L'ombra della montagna
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Recensione della Redazione QLibri
Di nuovo a Bombay
Dopo 10 anni di attesa Gregory David Roberts ci regala una straordinaria storia di amore, guerra, passione, amicizia, filosofia. Mille e più pagine si susseguono senza mai perdere il ritmo, in una narrazione densa di riflessioni sulla vita e sulla morte.
Dopo "Shantaram" torniamo di nuovo per le strade affollate di Bombay, tra le sue fragranze e i suoi colori, in mezzo al chiasso e al caldo. Passiamo spalla a spalla con i peggiori gangster della città e subito dopo siamo al tavolo del Leopold a bere birra ghiacciata con un nuovo straniero incontrato per strada.
I personaggi sono gli stessi che abbiamo conosciuto la prima volta che Roberts ci ha catapultati in India: Vikram, Karla, Didier, Kavita, Lisa, Sanjay, Abdullah.... Personaggi che impariamo a conoscere ancora più a fondo, scoprendo nuovi lati della loro personalità e ulteriori dettagli sulla loro vita. Mentre i nuovi personaggi che si uniscono alla variegata famiglia di Linbaba si dimostreranno amici e nemici difficili da dimenticare.
Linbaba fa ora parte della Sanjay Company formata dagli eredi di Kaderbhai dopo la morte di quest'ultimo. Lo slum è ormai una realtà a cui Lin non appartiene più del tutto nonostante non manchi di tener fede al suo impegno come medico e ad aiutare amici in pericolo. Ora divide il letto con l'affascinante Lisa, scappata alle grinfie di Madame Zhu grazie all'intervento di Karla (per ora solo una misteriosa figura sullo sfondo di Bombay). Didier trascorre le sue giornate tra traffici illegali e camerieri scortesi. Tutto come un tempo, o quasi: la città sta cambiando e i suoi segreti stanno per essere resi di pubblico dominio, la pace crollerà.
Se "Shantaram" aveva rappresentato la fuga e la scoperta di una nuova città, di una nuova identità, "L'ombra della montagna" rappresenta la redenzione dal passato, la remissione di tutti i peccati che hanno macchiato l'anima del protagonista. Un libro che ha la rara capacità di tenere il lettore incollato alle pagine nonostante la mole tipica di storie epiche. E non si può certo dire che qui manchino i temi principali che hanno sempre caratterizzato le grandi saghe: una donna intelligente da rincorrere, un malvagio da sconfiggere per ottenere la pace, vite da sacrificare per raggiungere uno scopo più grande, amori perduti, battaglie da combattere, maestri da cui apprendere le risposte alle grandi domande dell'esistenza e amici con cui curarsi le ferite e brindare alla vittoria.
La trama è avvincente, la narrazione fluida e intrigante fa emergere le riflessioni che devono aver accompagnato per lungo tempo l'autore, i personaggi sono tratteggiati con passione e le ombre sono messe in luce con maestria.
"Shantaram" ha aperto le porte di Bombay e "L'ombra della montagna" le chiude lasciando intatto l'incantesimo dell'inizio.
