L'onore perduto di Katharina Blum
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La macchina del fango
Colonia, febbraio 1974. Il carnevale impazza in città, quando una donna suona al citofono del commissariato di polizia per autodenunciarsi di omicidio. Si tratta della bella e pudica ventisettenne Katharina Blum, da tutti conosciuta per la sua irreprensibilità morale, per la sua dedizione al lavoro, per la sua fiera autonomia. Cosa è mai potuto succedere per trasformare una donna così in un'omicida? Comincia tutto quattro giorni prima, quando l'avvocato Blorna e sua moglie, presso la cui casa la donna lavora come governante, partono per le vacanze lasciandole un po' di tempo libero. Scevra da impegni, Katharina decide di godersi un po' di meritato divertimento. Un ballo in maschera, un incontro con un uomo affascinante, una notte di tenerezza saranno per lei il punto di non ritorno di una caduta che la vedrà precipitare tra impacciate indagini poliziesche, rievocazione del passato e soprattutto meschini scandali giornalistici. Nel raccontare, l'autore usa uno stile molto vicino alla fredda cronaca, limitandosi a riportare i fatti senza dare giudizi e senza esaltare i sentimenti. Sembra quasi che, in questo modo, con la grande ironia che lo contraddistingue, Boll voglia prendersi gioco proprio di quel tipo di giornalismo esaltato, ruffiano, mirato, che palesemente mette sotto accusa con la sua opera. Katharina, da quello che si percepisce dal racconto, è l'esatto contrario di ciò che vogliono far passare i giornali. Una donna di origini umili che, pur muovendosi in un contesto decisamente maschilista, riesce con le sue sole forze a crearsi un'esistenza fatta d'indipendenza lavorativa, economica, sentimentale. Quando però la macchina del fango si mette in moto, tutto ciò passa in secondo piano, e la sua immagine diventa quella di una donna subdola, cospiratrice, pruriginosa. Si arriva perfino a toccare l'argomento politico tacciando la protagonista, in tono decisamente dispregiativo, di bolscevismo, in una Germania ancora divisa da un confine sia fisico che virtuale tra le due opposte fazioni politico-economiche che hanno influenzato il Mondo dal secondo dopoguerra fino alla caduta del Muro di Berlino. Perché, per quella parte di stampa malata, insinuate, maldicente, fare presa su un pubblico credulone e pettegolo è più importante che raccontare i fatti, vendere più copie possibili conta più del fare bene il proprio lavoro. Perché è tristemente vero che il popolino non è interessato all'informazione, quanto alla chiacchiera, non crede alla verità ma a ciò che vorrebbe fosse vero, non ama il piacere della conoscenza ma gode sguazzando nel marciume, nel torbido, nella rivelazione dello sporco degli altri per coprire, mettere in secondo piano, ridimensionare il laido che è in sé. Katharina è vittima proprio di questo squallido atteggiamento del pubblico e di chi, deplorevolmente, ne approfitta per i propri tornaconti. Il suo gesto, per quanto biasimevole, è figlio dell'esasperazione, della delusione, della stanchezza di chi, dopo mille sacrifici, è riuscita a crearsi un'esistenza libera e serena per poi vederla insozzare, calpestare. Il monito che Heinrich Boll inserisce nella struggente e coinvolgente storia raccontata in questo sarcastico libro, appare oggi, a mezzo secolo di distanza dalla sua pubblicazione, più attuale che allora, in una società infestata da fake news, odio social, dozzinale intrattenimento travestito da informazione, pseudogiornalismo al servizio di questa o quella fazione politica, all'inseguimento degli ascolti, del guadagno, di qualche becero like in più.
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Come i media ti distruggono la vita
Ho tanti slogan per presentarvi questo libro, questo piccolo, breve gioiello di Heinrich Böll. E fate _chapeau_ , perché il Premio Nobel nel 1972 è ampiamente meritato. Chi conosce Böll può capirmi se dico che potrebbe essere una sorta di Pirandello tedesco. Ha scritto racconti umoristici che celano grande sofferenza, c’è una ironia che lascia colpiti, c’è poetica rassegnazione dietro ai suoi romanzi scritti sopra le macerie della Germania post seconda guerra mondiale.
Questo piccolo romanzo ha come titolo originale _Come può nascere e dove può condurre la violenza_ . Quale violenza? Sicuramente l’autore si riferisce al potere distruttivo che certa stampa prezzolata può avere sulla vita di alcune persone.
La spietata campagna giornalistica di una certa fazione (la Germania non ancora unita) butta nel tritacarne la vita della bella, diligente e intelligente cameriera Katharina Blum, ventisettenne, la sua unica colpa? Essersi innamorata di un ribelle, definito dalla stampa un “terrorista” . Notizie palesemente false, contraffatte, condite di particolari scandalistici, contro la ben nota _pruderie_ sessuale di Katharina, atti a soddisfare la morbosa curiosità dei lettori di quel giornale.
Il romanzo non è certamente il classico giallo, anche perché la soluzione del caso è già all’inizio del libro, ma è comunque un giallo “problematico”, costruito attraverso brevi, a volte brevissimi capitoli che, come tessere di un mosaico, si sistemano lungo il racconto. Si tratta di una riflessione sarcastica sul potere della stampa che attraverso il caso di Katharina si mostra come un vero incubo che cresce giorno, deformando fatti, parole, dopo giorno distruggendole la vita e portandola quasi “con naturalezza” verso un finale tragico. No, non si suicida. Non ve lo dico. Leggetelo.