L'enigma del solitario
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Un matto diverso da tutti gli altri
Una storia nella storia, un racconto fantastico che si dirama intorno a tanti elementi che nascondono un significato profondo spingendoci ad interrogarci sul significato della vita, immaginata come un grande gioco di carte, un solitario, in cui ognuno di noi svolge un suo ruolo assegnatogli dallo stesso gioco.
Solo il Jolly, che rappresenta il filosofo attraverso le domande che riesce a porsi può stravolgere le regole del gioco.
Padre e figlio partono dalla Norvegia per un viaggio alla ricerca della moglie/madre che li ha abbandonati per andare alla ricerca di se stessa.
Questo viaggio li porterà fino ad Atene, la culla della civiltà, in compagnia di un panino con all'interno un libricino e una piccola lente, dei nani , delle carte da gioco e tanti interrogativi.
Chi siamo? Da dove veniamo?
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Un po' nani, un po' Jolly
Il romanzo narra la storia di un bambino, Tom Hans, in viaggio verso Atene alla ricerca della madre fuggita otto anni prima per ritrovare se stessa, ad accompagnarlo è il padre, da lui chiamato “pater”, che funge da guida del viaggio e non solo, offre infatti all’autore l’opportunità, attraverso le innumerevoli pause-sigarette, di mostrare il suo pensiero e le sue riflessioni sul mondo. “Chi siamo? Da dove veniamo?” Sono sempre queste le domande cardine intorno alle quali ruotano i romanzi di Gaarder. Non a caso è scelto come protagonista un bambino, la sua mente è libera da ogni pregiudizio, è ancora in grado di meravigliarsi di fronte allo spettacolo di un panorama e di lasciarsi affascinare da un libricino trovato dentro un panino regalatogli da un panettiere lungo la strada e ancora di sorprendersi all’incontro casuale di un nano nei posti più disparati d’Europa.
L’enigma del solitario è però anche la storia (nella storia…… gioco caro a Gaarder questo delle scatole cinesi) di un marinaio che fa naufragio su un’isola magica abitata da strani animali a sei zampe e da piccoli esseri viventi, ognuno munito di un piccolo numero e di un seme delle carte da gioco. Ci sono i fiori, i cuori, i quadri e le picche, e ancora i re, i fanti e le regine. Da dove sono spuntate queste carte da gioco? C’è qualcuno in grado di rispondere a questa domanda? Ma soprattutto in grado di porsi questa domanda? Si, se dal mazzo di carte sbuca un jolly, figura chiave del libro. “Un jolly è un giullare, un piccolo essere diverso da tutti gli altri. Non è di fiori nè di quadri; non è di cuori nè di picche. Non è nè un otto nè un nove, non è nè un re e neppure un fante. Fa parte del mazzo come tutte le altre carte, ma in realtà è un corpo estraneo”.
Ognuno di noi svolge il proprio ruolo inconsapevolmente: come le carte di un mazzo, ognuno ha la propria maschera e il proprio valore non conquistato ma assegnato dal gioco stesso ed ognuno perso nel gioco dimentica di pensare e continua a lasciarsi vivere. Unico outsider il jolly, il pensante, colui che pone quesiti, l'inaspettato: lui non ha maschere, non ha un valore disegnato addosso, non ha un ruolo. Il jolly rappresenta l’uomo-filosofo (un po’ come il pater), colui che non si accontenta di essere al mondo, ma vuole scoprire il mistero, risolvere l’enigma del grande solitario a cui stiamo giocando.
Dunque un romanzo semplice in grado però di proporci domande a cui non sempre pensiamo, intontiti come i nani dalla gazzosa purpurea, una bevanda magica che li riempie di sensazioni ma spegne il loro intelletto, perché spesso anche noi preferiamo bere la nostra gazzosa purpurea e ci lasciamo andare all’abitudine, alla quotidianità, a ciò che fanno gli altri…. Ma se dal mazzo di carte sbucasse un jolly e mettesse in discussione il gran solitario che è la nostra vita, come reagiremmo? E se in ciascuno di noi ci fosse un pezzetto di jolly, pronto a sbucare quando meno ce l’aspettiamo?
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E tu che carta sei?
Jostein Gaarder, l’autore de “Il mondo di Sofia”, in questo romanzo affronta senza esitazioni “L'enigma del solitario” e lo fa con il sistema a lui più congeniale: quello della filosofia romanzata.
Il metodo è, ancora una volta, quello della metanarrazione: la storia dentro alla storia. Con un simbolismo talvolta esplicito, talaltra più aggrovigliato ed ermetico.
Hans Thomas è un dodicenne alla ricerca di … tutto! E’ alla ricerca della propria identità, della propria storia, dei propri genitori. Sebbene infatti compia un viaggio per rintracciare la madre Anita (che, letta al contrario e non a caso, è Atina!) in compagnia del padre (il pater, così lo chiama sempre), anche il genitore presente e compagno di viaggio è un’entità tutta da conoscere nel percorso verso la coscienza esistenziale e storica.
