L'assassinio del Commendatore. Libro primo. Idee che affiorano
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Gli scheletri nell'armadio
Qualsiasi cosa si cerchi di insabbiare, prima o poi essa tornerà a presentarsi nella nostra vita, che sia sottoforma di metafora o di doppia metafora.
Gli scheletri, che chiudiamo nell'armadio ogni sera prima di dormire, prima o poi usciranno per venire a svegliarci.
Ed è proprio quello che succede in questo avvincente romanzo di Murakami: un quadro incartato in soffitta, il tintinnio di una campanella e una strana buca sotterranea saranno le chiavi per aprire il mondo dell'inconscio. Un mondo che il protagonista credeva di essersi lasciato alle spalle e che invece franerà potentemente bloccandogli la strada e travolgendo lui e le persone che lo circondano.
Ancora una volta Murakami riesce a descrivere perfettamente l'interiorità dei suoi personaggi, spogliandoli a nudo e mettendo in evidenza le loro crepe interiori, che minacciano di distruggere tutto.
Sarà infatti un semplice pittore, protagonista della storia, a dover scappare continuamente dalle sue ombre del passato, cercando rifugio nell'arte e nella pittura ,che però si trasformeranno nei migliori specchi della sua anima. Riuscirà a convivere con le idee?
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La fine del mondo e il paese delle meraviglie
Non il miglior Murakami
Ha trentasei anni il protagonista di quest’ultima storia di Murakami Haruki, ha con sé una borsa con qualche vestito, delle matite per disegnare, il dolore di una moglie che lo ha tradito e lasciato dopo sei anni di matrimonio e un lavoro come ritrattista su commissione che svolge con la convinzione più assoluta di non esser altro che un fallito.
Hokkaido, paesini, pescatori e poi una sistemazione in quella casa sperduta nel nulla che un tempo ospitava un suo simile, un pittore colpito da una grave malattia. Nove mesi, i più duri e difficili della sua vita in quello che non è stato altro che un periodo travagliato e dal retrogusto amaro, nove mesi, quelli che sono appena trascorsi che adesso può rivivere e rianalizzare nel suo nuovo rifugio.
Una narrazione lenta e con pochi colpi di scena è quella che ha principio, una narrazione dove il vero viaggio è mentale e dove il ricordo è riesumato dal ricordo, dal tempo ormai inevitabilmente trascorso e che non può più tornare e dalla riscoperta di un sé sconosciuto, di un senso della vita perduto e di un inaspettato talento per ritrarre. Il tutto in un perenne senso claustrofobico e nella totale assenza di sconvolgimenti tali da “movimentare” il proseguo del testo e in una costante presenza di smarrimento e di solitudine radicata e imprescindibile dove ciascun personaggio delineato è disilluso, affranto, sfiduciato dal fato, dagli eventi, dall’io suo più intimo. Il risultato è quello di un romanzo soltanto apparentemente lineare e dove ogni passo è tratteggiato dal caos della mente, dal suo frastuono, dalla sua vacuità.
L’impressione durante la lettura è quella di trovarsi innanzi ad un testo incompiuto che necessita per sua natura del suo secondo capitolo ma che eppure spinge il lettore a chiedersi a più riprese dove voglia arrivare lo scrittore, quale sia effettivamente il senso di tutto ciò. Non condivisibile è la scelta di suddividere il testo in due volumi proprio perché l’uno è imprescindibile all’altro.
Il leggere mi ha ricordato i tempi dei miei esami universitari e in particolar modo degli studi di procedura penale, insegnamento in cui il docente sempre consigliava di non suddividere la stessa materia in due parti (e conseguenti esami) tra loro separate perché ciascuna è funzionale e complementare all’altra. L’una non può esistere senza l’altra. Potrà sembrare fuori luogo come esempio, ma la sensazione provata e rievocata è proprio questa, ovvero quella di aver voluto dividere un qualcosa di indivisibile per suo naturale essere.
Al lettore non resta altro che incompletezza e di disordine tanto che se da un lato è invogliato ad andare avanti e leggere il seguito, dall’altro ne è scoraggiato perché quello che si trova innanzi è un Murakami conosciuto e al contempo sconosciuto, al di sotto del suo ordinario rendimento e quindi carente.
Indicazioni utili
- sì
- no
Caos e dissolvenza
Sospeso in una attesa protratta sconfinante nel sogno un pittore ritrattista ricorda i nove mesi più travagliati della sua vita, un periodo intenso, unico, anomalo.
