L'ombra di quel che eravamo
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Speranza e disillusione
E’ morto da poco, questo scrittore cileno, e proprio in conseguenza di questa peste odierna. Quindi, la lettura di un suo libro diventa un omaggio obbligatorio, in questo periodo di quarantena, ad una delle vittime più illustri della pandemia.
Il romanzo, uscito nel 2009, è un libro agile, strutturato in 18 brevi capitoli più un Epilogo, dallo stile sintetico, quasi ermetico, apodittico e ironico insieme. Uno stile del tutto diverso da quello di Marquez (vedi titolo di giornale girato sui social in occasione della morte dello scrittore che gli attribuiva la più famosa opera di Gabriel Garcia) e che corrisponde alla sua vicenda umana, ricca di fatti, di azioni e di lotta.
Ne “L’ombra di quel che eravamo” è la nostalgia per un passato di lotta e di illusioni disilluse.
Un gruppo di ex “compagni” si ritrova per un’ultima avventura, quasi a voler recuperare uno spirito rivoluzionario a cui guardano, tuttavia, con distacco ironico e disincanto. Eppure, quando l’anarchico Pedro Nolasco, detto l’Ombra, li chiama a compiere un’ultima azione, tutti rispondono, come per senso del dovere verso quello che una volta erano stati e che ora non sono più. Sono tutti ex profughi dell’epoca di Pinochet, alcuni anche passati per il carcere e la tortura, vissuti in esilio per anni, invecchiati nel ricordo dei tanti scomparsi e uccisi. Eppure, quando l’unico dei loro che era sopravvissuto al regime grazie alla sua abilità a vivere in clandestinità, propone loro l’ultima impresa, si ritrovano pronti.
Peccato (e qui è l’aspetto grottesco della vicenda) che l’eroe, l’Ombra sopravvissuta la regime, proprio mentre si reca all’appuntamento, viene colpito alla testa da un giradischi volante, lanciato dalla finestra da una donna infuriata contro il marito (anch’egli reduce di quella stagione di lotta politica, sia pure su posizioni perlomeno ambigue), stufa dell’inconcludente ménage che questi le propone in Cile e piena di nostalgia per l’esilio tedesco.
Si direbbe che tutto è finito, che il riscatto di un passato deludente è ormai tramontato. Invece, malgrado tutto, la sgangherata combriccola riesce a portare a termine l’azione, a dare un senso al sacrificio dell’”Ombra”.
Quindi, al di là dell’amarezza per tante vite sprecate, al di là della disillusione dovuta al fallimento di un’esperienza politica rivelatasi fallimentare, al di là delle divisioni ideologiche che tramano i discorsi dei congiurati e che costituiscono il tessuto di tutte le sinistre più o meno rivoluzionarie, più o meno di governo, l’azione unita di tre-quattro “ex”, conduce infine ad un risultato inatteso, si conclude con un piccolo, limitato, successo.
Una speranza?
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Il sogno
L'unico libro letto di Sepulveda, autore mai più toccato; sento tuttavia l'autorità di convicermi, a ragione, che non è da questo libro che si può comprendere l'opera dello scrittore, ma che da qui si può iniziare a capire come se è simpatico o meno. Un libro adulto, di ricordo e di atmosfera, dalla trama che non segna ma lascia addosso una sorta di velo umido, come un'ombra collosa, di storia. Come Conception, anni fa mi promisi di leggere Berlin Alexanderplatz ed è proprio lei il mio personaggio preferito, insolito in quel gruppo di maschi ormai convertiti, senza ammetterlo, alla serietà della vita, lontani dai sogni della giovinezza. Come per Conception, Berlino lasciò anche su di me un inequivocabile peso (su di lei è fascino) storico che m'ha reso l'aria tedesca fredda e pesante, come se il mondo si riversasse tutto lì, ad Alexanderplatz. Poi, la saga onirica della donna non è che un piccolo pezzo di questo romanzetto, anche se in fondo il senso è anche nel suo sogno in miniatura, un'ombra di un passato lontano che può, nonostante tutto, essere riportato in terra.
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Il tempo e gli ideali.
Sepulveda rimane il mio autore preferito, anche se questo romanzo non mi ha entusiamato come altre sue opere (prima tra tutte "la forntiera scomparsa"). La trama è comunque originale e i protagonisti sono come dei vecchi conoscenti che ritrovo un po' più vecchi e disillusi. Forse è questo ciò che mi stranisce: ho sempre pensato che la forza di questo scrittore consista proprio nell'infiammare gli ideali anche negli uomini più pigri e "borghesi". Del resto il tempo è un degno avversario, raramente disposto a perdere e l'unica arma di difesa è una sana ironia.
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L'ombra di quel che eravamo
Tre amici si ritrovano in una vecchia officina di Santiago del Cile. Hanno alle spalle una militanza politica di sinistra ai tempi di Salvador Allende, poi costretti all'esilio o alla clandestinità. Il tempo li ha cambiati; chi ha la pancia, chi non ha più la chioma rigogliosa, chi stenta a riprendersi da una delusione amorosa. Sono convocati da un non meglio precisato "specialista" per compiere una nuova, ultima azione rivoluzionaria; una rapina, e nell'attesa ricordano, con nostalgia, rimpianto, tra dolore e ironia i tempi passati, le speranze, ma anche le torture subite.
Il destino ci mette lo zampino e lo specialista non arriverà, colpito da un giradischi scagliato fuori da una finestra nel bel mezzo di una lite coniugale ed è proprio con l'autore del lancio del giradischi, una vecchia loro conoscenza che proveranno anche questa volta a giocarsela. Intanto un poliziotto indaga sulla misteriosa morte dello "specialista"...
Una storia, intricata e divertente. tutto il romanzo è intriso da un'ironia affettuosa e commossa del ricordo, una generazione e le sue utopie, il coraggio e la fiducia nella realizzazione di un sogno. Ma anche il risveglio brusco inflitto dall'orrore imposto da Pinochet e dalla violenza della dittatura, la solitudine dell'esilio e della clandestinità... E poi c'è l'oggi: una normalità posticcia, viene detto nel romanzo, una normalità che sta scuotendosi dalla rimozione praticata a lungo dai governi democratici.
Luis Sepúlveda presenta con leggerezza ed ironia, contenuti duri. La sua drammatica testimonianza personale, il ricordo delle torture e degli orrori, più volte narrato, qui si fa rielaborazione interiore compiuta e limpida. Un libro importante, da leggere, per chi ha ancora lucida memoria della tragedia cilena e per chi, troppo giovane, ne sa poco perché molto poco gli è stato raccontato.