Narrativa straniera Romanzi L'ultima cosa bella sulla faccia della terra
 

L'ultima cosa bella sulla faccia della terra L'ultima cosa bella sulla faccia della terra

L'ultima cosa bella sulla faccia della terra

Letteratura straniera

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Mentre tutti sono raccolti in preghiera, dall’ultima fila Iggy avanza verso il centro della chiesa. Trema, e la benzina che ha portato con sé per darsi fuoco – come quei bonzi che ha visto in rete – si rovescia. Il fiammifero acceso gli cade di mano. Nel rogo muoiono venticinque fedeli. Diciotto anni più tardi gli abitanti di Harmony, una cittadina del Sud degli Stati Uniti, ancora si portano dentro quel lutto, ancora – come un antico coro – si interrogano e commentano l’accaduto. La loro versione si alterna a quella di altre figure direttamente coinvolte o appena sfiorate dalla tragedia, mentre su tutto si impone, ipnotico e straziante, il racconto del colpevole, rinchiuso nel braccio della morte. Ora che l’esecuzione si avvicina, a Iggy resta solo il rifugio nel sogno – o nel ricordo – di un’altra vita, di mille altre vite. Da dove è scaturita quella decisione estrema e inconsulta? Che cosa gli ha sconvolto la mente? Gli antidolorifici che sniffava, l’alcol e l’eroina? L’amore «selvaggio, cosmico e strano» per Cleo, o quello per Paul, l’amico scomparso «come un temporale che passa sopra la campagna e si dilegua in un batter d’occhio»? O piuttosto quel dolore segreto, quel tedio insopportabile, quello sgomento di fronte a un universo infettato da un oscuro morbo di cui solo loro tre sembravano avere consapevolezza?



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L'ultima cosa bella sulla faccia della terra 2024-02-17 13:36:10 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    17 Febbraio, 2024
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Un tempo che è stato ed è

«Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L’amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il cielo è un livido viola. Il centro commerciale è morto. Siamo i vecchi che avevamo giurato di non diventare mai. Passiamo le giornate al tavolo d’angolo dello Starlight Diner a discutere i capricci della vita. La nostra Harmony è una cittadina come tante. Tale e quale alla vostra. Piena di santi e peccatori, indistinguibili.»

Giovani. Giovani e irrequieti, giovani e incapaci di vivere in una dimensione di tranquillità. Giovani e soli. Una solitudine fatta di incomprensioni e di criticità. Non sentirsi a proprio agio e al contempo credersi padroni del mondo. Iggy, Cleo e Paul. Tre giovani ragazzi che vivono ad Harmony, una cittadina come tante. Una cittadina che potrebbe essere qualunque cittadina del nostro tempo e del nostro vissuto, una prima sezione ambientata nel 2018 che ci viene narrata dal compagno di classe del protagonista.
Ed è proprio da questo malessere che nasce il desiderio di farla finita. Maturato, coltivato, sedimentato. Un desiderio che sprigiona in Iggy, che introduce la seconda parte, e che lo porta a decidere di togliersi la vita dandosi fuoco in quel della Chiesa dove è in atto la funzione. Si cosparge di benzina, si reca nel luogo prestabilito, accende il fiammifero e… cade. La paura prende il sopravvento, il fiammifero cade di mano, il rogo ha inizio. Ma lui scappa, esce si mette in salvo. La condanna sopraggiunge, passano gli anni e Iggy attende il giorno dell’esecuzione della condanna a morte. Sa di non avere altre alternative, di non avere molto da raccontare se non quel vissuto fatto di ricordi e tempo passato. A breve non vedrà più nemmeno quel corniolo che gli ha fatto compagnia, ad attenderlo una cella di isolamento.

«Dalla finestra guardo il corniolo solitario. Si piega al vento. La cella si riempie di ombre corte e presto sarà ora di dormire. Il primo giorno della mia ultima settimana sta finendo. Sono pronto. Sapevo che sarebbe arrivato il momento. Rimpiango il futuro che non conoscerò dall’alto. Sogno di gridare il mio nome nella valle.»

Ed ecco che Iggy narra. Racconta della sua vita solitaria, dell’incontro con Cleo e Paul, delinea il suo mondo che crolla, crepa dopo crepa, la disperazione che prende campo. Narra anche della sua sfera affettiva, dell’omosessualità, del cerchio che intorno a lui si stringe, del mondo online che si apre come uno specchio alimentando il desiderio di morte, solitudine e incomprensione. Un po’ come in “Memorie di un condannato a morte” di Victor Hugo e molti altri testi del genere, è il racconto di Iggy.
Da questo ci stacchiamo per conoscere un nuovo e terzo narratore, Farber. Detto “Marilyn Manson” o “Morrisey” egli è un bibliotecario che nel suo orario di lavoro incontrerà un personaggio già incontrato nella narrazione e che lo porterà a cercare il suo personale cambiamento.
Il romanzo giunge al termine nel 2019 con una quarta sezione narrata da Nuvola che chiude l’opera con un finale dolceamaro.
Micheal Bible dona ai lettori un romanzo fortemente evocativo, con una struttura complessa e molto particolare che si fonde con una struttura stratificata su più livelli e archi temporali e che porta a una vera e propria dilatazione di questo. Unica pecca è che la narrazione talvolta tende a perdersi e a perdere di intensità, come se si smarrissero le coordinate del narrato. A far da padrona è la solitudine di ogni voce narrante che si scontra e incontra con altre voci e con quel caos che è la vita. Perché alla fine “La vita mi si confonde. Si attorciglia su se stessa”. E non potrebbe essere così anche per ciascuno di noi?

