L'ultimo figlio
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Cuore infranto
Una madre e l’urgenza di leggersi dentro tra realtà, sogno, ricordi, rimpianti, un tuffo nel passato, un presente a termine, il futuro inarrivabile, almeno per lei, ventiquattr’ore per ridefinirsi e cambiare i colori della propria esistenza.
Philippe Besson inscena il diario psicologico e intimo di una donna tradita che ricostruisce la propria storia nel momento in cui il proprio figlio più piccolo, Theo, decide di abbandonare il focolaio domestico per aprirsi alla vita, cercare gente diversa, nuovi amici, in una città rumorosa dai contorni indefiniti. Se ne va mentre tutto resta, casa, parenti, genitori, niente sarà più come prima, per Anne-Marie devastazione e annientamento affettivo. Che cosa fare per salvare il salvabile, rinviare l’ agonia, indirizzare altrove una mente sopraffatta dall’ ansia e dalla paura ?
Preparativi, trasloco, nuova sistemazione, una cena a tre, ricordi condivisi, emozioni inarginabili, poi la partenza e il distacco definitivo.
Tutto cambia in un attimo non preventivato, per Anne-Marie il dolore è eccessivo, dentro di se’ vuoto e smarrimento, la ricerca di uno sguardo amico, ma il marito Patrick, un tipo tranquillo, con tratti caratteriali diversi, dotato di senso pratico, che ha sempre espletato il proprio ruolo di pater familias, a sua volta è assente, svuotato, ingrigito, impegnato in altro, e non sembra capirci nulla. Inutile affidarsi ai consigli superficiali di una vicina, ne’ cercare un antidoto appellandosi al figlio maggiore, nessuno è in grado di partecipare, di condividere, di consolare una madre.
E’ un lutto che la porta a fare i conti con se stessa, un cambiamento radicale e l’accettazione di un dato di fatto, il fluire necessario della vita. Ma perché cambiare quando si vorrebbe continuare ad accudire, proteggere, assecondare il proprio “ bambino “?
Ci si guarda dentro, si scruta l’ orizzonte, ci si affida agli altri, ma a chi realmente e sara’ possibile una vita diversa, una ridefinizione di se’?
La psicologia di una madre è semplicemente complessa, paura ancestrale, conflitto interiore per “ salvare “ i propri figli, preservarli e conservarli, ma quanto vi è di reale e di immaginario in uno scenario che prevede un vincitore e un vinto, nel quale prevale una visione egoisticamente altra?
Defilarsi, rinunciare, lasciare andare, sarebbe un lutto talmente potente da inscenare un’ idea di auto annientamento, legata al senso di esclusione, di mortificazione, ricordando il passato, quando si era vissuto nel terrore di perdere il proprio figlio.
E allora come guardare al futuro quando ancora si vive rinchiusi nella bolla dei ricordi?
Per Anne-Marie un tempo che ha amato e che sta per sfuggirle per sempre, la rielaborazione di una vita trascorsa velocemente, la felicità delle piccole cose, grata per tutto quello che ha avuto.
Il cambiamento genera paura, lotta interiore, l’ incubo di una casa vuota, di un amore sfuggito per sempre, la fine della famiglia e dei giorni felici, la perdita di un figlio, una nuova vita a due, sicuramente diversa, solitudine, inutilità, invecchiamento, noia, silenzio. Come invertire questa parabola di solitudine implosa?
Una definizione di se’ in una nuova dimensione di tenerezza, il riappropriarsi del presente, poche parole consolatorie … “ dai, vieni, torniamo a casa “….
Un lungo soliloquio di una madre, trattato con dolcezza, garbo, passione, indulgenza nel momento in cui la vita non concede sconti e il futuro è adesso. Tutto cambia per restare uguale dentro di se’, parole che si autoalimentano all’ inseguimento di risposte inevase. Che cosa rimane? Il dolore della perdita, definitiva, e la difficoltà di sentirsi sola, per sempre, orfana di una parte di se’, semplicemente una madre dal cuore infranto.