Narrativa straniera Romanzi L'infanzia di Gesù
 

L'infanzia di Gesù L'infanzia di Gesù

L'infanzia di Gesù

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Un uomo e un bambino sbarcano in una città misteriosa, parlano una lingua che non è la loro e non ricordano nulla delle vite precedenti. L'unica cosa che l'uomo sa è che deve prendersi cura di questo bambino eccezionale - capriccioso, dolce, capace di guardare la realtà con occhi scandalosamente nuovi - e aiutarlo a ricongiungersi con la madre. L'infanzia di Gesù è il libro più misterioso e affascinante del premio Nobel J. M. Coetzee. Eppure è anche il racconto più semplice di tutti: quello dell'amore di un «padre» per un «figlio» che ha la grandezza e la forza di ridefinire il mondo.



Recensione della Redazione QLibri

 
L'infanzia di Gesù 2013-12-30 15:16:24 JUNE
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JUNE Opinione inserita da JUNE    30 Dicembre, 2013
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No Time No Space another Race of Vibrations

Una copertina raffigurante un bambino con un mantello e il suo scudo fatto di occhiali da sole scintillanti,come un piccolo eroe in incognita.

Un passato rimosso per un futuro vergine.

..e giunse una nave,due persone con un presente riscrivibile e l'unico barlume del passato in una lettera perduta..

In un luogo indefinito,misterioso,incollocabile ed in un tempo altrettanto sfuggente approdano David,ragazzino perspicace ed un uomo, Simón , che si prenderà carico di proteggerlo,di accudirlo come un padre.
In questa nuova terra aleatoria chiamata Novilla,in cui entrambi arrivano disadorni del passato,privi di ricordi,storditi dalla spoliazione della conoscenza di ciò che il tempo ha creato in loro, cercheranno di adattarsi e di ricostruirsi una nuova identità nella ricerca della madre.

La cittadina si presenta come un vero e proprio porto di mare ma nel contempo come una società radicata in una razionalizzazione dei valori che la sostiene e con una struttura organizzativa a cui tutti partecipano in maniera quasi surreale,metodica,con un etica asettica e priva di istinti,di passioni e della fragilità umana che potrebbe metterla in discussione.

Anche se in teoria cominciano una nuova vita la sensazione che aleggia é che questa nuova vita sia un limbo momentaneo,una stazione che da tempo li aspettava ma nel contempo una tappa frugale
David si presenta come un bambino che con il suo acume metterà in discussione e scompiglierà chi gli é accanto e nel suo dispotismo,a tratti scalpitante,terrà le briglie di gran parte del racconto.

Navilla,forse, é un luogo dentro di noi dove il bisogno di chiederci chi siamo è forse la più grande spinta verso una vita più intensa,la forza motrice della nostra nave,il bisogno di non accettare passivamente la realtà imposta senza poter prendere il respiro errante che meritiamo
Nel suo porto,nel nostro embrione quel bambino indisciplinato,curioso,insaziabile che non vuole accettare regole,una creatura da accudire per il futuro,per la libertà di pensiero.

Lui con il dito in bocca e il vivace mantello diviene mago del nostro l'immaginario e l'eroe coraggioso a cui vorremo appellarci per destrutturare i nostri stessi schemi e volare verso una luce più autentica per noi stessi.

E visto che il nostro ribelle paladino ha imparato a leggere con il capolavoro di Miguel de Cervantes,a me piacerebbe leggere con lui e con voi questo passaggio..

“Anche oggi? – Chiese Sancho.
- Anche oggi. – Rispose Chisciotte.
Il vento spazzava le terre brulle, sembrava quasi che ululasse i loro nomi.
I mulini iniziarono a delinearsi all’orizzonte, Chisciotte si aggiustò il catino in testa. – E andiamo un’altra volta.
- Mi perdoni vossignoria.
- Sì, Sancho?
- Ecco, io sono ignorante e non conosco troppo le cose, ma mi chiedevo… Ecco… Insomma chi ce lo fa fare?
- Cosa?
- Tutto questo: ripetere eternamente tutti i giorni lo stesso giorno.
- Ma noi non ripetiamo tutti i giorni lo stesso giorno, ieri abbiamo ripetuto ieri, oggi ripetiamo oggi e domani ripeteremo domani, è questo che facciamo tutti i giorni.
- Quello che intendevo dire è che ieri abbiamo cavalcato fin qui, voi avete visto il mulino, avete urlato ‘Un gigante’, lo avete caricato e siete stato colpito dalla pala. E questo è successo anche l’altro ieri e il giorno ancora prima e sta per succedere anche ora, non negatelo.
- Ma quello non era ieri o ieri l’altro, era… Beh oggi, ma prima.
- E’ quello che dico io, continuiamo a rivivere sempre la stessa storia, mai un cambiamento.
- Noi non viviamo una storia, viviamo una vita."