«Il mio cagnolino ha paura dei tuoni. La sera bevo il tè e leggo il giornale. Quando metto i tulipani alla finestra, si aprono verso il sole. In lontananza c’è qualcuno che mi chiama.»

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L'ultima cosa bella sulla faccia della terra 2024-02-17 07:07:53 68
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68 Opinione inserita da 68    17 Febbraio, 2024
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Inquietudine manifesta

…” È ora di andare. Per concludere voglio dire solo questo. Se c’è qualcosa che amate , tenetevelo stretto perché non si può mai sapere quando verranno a portarvelo via”….

Voci dal passato e nel presente a richiamare un’ inquietudine manifesta, assenze, peccati, peccatori, rabbia, violenza, insensatezza, vite percosse e azzerate da un gesto terribile e indigesto.
Harmony, cittadina del sud degli Stati Uniti, un luogo segnato per sempre dalla follia di Iggy, un ragazzino delirante, deragliato, psicotico, con una rabbia che rivolge contro se stesso e un’ intera comunità, venticinque innocenti arsi vivi nel rogo della chiesa, un fuoco da lui appiccato accidentalmente mentre, con un gesto estremo, voleva bruciare se stesso.
Prima, dopo, durante, che cosa sottende questa mattanza, chi è’ Iggy, chi è stato, perché lo ha fatto, quali conseguenze tra i sopravvissuti, i parenti, ii conoscenti, i nati dalle macerie di questo terribile evento?
Iggy, prossimo a morire in carcere, si racconta, ma non è quello che da lui ci si aspetta, confessione, chiarificazione, ricostruzione dei fatti, di chi la colpa, della società, delle sue idee politiche, delle droghe assunte, delle violenze subite, degli amori traditi?
Immagini e parole di un’ anima annegata nella solitudine più vera, morta da tempo, che ripensa al passato perché non ha futuro, a cui rimane poco tempo, che si è data forza guardando le foglie che cadono, una vita che scorre al contrario, una voce che non sa e non gli importa quale versione dare di se’.
Iggy è stato un ragazzino abbandonato negli affetti più cari, un padre violento e una madre assente, è stato un amante respinto, risucchiato in un vuoto di odio per la vita, per se stesso, è stato anche altro, colui che ha provato a salvarsi, eroe e cattivo, ricco e povero, tutto e niente, poco importa.
Il fatto è compiuto, il resto, indignazione, lutto, rabbia, dibattiti, cortei, petizioni, tutto quello che questa tragedia si è portata appresso non ha valore se non nel desiderio incompiuto di giustizia per morti che non torneranno o in un senso pacificatorio dopo che Iggy sarà giustiziato.
Voci e gesti rievocano a distanza l’ eco di quel momento, ne sono parte integrante, tuttora inseguiti dalla sua ombra, incrociano altre anime erranti, storie di manchevolezze, vivono attimi di intimità e comunanza.
Voci che parlano di se’ e di Harmony, un luogo senza felicità, dove non succede e non cambia mai niente, dove la gente non fa che lavorare e andare in chiesa, cosparsa di un passato nebuloso, oscuro, inquietante.
Voci di una vita che Iggy non ha mai capito,

…” Quello che all’ epoca ritenevo un problema era semplicemente la vita. Non era né un bene ne’ un male. Era e basta”…

nella lunga discesa verso un luogo oscuro sempre più oscuro, ricordando un amore che trasformava i sogni in realtà mentre il reale era un incubo, un amore allargato che rendeva sopportabili i giorni e scongiurava la noia.

Il romanzo di Michael Bible racconta con toni aspri, crudi, violenti e una prosa contratta costruita su immagini e sensazioni forti, una provincia americana da tempo implosa in un individualismo aberrante e in una violenza ovattata da perbenismo cinico, oggi completamente deragliata in una socialità artefatta da un contesto di virtualità che favorisce solitudine ed estremismo, giovani soffocati e privati del vero respiro della vita.
Ciascuno naviga controcorrente, in un comune senso di inadeguatezza, imbevuto di precarietà e asfissiato dal presente, c’è chi non aspira più a niente, chi è stato annientato in un luogo di pace, chi mostra le cicatrici di un destino infausto, chi è vissuto altrove gustando il sapore aspro della solitudine sentimentale e chi resiste nel presente sapendo che il mondo presto finirà e non esisterà più nulla, al momento

…” in lontananza c’è qualcuno che mi chiama”….

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