambina, Pruina.
Che sia reale o meno, questo evento "riattiva" la vita della coppia che sembra trovare in quella bambina la forza (la speranza) ormai perduta.
Cosa mi ha incantato di questo romanzo
L'Alaska. Coi suoi paesaggi incantevoli, la libertà che si respira e la solidarietà delle poche famiglie che, negli anni venti del novecento, avevano scelto questo luogo per trovare fortuna o almeno un pò di pace.
Chi poteva descriverlo così bene?
Eowyn Ivey, cresciuta e tuttora abitante di queste terre insieme alla famiglia. Solo una del luogo poteva narrare di questo territorio rendendolo così reale e tangibile tanto da spingerti a partire per visitarlo.
Il romanzo è diviso in tre parti più l'epilogo. L'inizio è un pò lento e per chi come me non apprezza molto il reale e il surreale insieme, all'inizio non lo "digerisce" bene, ma basta poco per ritrovarsi immersi in questa storia. Per fortuna il pregiudizio non mi ha impedito di leggerlo, me ne sarei pentita.
Una frase che mi ha molto colpita:
"Noi non sappiamo mai cosa succederà, non credi? La vita ci sballotta sempre di qua e di là. Ma è questo il bello, non sapere dove andremo a finire o come ce la caveremo. E' tutto un mistero e quando affermiamo il contrario stiamo solo mentendo a noi stessi."
Lo consiglio.
Buona lettura!
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Tenerezza
Mi ha affascinato e mi è venuta voglia di andare in Alaska insieme ai protagonisti. Bei luoghi e ben descritti ove una coppia senza figli decide di vivere. E lì trova la figlia mai avuta e amici sinceri. La bambina che ama la neve sembra nasca da un pupazzo di neve realizzato appunto dalla coppia. La loro vita resterà sempre intrecciata cosi come il susseguirsi delle stagioni e degli amori.
Bello, coinvolge ed emoziona. Da leggere per vivere una bella storia.
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Stupendo - spoiler-
SPOILER
Durante la lettura di questo libro mi sono sentita in Alaska con i protagonisti. A sperare e trattenere il fiato insieme a loro per la bambina di neve.
Mi è piaciuto tantissimo il fatto che fosse diviso in tre parti: i protagonisti e la loro scoperta, la bambina di neve - la conoscenza dei 'vicini' di capanna con conseguente cambiamento delle vite di entrambe le famiglie - la svolta forse un tantino capibile dalle righe antecedenti ma pur sempre geniale e apprezzata. Il finale mi ha un po' rattristata, ma forse il libro doveva proprio finire come era iniziato...
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le foreste dell'anima
Quanto può influire il desiderio di maternità sulla vita di una donna? Come può essere stravolto il destino di una coppia felice dalla mancanza di un figlio? Molto, indubbiamente, ma forse ancor di più se la coppia in questione non è più giovane e vive all'inizio del secolo scorso. Mabel è una donna benestante, con una solida cultura; Jack proviene da una famiglia di contadini, ma la loro è un'unione ben riuscita, al di là della previsioni familiari. Eppure l'assenza di figli li espone al mondo come marchiati dalla vergogna, rendendo insopportabili le riunioni di famiglia e gli incontri con le coppie appagate degli amici. Finalmente Mabel porta avanti una gravidanza, tra i timori e le aspettative, ma il figlio nasce morto. La spaccatura è incolmabile nel suo cuore e i due decidono di lasciare il mondo civile, per nascondersi nelle fredde e inospitali terra d'Alaska. Mabel, dapprima distrutta, pian piano si risolleva e una sera d'autunno, con la prima neve, ritrova la complicità con il marito e costruisce con lui un pupazzo. E' solo l'inizio di un romanzo coinvolgente e impeccabile, che sposta il baricentro del lettore mostrandogli i lati spesso oscuri della psiche umana, e riducendo all'osso, grazie all'atmosfera scabra e genuina delle foreste dell'Alaska, i sentimenti. L'amore e l'amicizia diventano i veri protagonisti di questo libro, nonché gli unici motori dell'esistenza.
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Una dolce fiaba invernale
Non so voi, ma dalle mie parti non è ancora nevicato e la cosa mi ha intristito un po'. Così appena ho visto questo libro, non ho esitato neanche un istante a prenderlo.
Leggerlo in questa stagione mi sembrava l'ideale, e la sua trama fiabesca mi ha immediatamente conquistata.
Non ho avuto bisogno di maglioni, termosifoni, camini o stufe: è bastato questo romanzo a scaldarmi corpo e cuore.
Mentre i miei occhi accarezzavano le pagine e le parole, al tempo stesso vedevano la neve che cadeva.
Vedavano l'Alaska, non sempre come terra gelida e inospitale, con qualche casa sparsa qua e là, e la capanna di Jack e Mabel.
Marito e moglie, anziani e non benestanti, profondamente segnati dalla perdita del figlio nato morto.
La scena che mi ha commossa di più è stata quella in cui lei cuce vestitini e lui costruisce un cavalluccio a dondolo per il bambino, senza sapere la tragedia che avverrà successivamente. Senza sapere che il figlio non userà mai quegli oggetti realizzati con tanto amore.
Un giorno nevica molto più del solito, e la tristezza abbandona momentaneamente i cuori di Jack e Mabel che tornano ragazzi lanciandosi palle di neve e costruendo una piccola bambina di neve che il giorno dopo, però, scompare: la neve si scioglie e gli oggetti intorno ad essa spariscono.
Ma una nuova presenza comincia a popolare le vite di questi due anziani: una bambina che indossa gli stessi vestiti del pupazzo che avevano creato, che vive nei boschi e caccia in essi, libera, selvatica e indomita e che spesso torna a trovarli portando loro dei doni. La bimba però scompare durante le stagioni calde e torna solo durante l'inverno. Il legame fra Jack, Mabel e la bambina (che si chiama Pruina, come il colore che la neve assume al tramonto) diventa sempre più forte, come fra genitori e figlia, e durerà per sempre...
E'un libro semplicemente meraviglioso e indimenticabile, un fiaba vicina e lontana al tempo stesso alla realtà, che non permette di distinguere l'esistente dalla fantasia, in un dolce vortice innevato che riscalda, invece di raffreddare.
Purtroppo la magica bellezza che avevo percepito nei 2/3 del romanzo diminuisce, e il concetto di fiaba fantastica si affievolisce tristemente creando una netta e brusca divisione stilistica e contenutistica di queste due parti.
A parte ciò è assolutamente un libro da leggere per chi ancora ama sognare e vorrebbe vivere nelle favole in cui crede.
E' questo che ho pensato leggendo questo libro dove ho trovato casa mia e il mio mondo e avrei voluto perdermi per sempre.