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L'infanzia di Gesù 2021-05-03 09:15:06 topodibiblioteca
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topodibiblioteca Opinione inserita da topodibiblioteca    03 Mag, 2021
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La famiglia precaria

Primo capitolo della "Trilogia di Gesù" dello scrittore Premio Nobel per la Letteratura Coetzee, "L'infanzia di Gesù" è un testo che va assimilato e compreso lentamente. Il titolo già di per sé infatti può apparire fuorviante e spiazzare il lettore, che potrebbe attendersi eventi che in qualche modo abbiano a che fare con un bambino fuori dal comune, richiamando episodi evangelici. Ma in realtà David, il fanciullo protagonista che ha perso la madre (e che aiutato da Simon, l'adulto che gli fa da padrino e prende a cuore le sorti di questa giovane vita lo aiuta a ritrovare la sua (vera?) madre) non risulta essere un bambino poi tanto diverso dagli altri: ama giocare, a tratti è capriccioso e particolarmente curioso, riempie gli adulti di domande.

Eppure avanzando nella lettura ci si trova ad avere a che fare con un'opera profonda nella sua semplicità, pregna di simbolismo e di speculazioni filosofiche sulla vita, l'amore e le relazioni ("Così è la natura. Pensa agli amanti. Se gli amanti fossero stretti l'uno all'altro tutto il tempo non avrebbero bisogno di amarsi, sarebbero una cosa sola. Non avrebbero più niente da desiderare. E' per questo che la natura ha dei vuoti. Se tutto fosse stretto insieme, tutto nell'universo, allora non ci saresti tu, né io..."). Un libro che si pone domande sul senso dell'esistenza, sull'importanza di dare significato alla propria vita, sul valore del desiderio perché smettere di desiderare è un po' come morire ("La vita che vivo non mi basta. Vorrei che qualcuno, un salvatore, scendesse dal cielo e agitasse la sua bacchetta magica e dicesse: Ecco, leggi questo libro e troverai risposta a tutti i tuoi interrogativi").
Tra le pieghe di queste riflessioni la figura di David comincia a delinearsi, ad assumere contorni differenti, perchè sembra dotato di un'intelligenza viva e fuori dal comune, perchè si tratta di un bambino di cinque anni che impara a leggere attraverso un libro universale ma sicuramente non adatto per quell'età come il Don Chisciotte e perchè senza remore asserisce di "essere la verità". Un bambino che, assieme ad una madre trovata per caso da un padrino, Simon, che sentiva essere proprio quella la vera madre ("Sono arrivato in questo paese spoglio di tutto salvo che di un convinzione salda come una roccia: che avrei riconosciuto la madre del bambino non appena l'avessi vista"), forma una sorta di "precaria famiglia" che ricorda a modo proprio la Sacra Famiglia evangelica.

Perché "L'infanzia di Gesù" è al tempo stesso anche un libro estremamente attuale, che delinea una sorta di parallelismo con la nostra realtà, riportando al dramma dei migranti e di chi si sposta in cerca di stabilità e di condizioni di vita migliori: Simon, David, ma in generale tutti i personaggi del romanzo arrivano via mare in una terra considerata una sorta di "Eldorado". Non hanno ricordi della vita precedente, non sanno chi sono, seguono solamente un istinto primordiale che li conduce alla ricerca di una nuova quortidianità, giungendo in un "Centro di prima accoglienza" che si occupa del loro sostentamento in attesa che possano trovare un lavoro per mantenersi.
Chi vorrà cimentarsi nella lettura di questo primo capitolo della Trilogia si troverà di fronte ad un libro di facile lettura ma non per questo di facile interpretazione: come riportato in terza di copertina si tratta di un romanzo dalle mille interpretazioni, che suggerisce profondità non immediatamente accessibili e che meriterebbero nuovi approfondimenti con una rilettura futura.

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L'infanzia di Gesù 2017-06-12 12:39:36 C.U.B.
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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    12 Giugno, 2017
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Dacci oggi il nostro pane quotidiano