Un matrimonio naufragato dopo sei anni, l’ inizio di un viaggio senza meta nel nord del Giappone, con se’ pochi risparmi ed il proprio talento, una casa in mezzo al nulla, ex culla artistica di un vecchio pittore colpito da una malattia invalidante, ora rifugio sicuro in attesa di altro.
Il protagonista si consegna ad una vita di totale immobilità e ad un altro viaggio, in prevalenza mentale, riesumando lontani ricordi, riafferrando momenti privati sprofondati nella memoria, allontanando la parte immaginaria di se’ che non ha scelto.
Alcuni avvenimenti accenderanno e sospenderanno la narrazione, il ritrovamento di un quadro abbandonato, un eccentrico e fascinoso vicino di casa a cui fare un ritratto, un ripetuto scampanellio notturno, una voce ed un’ idea fattesi carne.
Oltre il mistero ossessioni e ricordi, la morte della amata sorella, un senso claustrofobico onnipresente, una amante sposata, i corsi di pittura, quel ritrarre senza oggetto, semplice trasferimento di impressioni richiamate dalla percezione personale.
Scoprirà una inaspettata incapacità di ritrarre, sopraffatto da una crisi di identità, quale lo scopo, il senso della vita e della propria storia o forse lui stesso è cambiato, un ex ragazzo ancora innamorato, lacerato dal rimpianto di ciò che ha perso e non è più suo.
Ecco un sottile confine percettivo, e se tutto fosse solo un sogno, breve e fugace, come il mondo in cui vive? Per capirlo avrebbe bisogno di tempo, quel tempo che dovrebbe essergli amico.
Questo l’ universo di Murakami, addolcito da una trama-thriller con toni piuttosto edulcorati, e la solita sospensione tra essenza ed immaginario, sogno e realtà, alla ricerca di una identità, un percorso a ritroso che sonda le fondamenta dell’ essere, bene e male, amore e morte, arte e vita.
Piani sovrapposti e sovrapponibili, figure solitarie incastrate in una circolarità di fondo, smarrimento, sensazioni ed emozioni che nascono da spiritualità, caos e materia.
Una ricerca frammentaria in un viaggio di solitudini uniche e poco condivise, protagonisti disillusi ed affranti, costretti a vagare, tra voci, idee ed una sottile linea illusoria.
Spesso si pensa che la distanza tra ciò che esiste e non è sia mobile, ignorando il proprio orizzonte, sospinti dal rimpianto per ciò che si è perso e non è più nostro.
Il protagonista scopre che la verità è rappresentazione e la rappresentazione verità, quanto sia complicato capire se stessi e che la ritrattistica è in grado di penetrare ed interpretare l’ essenza di un essere umano grazie a linee, forme e colori.
La forza di ogni ritratto racchiude tutto se stesso, la propria arte, ed una interpretazione personale della realtà, voce ripetuta dentro di se’ per una vita che vive di confini irrisolti.
Rimangono incompiutezza e caducità, un’ inevitabile dissolvenza ed attimi di pacificazione dopo un’ attesa estenuante a ricoprire il respiro della storia e dei protagonisti.
Ed allora il viaggio continua ( nel secondo volume a breve in uscita ), e la ricerca di un senso, di una voce, del proprio destino in attesa di altro, di una scossa emotiva, di un cambiamento di rotta, di una risposta che ci renda meno soli…
Un Murakami piuttosto enigmatico, come la trama, che si dibatte tra vero e presunto, arte e vita, riportandoci a sensazioni già note, rivelando solo a tratti intensità, profondità di un passato non recente, con tracce ed atmosfere gradevoli e riconoscibili.
Il lungo monologo del protagonista, in particolare, attraverso un intricato dedalo di avvenimenti, finisce con un nulla di fatto ed uno stato di confusione che ricerca un senso, anche per il lettore.
Quale il legame tra trama e contenuto, le vite dei protagonisti cosa sottendono e c’è un senso comune che avvicina parti narrative piuttosto distanti ed eterogenee?
Una parziale risposta, oltre il semplice valore letterario dell’ opera, ci giunge dalla scelta editoriale di dividere il romanzo in due parti, a mio avviso una soluzione deprecabile e penalizzante ( per il senso globale del romanzo e per i lettori ).