L'invenzione della vita
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Ossessioni
Che strana questa lettura. All’inizio ti dà la sensazione di freddezza, per come è scritto. C’è una ridondanza di aggettivi che sembrano uno sfoggio di conoscenze linguistiche, ma che rallentano la lettura e distanziano il lettore. Poi comprendi che è una caratteristica dello stile dell’autrice, un suo tratto peculiare che permette al lettore di addentrarsi sempre di più, vuoi con un termine vuoi con un altro, nei meandri della psicologia dei tre personaggi principali, Samir/Nina/Samuel. Lo stile fa da cassa di risonanza delle loro ossessioni ed è grazie soprattutto al modo con cui il libro è scritto che si crea questo legame simbiotico tra il lettore ed i personaggi. Piano piano li inquadri, uno ad uno ed insieme. La freddezza di Samir, la sua identità incrinata, il suo senso di possesso patologico, la sua menzogna, che non gli fa condividere niente con nessuno, né il buono né il cattivo e lo porta ad essere solo, perché interpreta sempre un ruolo e non può mai essere se stesso. Il delirio di Samuel che, con le sue nevrosi, cerca disperatamente di realizzare la cosa di cui ha più paura, per provare cosa? E a chi? L’ambiguità di Nina, che cede ai ricatti morali, che vive i ricatti sessuali, che sta bene in più ruoli ma che alla fine sceglie di stare al di fuori di tutti i suoi ruoli. Il centro del libro sono le ossessioni e la fissità sentimentale che il tempo, l’assenza, la lontananza non sono riusciti ad alterare in questo strano triangolo di amici. Difficile dire se c’è un personaggio migliore dell’altro. Difficile dire se qualcuno di loro alla fine della storia si riscatta. Certo è che è una splendida lettura. Anche dentro l’animo umano.