L'ultimo inverno
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Padre e figlio
Raramente si può carpire abbastanza di un libro
aprendone una pagina a caso o sbirciando le prime per testarne il nostro gradimento.
All’opposto, “L’ultimo inverno”, offre subito qualcosa in questo senso:
già sulla soglia respiriamo l’atmosfera, difficile non sentire un appello sui primi passi,
specialmente se si coltiva una discreta passione per la scrittura evocativa.
Come accade in diversi fantasy (sebbene il romanzo in questione non possa essere annoverato tra questi), affacciarsi sul “varco magico” ci trascina repentinamente dentro un maestoso vortice che porta lontano.
“L’ultimo inverno”, come il titolo suggerisce, è una storia che comincia da un epilogo, ma come spesso accade in Letteratura, da “La fine è il mio inizio” a “Memorie di Adriano”, nelle modalità più diverse, diventa un coinvolgente espediente per dar vita alla narrazione.
Così Crosby George Washington, figlio di Howard l’ambulante, approssimandosi a lasciare il capezzale riscaldato dall’affetto dei suoi familiari, intraprende un viaggio cadenzato dal ticchettio dei suoi orologi (passione di una vita), sommerso da una policroma, sonora e odorosa marea di ricordi, progressivamente ricongiungendosi e riconciliandosi con la misteriosa figura paterna.
- Il piano superiore gli crollò addosso, con il telaio in pino mai completato e i tubi ancora incappucciati e scollegati dal lavabo e dal water che avrebbe voluto installare, seguiti da sfilze di vecchi vestiti, scatole di giochi da tavolo dimenticati, puzzle, giocattoli rotti, mucchi di foto di famiglia […] ma ormai era quasi un fantasma, senza più sostanza, e così tutto quel legno, il metallo, i fasci di cartoncini stampati a colori vivaci […] gli scivolarono via come arredi di scena, facsimili di oggetti autentici, ma scomparsi da tempo proprio come lui. […] Il tetto cedette di schianto […] ora davanti ai suoi occhi c’era il cielo, coperto di nuvole piatte che navigavano nel blu come una flottiglia di incudini. George senti le lacrime che montavano […] Le nuvole si fermarono, restarono immobili, poi gli piombarono sulla testa. Il blu del cielo seguì a ruota riversandosi dall’alto in quella cavità di cemento ingombra di cianfrusaglie. -
Oltre che la commovente storia alla riscoperta del rapporto tra un padre e un figlio, la cifra definitiva di questo romanzo è senz’altro la sua stupefacente potenza espressiva che straborda dalle pagine grazie ad una scrittura vibrante, sicché spesso, dimentichi di star leggendo, ci si proietta a diretti partecipi delle vicende.
Dentro alla trama si accarezza inoltre con poesia il delicato tema dell’epilessia, malattia che scuote il quieto corso del carretto dell’ambulante nei suoi viaggi, schivando la via più analitica per prediligere una descrizione che ha occhi di bambino e parole incantate.
Benchè poche pagine di vite minute e di piccole cose,
l’intensità fa di questo romanzo uno straordinario micro-universo, meritevole di essere visitato.
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Pretenzioso
Paul Harding racconta la storia del rapporto genitori-figli, della difficoltà di comunicare e capirsi, di generazione in generazione , la storia arriva fino alle vicende del nonno di George.
Si può amare qualcuno intensamente con tutto il cuore anche se ci ferisce e ci abbandona ? A quanto pare si perchè il vecchio George sul letto di morte ripercorre la sua vita ma i momenti che rimangono nitidi a distanza di anni sono quelli del tormentato rapporto con una madre dura come pietra ed un padre epilettico che un giorno lasciò la famiglia in quanto si sentiva "sopportato".
Questa è a mio parere la parte più bella del libro ,per tutto il resto del racconto non ho trovato questa "poesia" , questa ispirazione, concordo con gracy , non è "arrivato" al cuore.
Forse è il tanto decantato stile dell'autore che a me invece non è piaciuto un granchè : in una pagina ci sono tre-quattro spiegazioni o digressioni tra parentesi e di una certa lunghezza, che rendono davvero difficile seguire il filo logico del discorso principale; il personaggio del papà di George, Howard, parla un pò in prima persona, un pò in terza persona perchè è George che ricorda. Mah...
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Lettere al padre sull'Amore
George Washington Crosby fa l'orologiaio,anche la sua ora è scoccata,il romanzo si apre con il vecchio patriarca morente e i suoi figli e nipoti tutt'intorno al letto ad accudirlo. Nei momenti di lucidità ,George rammenta la sua infanzia caratterizzata soprattutto dal rapporto disastroso
con il padre,Howard, venditore ambulante, epilettico.
Uno degli episodi più eclatanti della storia fra padre e figlio si verifica l' ultimo Natale che la famiglia Crosby trascorre insieme. Howard , ha parcheggiato il carretto nel piazzale antistante la casa, portato il mulo nella stalla. La tavola è imbandita,la moglie Kathleen e i tre figli l'aspettano. Dopo la preghiera rituale Howard si appresta a tagliare l'arrosto quando l'attacco giunge inaspettato come un fulmine a ciel sereno, che lo colpisce e gli brucia le carni dentro e fuori. Piatti, forchette, cibo tutto cade in terra con Howard.Kathleen si precipita sul marito e gli ficca un cucchiaio di traverso nella bocca, prega George di tenerlo fermo, mentre lei si precipita nell'altra stanza alla ricerca di un bastoncino più solido. Gli spasmi tremendi del corpo paterno fanno perdere l'equilibrio a George, il padre spezza il cucchiaio,le mani di George precipitano nella bocca del padre che le morde a sangue.Kathleen ricompare e limita i danni. Giorni dopo, George sofferente per le dita quasi staccate,prende carro e mulo e fugge via, lontano da quel padre che gli fa paura.Howard a piedi cerca il suo bambino e lo trova a qualche chilometrodi distanza, infreddolito, nella neve. Kathleen aspetta i due e nel frattemto lascia sul comodino della stanza da letto in bella vista la bruchure di una casa di cura per malati di mente dove vorrebbe rinchiudere il marito.Howard riporta il figlio a casa e il giorno
dopo sparisce per sempre senza dire nulla.Ma le sorprese in questo romanzo non mancheranno come non mancherà la poesia.Un racconto toccante che parla dell'amore e della paura di un padre e di un figlio.Paul Harding, prima di vincere nel 2010 il Premio Pulitzer con questo romanzo faceva il batterista in una jazz band, questo romanzo ha proprio un ritmo narrativo jazzistico.Le parole, le frasi sono le carezze del batterista sul tom,poi l'artista passa al rullante ed infine , inaspettato colpisce il piatto il tuono della grancassa chiude e riapre la sequenza.
di Luigi De Rosa
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L'ultimo inverno
Purtroppo devo ammettere che la profondità del linguaggio e la scrittura creativa dell'autore non hanno toccato il mio cuore.
La mamma è preoccupata, George. Devi tornare a casa. Lo so, Papà.
L'ultimo inverno è l'ultima volta che un padre e un figlio si incontrano o meglio ancora viene da pensare che nelle loro vite non si sono incontrati mai, solo quando il figlio, George in punto di morte ormai vecchio e malato, scandisce i suoi ultimi attimi di vita in parallelo tra lo scandire dei battiti dei suoi orologi e l'amore verso Howard, suo padre, una figura tenera ed eterea in cerca di calore in un freddo inverno.