L'invenzione di Morel
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Visionario ma freddo.
L’invenzione di Moriel letta nell’edizione di SUR con la nuova traduzione della Lazzarato. Bellissima copertina come spesso accade con le edizioni di questa casa editrice (SUR).
Definito il libro perfetto da un’autorità come Borges, notoriamente amico fraterno di Casares, ha suscitato in me grosse aspettative e curiosità. Purtroppo devo affermare che sono rimasto deluso e alquanto insoddisfatto.
Il romanzo, o forse racconto lungo data la sua brevità, ha una trama sicuramente nuova e visionaria considerando l’epoca in cui è stato scritto; inoltre riesce a creare un immaginario vario e pieno di fantasia ma purtroppo, lascia ben poco al lettore in quanto a coinvolgimento nella storia o ad empatia verso i personaggi. Questi sono trattati tutti in maniera superficiale, senza scavare a fondo o senza nemmeno approcciare un profilo caratteriale di ognuno di essi; basti pensare alla figura del protagonista fuggiasco sul quale non si sa nulla se non del suo innamoramento e senza parlare dell’altro protagonista quello del titolo, Morel, a riguardo del quale sappiamo pochissimo e pochissimo ci verrà svelato. Probabilmente queste erano le intenzioni dell’autore, il quale in puro stile argentino, prendere alla larga un’idea per trasfigurarla in lettere e farle trovare la propria strada senza troppe costrizioni.
Non voglio raccontare molto altro altrimenti si rischia di svelare troppo la trama, dico solo che come libro in se non è il capolavoro di cui si legge in giro ma come idea e come riscontro nella finzione e nella realtà di 70 anni dopo ha avuto sicuramente successo.
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Claustrofobico
Il romanzo è ben scritto e ricorda vagamente il Giro di vite come tipologia di storia. Il racconto è fanta filosofico ambientato in un'isola sperduta con un museo, una piscina e un paesaggio bello ma ostile. Un posto pieno di vipere, dove pure la piscina è piena di vipere e uccelli morti. In mezzo a tutti questi segnali di morte nascono storie d'amore anche loro morte, cioè a senso unico. L'unico modo per imprigionare l'amata sembra essere catturarne l'immagine (grazie a un'invenzione) rinunciando alla realtà della persona. La cosa affascinate è la realtà dell'immagine, più reale del reale, che trattiene persino l'anima della persona sostituendo totalmente la realtà anche se in modo ossessivo e freddo. Il romanzo lascia appunto questo senso di gelo, di distanza, di impossibilità dei rapporti umani, di mancanza totale di calore e di comunicazione. Si ha l'impressione di essere di fronte a statue che si muovono e che avranno pure un'anima ma in realtà non pare, L'impressione è di una eterna prigione.