L'uomo duplicato
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ESSERE LA COPIA DI QUALCUN ALTRO
Leggere un romanzo di Saramago è un po’ come incontrare un vecchio amico: si sa già quello che ci aspetta, ma il piacere della antica conoscenza, della reciproca confidenza e dell’affabilità cameratesca supera comunque il limite costituito dalla prevedibilità. Tertuliano Maximo Afonso, il protagonista de “L’uomo duplicato”, è infatti un po’ come il fratello maggiore di tanti personaggi che hanno popolato i precedenti romanzi di Saramago, e non è un caso che lo scrittore portoghese, nelle prime pagine, paragoni la sua pignola solitudine a quella “di quel medico generico che tornò dall’esilio per morire fra le braccia dell’amata patria, quel recensore di bozze che esautorò una verità per impiantare al suo posto una menzogna, quell’impiegato subalterno dell’anagrafe che faceva sparire certificati di morte”. E come ne “L’anno della morte di Ricardo Reis”, “Storia dell’assedio di Lisbona” e “Tutti i nomi” (oltre che di “Cecità”, “La zattera di pietra” e dei più recenti “Saggio sulla lucidità” e “Le intermittenze della morte”), anche “L’uomo duplicato” parte da uno spunto paradossale - l’esistenza di due uomini uguali in tutto – per svilupparlo poi nei termini di una implacabile, fors’anche un po’ prolissa, lucidità. L’essenza della prosa di Saramago la si trova infatti soprattutto nelle sue frequenti digressioni, laddove egli sospende la narrazione per ragionare su svariati argomenti (come la funzione dei sottogesti o la necessità di descrivere o meno i pensieri del protagonista durante gli spazi vuoti della storia). Da questa predisposizione loica si dipana una vicenda che sfida l’intelligenza del lettore a seguirlo attraverso le impervie strade dell’improbabile. Tertuliano, dopo aver casualmente scoperto in una videocassetta l’esistenza di un sosia, si mette infatti alla sua ricerca, completamente destabilizzato dalla sconvolgente rivelazione di essere la copia di qualcun altro. Dopo avere faticosamente scoperto il nome dell’attore e il posto dove abita, riesce a incontrarlo ma, nonostante gli ammonimenti di una saggia madre-Cassandra, non è in grado di evitare che il cavallo di Troia astutamente preparato dal suo alter ego (o, per rimanere in campo mitologico, il vaso di Pandora da lui stesso incautamente aperto) distrugga la sua vita, consegnandolo a un futuro senza identità, o con un’identità che ormai non è più la sua. Non ci possono essere due copie della stessa persona, o – il che è lo stesso – non si possono omologare la persone fino a farle confondere in tutto e per tutto le une con le altre. Ogni essere umano porta nel mondo una propria inconfondibile unicità, un suo marchio personalissimo, e tentare di negarlo porta sempre a nefaste conseguenze. Il Tertuliano che, dopo il boccaccesco scambio delle coppie e l’imprevedibile morte del suo sosia e della fidanzata, si ritrova a non poter più vivere con le proprie generalità, a esercitare il proprio mestiere, ad abitare nella propria casa, perché è ufficialmente morto, sembra proprio uscito da un romanzo di Pirandello o da un racconto di Auster. A differenza di Pirandello, Saramago è meno pessimista (in fondo lui non nega mai un finale di speranza ai suoi personaggi, e così anche Tertuliano potrà ricominciare una nuova vita a fianco della vedova del sosia defunto), ma anche più beffardo e pronto a portare ancora più innanzi i propri paradossi. Di fronte alla prospettiva dell’esistenza di un terzo duplicato, Tertuliano non ha dubbi: al mondo non c’è posto per i cloni, la pistola (che il sosia aveva portato scarica al primo incontro con Tertuliano) questa volta, forse, sparerà.
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Chi è l'originale?
