L'oratorio di Natale
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MONDI LONTANI
In un mondo lontano, ancora troppo in simbiosi con la sua appartenenza geografica, nella sperduta contea di Värmland, in Svezia, la tradizione incontra e forse accoglie l’innovazione per rimanere ancorata alla sua appartenenza culturale e da essa venire schiacciata, aspettando un domani forse più promettente. A niente è valso l’arrivo di una giovane americana che scuote gli animi e li coinvolge in un progetto collettivo: orchestrare da dilettanti “L’Oratorio di Natale” di Bach; lei muore alla vigilia del concerto preparato da un decennio. Con la sua morte si infrange la speranza di un cambiamento e tutto involve per tornare quella situazione di partenza che è una sorta di fatalistica accettazione del luogo dove si è stati gettati a vivere. Aron, il marito , è il primo a spogliarsi di quella nuova identità che aveva con lei faticosamente costruito; solo si sente perso e nulla pare più appartenergli: né la casa in campagna, né la sua faticosa gestione, né i figli. Sidner e Eva- Liisa che crescono dunque, a loro volta, risucchiati da questa involuzione. Eppure il loro è un destino di crescita, per naturalezza almeno cronologica; il rischio è quello di dover subire un destino amaro. La narrazione segue il percorso di Sidner e solo a tratti fa riferimento a Eva- Liisa la quale, per il fatto di essere appena una bambina all’epoca dell’incidente della madre, è meno esposta al devastante dolore. Esso si insinua invece, prepotente in Aron, il padre, e di riflesso nel figlio, Sidner. Per entrambi si creeranno delle prospettive di redenzione ma entrambe verranno disattese pagando lo scotto della propria e dell’altrui follia. Il dolore questo ha generato: visioni, proiezioni, giustapposizioni improbabili e speranza di rinascita. Ogni volta che si spera in un attimo di felicità questo svanisce producendo sgomento e dispiacere, assenza e perdita, e in ultimo rinnovato dolore. Lo stesso contesto sociale nel quale sono inserite queste focalizzazioni individuali non è da meglio: tutti soffrono, tutti hanno un’interiorità complessa o disturbata, la follia aleggia nelle strade deserte e silenziose, dentro le abitazioni, nei luoghi di incontro, è parte integrante della vita e non viene scansata né negata. Ci si abitua a una realtà complessa e si tenta, in alcuni casi, di allontanarsene alla ricerca di un’identità che non ne può però prescindere. Il romanzo è particolare non solo nella trama ma anche nella struttura che gli regala una certa complessità intrigante rispetto a formule narrative più convenzionale, è inoltre ammantato di un accento onirico e a tratti surreali, funzionale alla vena matta che lo percorre. È un buon libro per niente piacevole.