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Recensione Utenti
Opinioni inserite: 5
REPETITA (NON) IUVANT
Era proprio necessario? MI son posto questa domanda alla fine di questo romanzo. Ci ritroviamo nei soliti luoghi con personaggi diversi e alcuni amici ritrovati ma nulla è più rimasto della stessa forza secondo me. Il primo lo trovo un bel libro avvincente, con le sue pecche è vero ma molto bello, questo non mi sa né di carne né di pesce. Io in realtà neanche volevo leggerlo ma visto che me lo avevano regalato, pur con basse aspettative ho iniziato la lettura. Non ho faticato a leggerlo perché la scrittura è veloce come e sempre ma manca l’anima. E’ lo stessa storia mischiata con “colpi di scena” piatti e con la stessa caratteristica del primo libro, il super uomo, che alla lunga annoia e disturba. Il primo libro l’ho rivalutato nel tempo e ridimensionato ma rimane pur sempre un ottimo libro. Da quello che so lui ne vuole scrivere altri sulla stessa linea, una sorta di saga più o meno e se rimarrà su questa linea non penso di leggerne più di suoi. Non lo consiglio non perché sia noioso ma proprio perchè se avete letto il primo libro rimanete con quello e non rovinatevi la bocca con questo, non ne avete bisogno, poi son gusti. Son convinto che questo autore possa dare di più perché non ha una cattiva scrittura, anzi. Se continuerà su questa linea secondo me perderà lettori e perderà la magia che aveva contraddistinto la sua storia, la sua vita e la sua penna. Poi chissà alla fine non tutti siamo portati per scrivere altro e il suo limite sarà questo, io questo non lo so. Mi dispiace e spero che in futuro sfrutti la sa naturale abilità nella scrittura fluente in qualcosa di più impegnativo e significativo; credo che lui abbia la capacità di rendere cose un po’ ostiche pesanti (dove si scade spesso nella noia) in maniera leggera e ritengo che questa sia una abilità da grande scrittore. Se prima c’era la magia della scoperta, una sottile linea che divideva le buone azioni dalla cattive azioni, qui tutto si è trasformato e ha preso una piega più dinamica e sicura di sé. E’ più un romanzo di azione che altro. Comunque ho visto che alla fine a molti è piaciuto e non fatico a capirne i motivi ma a me non ha convinto e ha solamente martellato sempre sullo stesso punto e piuttosto male.
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Parole sulle mani
E’ il seguito del più famoso Shantaram, ma ne ha perso decisamente lo smalto e l’appeal. Se nel primo libro infatti protagonista indiscussa era l’India, con tutte le sue contraddizioni, in questo libro ritroviamo alcuni personaggi che avevamo conosciuto, ma aumenta la confusione della trama e, soprattutto, perdiamo i contorni della storia che sembra essere a tratti un nostalgico revival, a tratti un romanzo d’azione americano, a tratti un romanzo mistico. Questo è un viaggio di cui restano alcuni scatti memorabili: la pelle color cannella, la gentilezza delle persone, soprattutto di quelle più umili, gli appunti presi sulla mano, quasi fosse una filigrana di parole, le amabili conversazioni, sul tutto e sul nulla, gli occhi color smeraldo. Però in queste pagine non ho più ritrovato né la magia né la crudezza. Ho chiuso il libro sentendomi addosso non la sensazione della verità, pur romanzata, che avevo percepito con Shantaram, ma la sensazione di un qualcosa di posticcio, come se fosse stato costruito appositamente per voler chiudere un cerchio. Che però era meglio conservasse il suo alone di mistero.
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Poco Shantaram....
Ho aspettato parecchio a dedicarmi al seguito di un libro splendido quale è stato Shantaram, volevo gustarmelo per bene , in questi casi ci sono aspettative troppo alte.
Ritroviamo molti dei personaggi che hanno dato vita al primo racconto, il protagonista Lin che a dire il vero in questo seguito mi sembra poco "Shantaram" (Uomo della pace di Dio) , più disilluso , più duro , meno angosciato dai propri conflitti interiori , si comporta da gangster con un suo codice morale ma è più ...nella parte e forse una delle cose belle di Shantaram stava proprio nella lotta interiore del protagonista, nel suo cercare il bene camminando sul sentiero del male. Ora Lin ha dipanato la matassa sul suo cuore e trovato il suo posto nel mondo, ha deciso che non farà più il gangster . Affrontiamo questo percorso di liberazione ma non più di redenzione insieme al protagonista e alla donna che ama , Karla, non più femme fatale dura, misteriosa e manipolatrice, anche lei in transizione verso un "io" più da moglie premurosa. Gli avvenimenti del racconto sono meno coinvolgenti del primo libro e se è molto autobiografico come sostiene l'autore non è una colpa, certamente manca la meraviglia della scoperta di fronte ad un paese pieno di fascino e contraddizioni come l'India e il suo popolo che mi aveva colpito nel primo racconto, i personaggi che già conoscevamo in gran parte si muovono verso una ricerca di normalità , chi rimane ancorato al suo modo di vivere o soccombe o sembra fuori posto .
In un racconto che rimane comunque piuttosto lungo il lettore è confortato dalla penna dell'autore che non ha perso la scorrevolezza narrativa e la capacità di coinvolgere e di affascinare costruendo attimi di poesia anche in semplici descrizioni di situazioni quotidiane, potremmo passare le ore a segnarci i pensieri che vale la pena di ricordare.
