L'hammam
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"Il diavolo è un uomo come gli altri.”
Dopo aver letto negli ultimi anni diversi suoi lavori (alcuni dei quali anche in lingua francese), è sempre piacevole tornare a Tahar Ben Jelloun, la cui scrittura ha per me qualcosa di indefinibilmente affascinante e “familiare”. Pubblicato una ventina d'anni fa, il racconto in questione, per quanto breve, offre una prosa molto scorrevole e coinvolgente che trascina il lettore di nuovo in quel Marocco così caro all'autore, immancabile terra di memorie, affetti, tradizioni che la vita in Europa non riesce a oscurare, tanto da essere sempre, in un modo o nell'altro, al centro delle sue innumerevoli narrazioni.
Per il protagonista di queste pagine, un musicista maghrebino di successo residente ormai da tempo a Parigi, la terra natia ricompare all'improvviso all'orizzonte di un'esistenza che si scopre d'un tratto fragile e in balia della maldicenza e cattiveria altrui.
"Nella nostra buona società ci si lascia sempre più andare alla maldicenza. In tal modo è facile mascherare le proprie incapacità. La gente si annoia e passa il tempo a giudicare gli altri, innalzando forche e diffondendo pettegolezzi."
Soltanto attraverso il recupero delle proprie radici e delle sane abitudini di una volta, come quella di frequentare l'hammam (elemento fondamentale dell'urbanistica arabo-islamica) dove ci si dedica alla pulizia e al benessere del corpo, l'uomo riuscirà a venire a capo di una strana malattia della pelle che, nonostante i continui lavaggi, lo tormenta facendogli continuamente sentire un odore insopportabile. L'antica medina di Fes con i suoi vicoli labirintici (e chi ha avuto occasione di visitarla almeno una volta la riconoscerà senza alcun dubbio) e soprattutto il vecchio hammam frequentato negli anni della giovinezza, per non parlare di alcuni personaggi caratteristici che ancora animano quei luoghi, primo fra tutti l'anziano massaggiatore Bilal detto “il filosofo”, impreziosiscono una trama in apparenza semplice, ma in realtà densa di significati.
Un gran bel racconto che parla di false amicizie, dell'invidia e del male che da esse possono scaturire, nonché dell'importanza di saper dimenticare e procedere oltre. Presto o tardi, come mostra l'epilogo di questa curiosa vicenda narrata con inconfondibile maestria, la resa dei conti arriva e la vita ritrova così i suoi equilibri, a condizione che si sappia voltare pagina fino in fondo.
“Come lottare contro le carogne? [...] Il loro scopo è demolirti. Non importano le ragioni. Ma non fare il loro gioco. È meglio che ti vedano vivo, non intaccato dalle loro porcherie, anziché rassegnato, abbattuto e finito. La tua esistenza, il tuo talento, il tuo successo li disturbano. E allora tu disturbali con più grinta, con genio!"