Immaginate di mettervi comodamente in poltrona a guardare un film senza pretese, leggero, con la speranza di farvi strappare qualche sorriso, magari una risata, e di passare un'ora e mezza senza troppi pensieri. Come reagireste se, ad un certo punto della pellicola, comparisse sullo schermo un attore minore, una comparsa di cui a volte non appare neanche il nome tra i titoli di coda, che vi assomiglia in tutto e per tutto? Una copia spiccicata di voi stessi che potrebbe essere la vostra stessa immagine riflessa in uno specchio. Riuscireste ancora a dormire la notte? Riuscireste a condurre una vita normale? Non sentireste un impulso irrefrenabile a cercare nome, cognome, data di nascita, indirizzo e qualsiasi altra informazione utile o inutile che sia, riguardo al vostro sosia? Ma una volta incontrato il vostro doppio la vostra vita che direzione potrà prendere? Saramago prova a rispondere a queste domande attraverso l'esperienza di un trentottenne professore di storia di scuola media, Tertuliano Maximo Afonso, depresso, solitario, con alle spalle un matrimonio fallito ed ora invischiato in una relazione senza futuro. Guardando un film si imbatte in un attore che si rivela la copia precisa di se stesso. A questo punto la sua vita viene stravolta radicalmente. L'uomo ha in testa un solo obiettivo, conoscere il suo clone, incontrarlo, confrontarsi. Più di tutto gli importa sapere chi dei due è nato prima, chi cioè è l'originale e chi invece un banale duplicato. Dopo un'estenuante indagine, telefonate ai limiti dello stalking, discussioni e precauzioni, il nostro mite professore riesce ad incontrare il suo "gemello". L'incontro però per Tertuliano si rivela una delusione e decide di chiudere ogni rapporto con il sosia. Tuttavia la sua ricerca ha ormai innescato una serie incontrollabile di eventi e la tragedia, purtroppo, è dietro l'angolo. Saramago si cimenta in un tema, quello del doppio, che viene spesso proposto in letteratura ma che non sempre viene trattato nel migliore dei modi. In questo caso, data la maestria della penna in questione, il risultato è ottimo. L'autore riesce ad affrontare l'argomento con originalità, tenendo la storia sempre in bilico tra l'assurdo ed il possibile, tra l'onirico ed il reale. Con la sua solita prosa caratterizzata da una punteggiatura a dir poco stravagante e la sua grande capacità di raccontare le esperienze e i pensieri umani, il maestro portoghese riesce a trasmettere perfettamente tutte le emozioni che prova il protagonista, dal suo marasma interiore iniziale alla sorpresa per la scoperta del doppio, dall'ansia della ricerca alla paura dell'incontro, dall'affetto per la madre ai sentimenti contrastanti che caratterizzano la sua relazione con Maria. Ogni aspetto della mente di Tertuliano viene sviscerato, messo in luce, ogni cambio di umore, ogni perplessità, ogni timore viene percepito dal lettore ormai immedesimatosi perfettamente nel personaggio. Se per due terzi il libro può apparire lento, ridondante, a tratti noioso, nella restante frazione si trasforma in un tumulto di emozioni che giustifica il possibile tedio precedente e che culmina in un finale inaspettato. Ma ecco che, quando tutto appare concluso, il genio di Saramago estrae dal cilindro l'ennesima sorpresa. “Ogni secondo che passa è come una porta che si apre per far entrare ciò che ancora non è successo, quello a cui diamo il nome di futuro, ma, sfidando la contraddizione con quanto si è appena detto, l’idea corretta sarebbe forse che il futuro è solo un immenso vuoto, che il futuro non è altro che il tempo di cui l’eterno presente si alimenta.”
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Duplicato di chi?
Un doppio se stesso scoperto per puro caso in un film, ma sarà veramente un caso? Un professore depresso a causa delle sventurate vicissitudini della vita scopre in un film un attore identico in tutto e per tutto a lui nell'aspetto fisico. Inizia una ricerca spasmodica di questo suo sosia, questo alter-ego, questo duplicato, fino al punto della resa dei conti.
Un viaggio alla ricerca di una personalità, alla scoperta che forse non siamo così unici ed irripetibili, la storia è un semplice strumento per aiutarci a pensare sui noi stessi e sull'importanza che diamo al nostro essere, una riflessione che forse al mondo non siamo tutti così diversi.
Siamo spesso certi di essere così unici ed importanti da pensare di essere noi gli originali, e se semplicemente fossimo un duplicato?
Una scrittura complessa quella di Saramago, i soliti periodi lunghi e complessi, dialoghi completamente immersi nella narrazione. La lettura richiede un minimo di abitudine allo stile dello scrittore portoghese, ma una volta presa famigliarità con questo marchio di fabbrica non si rimane delusi, almeno questo è il mio punto di vista.
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Soporifero
Un oscuro professore di Storia, dal nome altisonante, incappa per caso in un suo perfetto sosia: un attore di secondo piano di un film minore. Questo è l'incipit della narrazione che si sviluppa nella ricerca quasi ossessiva del proprio doppio: i due individui sono assolutamente identici, e proprio in virtù di questa somiglianza, le loro vite, inizialmente così distanti, saranno costrette a confluire.
Il tema dell'alter-ego, di per sé non originalissimo, dà lo spunto per immaginare un racconto brillante, in cui il lettore possa rimanere col fiato sospeso fino all'ultima pagina.
Ma quella che poteva essere materia utile per un racconto breve, viene diluita in un romanzo in cui lo sbadiglio la fa da padrone. Lo stile è pesante, fatto di periodi lunghissimi, in cui il discorso diretto è annegato nella narrazione (provate, giovani scrittori, a spedire a un editore un testo scritto così …).