La sensazione che ho avuto, ma potrebbe anche dipendere da me e dai diversi periodi in cui ho letto i due libri, è che in Shantaram ogni riga venisse da un profondo turbamento dell'anima , nell'Ombra della Montagna spesso mi sembrava di leggere un normalissimo racconto di avventura narrato agli amici in spiaggia.
Mi è piaciuto anche se non si avvicina neanche alla lontana alla meraviglia di Shantaram.
Shantaram era poesia, questa per quanto buona ed elegante, è prosa....
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Shantaram 2? no grazie
l'atteso comeback di Gregory David Roberts, non si rivela, ahimè, all'altezza i "Shantaram", diciamolo subito. Personaggi vecchi e nuovi si incontrano in "L'ombra della montagna", nuovamente ambientato in India, e che vorrebbe essere il naturale proseguo del precedente romanzo dell'autore. Purtroppo la magia e il piacevole "effetto novità" del primo libro, qui vanno a scemare. Tra risse fra gang, vecchi e nuovi intrecci sentimentali, la storia prosegue in avanti in maniera abbastanza stanca e prevedibile, cercando palesemente di riprendere i temi socio-filosofici di "Shantaram", senza però eguagliarne la freschezza. Abbastanza pacchiano e forzato il dialogo filosofico tra il santone di turno e il protagonista (quindi il pensiero che l'autore vuole trasmettere al lettore), quasi a testimonianza di un preoccupante calo di contenuti e idee da parte dello scrittore australiano.
Lo stile pulito e piacevole di Roberts rendono sicuramente la lettura scorrevole e veloce ma, per chi come il sottoscritto era rimasto piacevolmente incantato da "Shantaram", a fine libro rimane un po' l'amaro in bocca. L'impressione è quella di trovarsi di fronte a un frettoloso seguito del precedente scritto (benché siano passati una decina d'anni), senza però apportare al tutto qualcosa di veramente significativo e nuovo, qualcosa che possa ancora sorprendere e incantare il lettore.
Consigliato comunque a chi volesse immergersi nuovamente nell'India roberstiana e conoscere a tutti i costi l'epilogo di alcuni dei personaggi più importanti che tanto ci hanno coinvolto e trasmesso in "Shantaram".
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- sì
- no
Un'altra storia
Shantaram è stato forse il miglior libro che ho letto l'anno scorso, sicuramente quello che più mi ha colpito. In quel primo romanzo è possibile vivere il percorso di Lin, dalla fuga al carcere, la guerra in Afghanistan, lo slum. Un vero percorso di vita. L'ombra della montagna è una gran bella storia ma è un'altra storia. E' il seguito in fin dei conti è propone una serie di momenti accattivanti ma che non aggiungono nulla di nuovo. Con questo non voglio dire che non mi sia piaciuto, ma a differenza del primo non mi ha lasciato tanto.
E' una storia d'amore, termine del quale l'autore abusa in senso buono. Amore per gli amici, per la propria compagna, per il cibo, per la musica e tanto altro. E' lo stesso Roberts a citarsi quando nel romanzo racconta dei suoi appunti sul romanzo sulla sua vita, che per un colpo di vento si mescolano, confondendo le storie d'amore e crimine, crimine e amore.
Adoro il suo stile romantico che ho ritrovato anche in questo romanzo. "Famiglia, casa: piccole parole che sorgono come atolli dai terremoti del cuore. Separazione, isolamento: piccole parole che inondano le valli di chi è solo". Anche questo romanzo comunque ha proseguito nell'insegnamento della filosofia indiana ed orientale in generale mediante discorsi filosofici e rituali tra i quali quella del braccialetto rakhi, che è il mio preferito.
Spesso questo stile ha lasciato spazio a troppe locuzioni e per citare lo stesso autore, Roberts potrebbe essere citato per eccesso di aforismi, che alla lunga stancano.
Il mio è un giudizio combattuto e forse sono ancora influenzato dal primo romanzo. Nonostante Shantaram fosse un po' più lunga, la lettura di è stata sicuramente più veloce ed apprezzata di quest'ultimo che non finiva più.