L'ibisco viola
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Quando leggete un bel libro, fateci caso
Quando qualche anno fa mi approcciai per la prima volta a Chimamanda Ngozi Adichie per leggere "Metà di un sole giallo" con il mio club del libro non mi presi la briga di imparare a pronunciare il suo nome. Negli ultimi tempi, tuttavia, questa fantastica scrittrice ha conosciuto le luci della ribalta quando il suo saggio "Dovremmo essere tutti femministi" è diventato manifesto della forma più moderna del movimento. Tutti la citano e questo, per fortuna, ci ha permesso di imparare la pronuncia corretta del suo nome. Non so perché ho fatto questa premessa, inutile ai fini della recensione, ma di cui sentivo il bisogno.
Tornando al libro, o meglio, iniziando a parlare del libro, senza svelare troppo della trama mi sento in dovere di sottolineare una cosa: è sorprendente come una scrittrice venticinquenne all'esordio possa costruire una storia così potente, una bomba che arriva dritta al cuore.
In poco più di duecento pagine Adichie tocca tutti i temi tipici del romanzo di formazione, senza però scrivere un romanzo di formazione. Kambili è un'adolescente che tenta di districarsi tra la curiosità tipica della sua età e l'educazione repressiva ricevuta dal padre. Quest'ultimo forse è il personaggio più sfaccettato di tutto il libro: all'esterno si presenta come una figura integerrima, un imprenditore filantropo per la sua comunità, ma in realtà all'interno delle mura domestiche altro non è che un fanatico religioso violento e crudele.
Il vero colpo di genio, a mio avviso, è però l'evento che condurrà Kambili sulla strada dell'emancipazione dal padre padrone: sarà un terribile colpo di Stato a portare lei ed il fratello a vivere con la zia Ifeoma, dove conosceranno davvero il calore di una famiglia allegra e gioiosa, seppure non ricca come la loro e dove, lontani dal fanatismo religioso paterno, potranno riscoprire le origini pagane le tradizioni e la cultura del loro popolo.
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L'amore vero ti rende libero
Il romanzo è molto bello e ci a entrare nella vita di una famiglia nigeriana agiata, padre imprenditore nonché responsabile dell'unico giornale che si permette di dire la verità in un paese dove i colpi di stato sono all'ordine del giorno e chi dice la verità rischia la vita. In effetti il racconto si svolge in un momento politico in cui l'ennesimo dittatore ha preso il potere e nessuno osa alzare la voce contro di lui a parte Eugene. Eugene oltre che ricchissimo è anche cattolico. L'educazione cattolica impartita dai missionari è qualcosa di simile alla presenza dell'uomo bianco in Nigeria. Qualcosa che non porta pace e amore e nemmeno libertà, tutt'altro. A questo punto viene da chiedersi se c'è qualcosa di sottinteso nel romanzo. Come mai in un paese dove tanti sembrano morire di fame e non avere l'essenziale, un uomo possa arricchirsi vendendo biscotti e pessime bibite. Se dietro al giornale locale e alla sua voce così libera non ci sia lo zampino dell'uomo bianco. Da dove venga a Eugene il suo coraggio e se si sente in parte le spalle protette. Eugene è come figura contrapposto a padre Amadi, prete nero che va a riportare la religione cristiana in Europa. Il suo cristianesimo è molto più colorito e vivo, rinfrescato dalla promiscuità con la religione africana pagana, i suoi canti e la sua umanità. Padre Amadi è in grado di comunicare calore umano e amore, non solo regole rigide e castranti. La figura del padre padrone è molto ben costruita, accostata alla moglie fedele fino in fondo o quasi. La cosa del libro che mi ha un pochino deluso è il finale, secondo me poco coerente con la psicologia di tutti i personaggi. E' stato molto interessante sedersi alla tavola nigeriana assaggiando il cibo locale.