Se la tenacia vince la noia, e vi porta oltre i due terzi del libro, nell'ultima parte qualche cosa effettivamente succede, ma gli espedienti messi in atto dall'autore, che talvolta sembra proprio perdere il bandolo della storia, sono ingenui e prevedibili.
Decisamente soporifero.
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Vestire i panni di un altro
Ogni volta che termino un libro di Saramago e mi accingo a redigere un commento mi sento inadeguata.
Anche un giudizio entusiasta mi sembra sempre povero in confronto alla ricchezza di colori ed umori che le parole di questo grande sanno lasciare nella mente e nel cuore di chi legge.
Ammetto che per chi si trova ad affrontare per la prima volta questo autore ci sono alcune difficoltà da superare: la prosa densa e la punteggiatura e gli a capo mancanti o ridotti al minimo, che rendono una conversazione fra due persone un insieme contratto di domande e risposte separate al massimo da una virgola, il racconto inframezzato frequentemente dai commenti del narratore che si fa a volte personaggio aggiuntivo nel racconto… insomma la prosa di Saramago!
Ma se lo si conosce e si sa cosa si troverà sotto la copertina, tuffarsi nelle sue parole è come sempre una gioia, un ritorno a casa, un insperato incontro con un caro amico.
Saramago affronta il tema classico del “doppio” da par suo.
Il libro parte lentamente e per le prime pagine non c’è trazione da parte dell’autore, lo si legge perché lo si vuole… ma poi, quando si comincia ad entrare nel meccanismo della storia, si viene trascinati senza interruzione verso il finale forse non del tutto inaspettato (gli indizi erano già stati seminati) ma racchiuso in pochissime pagine di forte impatto.
Il mio giudizio? Al di là delle stelline qua sopra: bello, bello, bello… leggetelo!
[…]
Lei lo aveva ascoltato sorpresa, in qualche modo perplessa, il marito non l'aveva abituata ad udire da lui riflessioni del genere, tantomeno nel tono con cui le aveva espresse ora, come se ogni parola venisse già accompagnata dal suo doppio, una specie di rimbombo da caverna popolata, in cui non è possibile sapere chi stia respirando, chi abbia appena mormorato, e chi sospirato.
[...]
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Floria, sei tu?
Adesso ci divertiamo.
“Assurdo” , mon amour! Oui, c’est toi! Trionfo dell’assurdo per eccellenza, l’uomo doppio, duplicato,la copia, la controfigura, il sosia è sotto ai nostri occhi come dentro ad un film. Perché viene trovato proprio dentro ad una videocassetta l’alter ego del professore di Storia Tertulliano Maximo Alfonso! Lui è Antonio Claro: attoruncolo. E sta proprio dentro a quel film dal titolo “Chi cerca trova”.
Maremma maiala!!!! E’ uguale, spiccicato, identico…ma solo nel corpo, perché lo spirito, le cicartici dell’anima, la vita…tutto in loro è diverso.
E allora in questa enorme megalopoli in cui il libro è ambientato - città trasformata e ingigantita - ci si chiede come sia possibile aver trovato uno proprio identico … Ma non trovato per caso!!! C’è nel libro, una ricerca ossessiva, tipica di Saramago, del nome, dell’indirizzo, della vita tra le cose,…e c’è un incontro voluto e desiderato. Temi cari all’autore, già enucleati in altri testi precedenti, non si resta delusi procedendo a grandi passi verso l’epilogo, ristretto in due scarse paginette, taglienti come rasoi.
E non stupisca il lettore accorto di trovarsi davanti anche a Dostoevskij , o sentirsi catapultato nella fantascienza di Blade Runner o forse, come qualcuno più autorevole di me ha detto, nel finale in 2001 Odissea nello Spazio. E’ davvero una sceneggiatura, un libro che apre al cinemascope: o almeno così si dice in giro. E per dirla con Saramago “ sembrava un film di fantascienza, scritto, diretto e interpretato da cloni agli ordini di uno scienziato pazzo “.
E se lo dice lui…!!!
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Un uomo in crisi
L'uomo duplicato costituisce un piccolo gioello della produzione di Saramago, in cui viene esplorato un essenziale problema del mondo moderno, ovvero l'unicità della propria personalità.
Tertulliano Maximo Afonso si ritrova a confrontarsi con un suo alter-ego particolarmente problematico, alticcio, e in un certo modo malvagio più di quanto sembri.
La sua iniziale accidia si dovrà confrontare con un ente realissimo che scardina, in un certo senso, anche alcuni dettami sul senso comune(che, per inciso, nel libro viene PERSONIFICATO).
Un invito ai novelli lettori: non fermatevi alle prime pagine e non fermatevi neanche a metà, leggetelo tutto d'un fiato e ne sarete ripagati!
Buona lettura!