Un bambino ed un uomo.
Non sono padre e figlio, non sono legati da alcun vincolo di parentela. Ma l’uomo si deve prendere cura del piccolo, aiutarlo a trovare la madre in un paese diverso, con una lingua che non e’ la loro, dove iniziare una nuova vita.
Privi di tutto con l’unica certezza del loro legame, l’ambiente circostante e’ benevolo eppure confonde, stordisce nei meandri di vicoli ordinati e anonimi dalle sembianze kafkiane.
Soli in un rifugio di lamiera nel cortile di una perentoria ma cortese signora, si nutrono di pane ed acqua, mentre il calore dei loro corpi li protegge dalla fredda umidita’ della notte. Cosi’, il ragazzino venuto da chissa’ dove, trova nella terra d’approdo una madre che lo culla e protegge come un figlio vero. Non diviene una vera madre la donna che si comporta in quanto tale?
Bello l’inizio in cui si gioca su un contenuto poco chiaro e curioso, le prime basi sono di una trama che si appresta ad essere tutta da interpretare, piu’ che da scoprire. Gli spunti di riflessione sono molti ed il titolo e’ complice nell’acuire nel lettore l’identificazione di appigli spirituali, quasi si trattasse dell’avvento di un nuovo Messia. Poi pero’ la scrittura si appesantisce concentrandosi sulla personalita’ del piccolo David. L’incalzare delle sue continue ed insaziabili domande, il carattere testardo e l’indole ostentatamente capricciosa lo hanno reso ai miei occhi un soggetto a tratti pruriginoso, compromettendo il buon esito della lettura.
Piacevole la penna scorre velocemente, almeno fino a quando il bambino non oscura anche quella mentre le pagine si appesantiscono e la sensazione e’ che il carisma dell’opera stia scivolando inesorabilmente nel vuoto.
Non e’ un testo complesso ma e’ un testo complicato, il cui arrivo a destinazione non e’ scontato. Certamente ho letto opere migliori dell’autore, buona lettura.

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L'infanzia di Gesù 2014-01-02 18:03:50 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    02 Gennaio, 2014
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L'infanzia di Gesù di J.M.Coetzee

L’infanzia di Gesù, l’ultimo romanzo di J.M.Coetzee (premio Nobel 2003), è un testo enigmatico e ambiguo che offre diversi piani di lettura.
La vicenda, nella sua apparente semplicità, contiene quesiti filosofici e esistenziali ai quali è difficile dare risposte.
Simon e David, un uomo e un bambino, giungono a Novilla, un luogo non ben identificato, di cui si sa solo che i suoi abitanti, tutti profughi provenienti da una vita di cui non conservano memoria, parlano la lingua spagnola, unico elemento che li unisce e li lega. Simon assume su di sé la responsabilità del bambino che promette di proteggere fino al momento in cui non potrà riaffidarlo alla madre, che, ne è sicuro, egli riconoscerà, pur non avendola mai vista. Per mantenere il bambino, Simon si adatta a lavorare come scaricatore di granaglie al porto, cerca un alloggio, si procura pane e acqua che sembrano essere il cibo fondamentale del luogo. La vita non sembra particolarmente eccitante a Novilla, dove ogni passione e ogni pulsione sembra essere repressa e ignorata. Sarà l’incontro con Inès a convincere Simon di aver finalmente trovato la madre di David: a lei consegnerà il bambino, che inizia così una nuova vita, sviluppando da un lato alcune doti di intelligenza e dall’altro un’arroganza a tratti insopportabile. Il carattere difficile di David lo porta a essere discriminato nell’ambiente scolastico, fino a essere destinato a una scuola di correzione alla quale però Inès e Simon si rifiutano di mandarlo.
Dunque se Novilla può apparire come un luogo ideale, una sorta di isola di Utopia, d’altra parte per certi limiti, quali l’esaltazione della mediocrità, la repressione di ogni istinto e passione, la riduzione di ogni individuo all’anonimato trasformano l’utopia in distopia e sottintendono una malcelata critica a un tipo di società in cui non è presente neanche una fede o un credo religioso.
Se questo è certamente un piano di lettura, un altro non meno interessante può essere quello che riguarda il nucleo familiare che si è creato a Novilla, dove Inès il cui nome significa castità, purezza, è la madre designata, David, che con arroganza e senza amore per il prossimo dichiara :“Io sono la verità”, è il figlio e Simon, colui che si assume ogni responsabilità, è il padre putativo. In questa prospettiva alcuni dei più profondi conoscitori dell’opera complessiva di Coetzee hanno sostenuto che l’autore abbia voluto rappresentare la delusione messianica tra coloro i quali non hanno altro a cui aggrapparsi: “it’s also possible that Coetzee is gently parodying messianic delusions among people who have nothing else to sustain them.” (Joyce Carol Oates – The New York Times – Sunday Book Review – August 29, 2013).
Non meno interessante potrebbe essere vedere nell’intero racconto la parabola dei flussi migratori dei giorni d’oggi, con l’inevitabile rischio di perdita di identità fisica e culturale dell’individuo.
Con quest’opera, Coetzee lascia il lettore nel dubbio e nell’incertezza: ciò che è evidente è che “L’infanzia di Gesù” è un romanzo allegorico, la cui complessità, tuttavia, l’allontana dalla chiarezza di un Moby Dick di Melville o da un Animal Farm di Orwell. Qui tutto rimane sospeso, tutto risulta essere assurdo: non a caso i critici sottolineano quanto tutta la produzione letteraria di Coetzee abbia risentito dell’influenza di Kafka e del teatro di Beckett.

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il teatro di Beckett
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