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Una gabbia dorata
Quando nasci in una gabbia dorata e non ha mai visto altro, la tua vita scorre e anche se a volte alcune domande ti si formano nella testa, vengono subito scacciate perché sei abituato a quelle sbarre e te le fai andare bene. Può succedere però che un giorno, quasi con noncuranza quella gabbia venga aperta e crei un piccolo spiraglio e se prima non avevi mai sentito il bisogno di “stiracchiarti” un po', adesso vedi che tutti quelli intorno a te non hanno sbarre. La loro vita non sarà piena d'oro ma sono altre le cose che inizi a notare. Pensi a tutti quegli anni in quelle sbarre e ti chiedi se la tua vita potrà tornare quella di prima, se riuscirai ancora a sopportare quel freddo metallo anche se dorato.
“L'ibisco Viola” di Chimamanda Ngozi Adiche è un libro potente, ambientato in Nigeria.
“Certe persone, ha scritto una volta, pensano che noi non possiamo autogovernarci perché le rare volte che ci abbiamo provato abbiamo fallito, come se tutti quelli che oggi si autogovernano ci fossero riusciti la prima volta. È come dire a un bambino gattoni che cerca di alzarsi per camminare, ma poi ricade sul sedere, di restare fermo dov'è. Come se gli adulti che camminano accanto a lui non avessero tutti gattonato, una volta”.
La storia viene raccontata dalla giovane Kambili, una ragazzina di quindici anni nata in una famiglia ricca. In casa con lei vivono anche il fratello maggiore Jaja, la madre e Papà.
Papà è un uomo stimato ed amato dalla comunità, ma le sue regole sono dure da seguire per i componenti della sua famiglia.
“La sorella di Papà, zia Ifeoma, una volta aveva detto che Papà era un vero prodotto del colonialismo. Lo aveva detto con tono dolce, indulgente, come se non fosse colpa sua, come si parla di qualcuno che urla delle sciocchezze perché ha un forte attacco di malaria”.
Con le giuste parole l'autrice narra le vicende di Kambili e di come la sua vita verrà sconvolta da un incontro. Una Kambili che cresce all'interno del libro soprattutto quando si rende conto che la sua vita non potrà più essere quella di prima.
“Conoscevo bene la paura, eppure ogni volta che la provavo non era mai uguale alle altre, come se arrivasse sempre con un sapore e un colore diverso”.
Un romanzo intenso, difficile da dimenticare, che quando arrivi all'ultima parola non ti abbandona ma resta con te. Una storia forte, dura da digerire e che fa riflettere.
L'autrice racconta la storia del suo paese, la sua cultura e le sue contraddizioni. Crea un personaggio come Zia Ifeoma che incarna il vero spirito africano.
Chimamanda Adichie mi aveva già conquistato con il saggio “Dovremmo essere tutti femministi”, con questo romanzo, che tra l'altro è stato il suo esordio, diventa una delle mie autrici preferite.
Lo consiglio a tutti, va letto.
Buona lettura!!!
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L'ibisco viola
L'ibisco viola è uno di quei libri che portano con sé un messaggio tangibile.
La vita di Kambili non è facile.
La sua giornata è scandita da orari rigidi e inflessibili che lei e suo fratello Jaja osano trasgredire solo per brevi istanti, solo per parlare tra di loro o per comunicare con quel loro linguaggio segreto fatto di sguardi.
Kambili conosce solo la paura.
La paura di essere punita per il mancato primo posto a scuola, per aver fatto aspettare l'autista anche solo un minuto o a volte solo per aver taciuto o parlato. Le punizioni per la "trasgressione" sarebbero state terribili, inflitte da quello stesso padre per il quale nutre un amore quasi ossessivo.
Kambili e Jaja conoscono solo questo.
Ma un giorno vanno a soggiornare per un breve periodo con la zia Ifeoma e la loro vita cambia-
Un libro altamente complesso che rispecchia chiaramente le ripercussioni fisiche e psicologiche di un padre violento e contraddittorio.
L'ibisco viola è anche un libro con riflessioni sulla religione, su come essa possa diventare negativa se portata all'eccesso.
Ho amato anche l'ambientazione. Le trasformazioni civili e politiche del post-colonialismo in Nigeria non sono un mero sfondo alle vicende raccontate, ma un altro protagonista con una storia tutta sua da raccontare e che si intreccia inevitabilmente con quella dei protagonisti.
Un libro ricco e intenso. Da leggere.