La madre è un’idea che sovrasta e si materializza soltanto alla fine. Anita, otto anni prima, ha abbandonato la famiglia per cercare se stessa – anche lei! Tutti alla ricerca! – ed è finita ad Atene: la città simbolo della cultura e della filosofia occidentale ("La differenza tra Socrate e tutti gli altri era che questi ultimi, pur non sapendo più di Socrate, erano soddisfatti di quel poco che sapevano. E chi si accontenta di ciò che sa non potrà mai essere un filosofo.")
Il romanzo scorre con le tappe del viaggio, durante il quale un panettiere fornisce a Hans gli strumenti per penetrare una storia surreale: quella di un uomo approdato in un luogo indefinito e improbabile, abitato da un altro naufrago dalla fervida immaginazione; quella di un'isola dove vivono cinquantadue nani (come le cinquantadue carte di un mazzo!) suddivisi in gruppi come i “semi” delle carte da gioco.
Hans così comprende che, per non essere schiacciato dal destino, deve trasformarsi in jolly: la carta più versatile, polivalente e creativa in assoluto. L’unica carta che non ha un ruolo assegnato, l’unica carta in grado di ribellarsi alle regole del gioco ("In qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, potrebbe spuntare un minuscolo giullare coperto di campanelli. E allora, guardandoci dritto negli occhi ci ripeterà le domande: Chi siamo noi? Da dove veniamo? ").
Tramite la sceneggiata delle carte, l'autore rappresenta la vita come un enigmatico solitario orchestrato da un "illusionista che si fa beffe degli altri".
Inevitabile, per il lettore, chiedersi: ma io che carta sono nella mia vita?
Il mitomane si sentirà un asso pigliatutto, il vittimista penserà di essere il due di picche, l’ambizioso – come diceva una vecchia canzone – interpreterà il re di denari, il sentimentale reciterà il ruolo del fante di cuori, l’artista sarà la matta, l’innamorata sarà la donna di fiori o di cuori, a seconda delle preferenze, l’intruso sarà “la peppa tencia” (la famigerata donna di picche). L’importante sarà anche conservare qualche briscola. E magari non giocare con il morto. E non bluffare, come si fa nel poker. O peggio ancora, non barare: con se stessi, con gli altri.
Sarà altrettanto importante capire se si sta giocando a rubamazzetto, a una noiosa partita di bridge, a un triste solitario o alla briscola chiamata, magari con il morto (ancora lui!).
Si capisce che la simbologia delle carte m’intriga?
E voi, amici miei, che carta siete?
Bruno Elpis
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Un mazzo di carte ed un'umanità' da svegliare.
Hans Thomas è il protagonista del romanzo di Jostein Gaarder, che, come già aveva dimostrato ne "Il Mondo di Sofia" è abilissimo ad arricchire le proprie opere con preziose delizie filosofiche. Hans è un bambino in viaggio con il padre - un filosofo mancato, con il vizio di alzare il gomito - alla ricerca della madre fuggita ad Atene per ritrovare sè stessa. Ma "L'enigma del solitario" è anche la storia di un naufrago in un'isola che non è esattamente come quella di Robinson Crusoe. Piuttosto è popolata da tanti nani quanto sono le carte da gioco, che si dividono i compiti in base al propria natura di picche, fiori, quadri e cuori. Ma l'isola nasconde un mistero, che sarà proprio il piccolo Hans a dover svelare. Le due vicende infatti si intrecciano e si rincorrono fino a quando Hans non comprenderà che le avventure dell'isola sono strettamente legate alla proprie.
I nani però non sono personaggi assennati, anzi a causa di una bevanda che stimola tutti i sensi hanno perso la capacità di ragionare. Dietro a queste figure prese in prestito dalle leggende popolari si nasconde l'intera umanità, talmente abituata alla realtà che finisce per ignorarla e darla per scontato. Ma fra questi c'è un jolly, un folletto solitario, l'unico a porsi quesiti su ciò che lo circonda. E anche il piccolo Hans è un jolly, che vaga sullo sfondo di un' Atene suggestiva e stimolante. Ed a Atene l'autore fa rivivere attraverso la bocca dei protagonisti anche il dramma di Socrate, l'unico jolly del proprio tempo, e quello di Edipo, vittima del tiro mancino del destino.
Jostein Gaarder non è mai eccessivo o ridondante, ma piuttosto utilizza uno stile colloquiale e semplice. Sa dosare la giusta profondità negli occhi del protagonista che si ritrova di fronte ad una storia fuori dalle righe, ma perfetta in ogni dettaglio e ad un padre che ama filosofeggiare. L'unica pecca è la poca chiarezza tra i diversi interlocutori che nella prima parte del libro si alternano a prendere la parola fino ad arrivare al protagonista del naufragio. Nonostante questa piccola imperfezione (assolutamente perdonabile) risulta comunque godibile e consigliabile a chi ama le storie semplici ma al tempo stesso ricche di significato.