L'altra Eszter
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L’Eszter che ci abita
All’inizio di tutto c’è un capriolo, fiero e ingenuo, come un animale silvano ridotto in cattività. L’anima di Angèla, ricca, bionda, generosa, l’immagine della bontà più pura e disinteressata. Eszter la invidia e disprezza, lei figlia di un padre avvocato troppo perso dietro alle sue piante per riuscire a guadagnare qualcosa, lei con le mani troppo callose, la vita troppo impegnata per una bambina della sue età, lei orfana dell’amore dei suoi genitori, troppo innamorati, troppo persi l’uno nell’altro per curarsi di lei. Muta d’affetto e di denaro, il vuoto la consuma e lascia spazio all’invidia, al rancore, all’insofferenza. La scava e indurisce, una lama tagliente. E così Eszter sceglie di liberare il capriolo, l’animale di Angèla, per dargli la libertà, si inganna, per rovinare la sua nemica, in realtà. Eppure quel capriolo, animale innocente, finirà sotto un treno e la colpa di quel crimine, di quella vita spezzata, sarà il peccato da espiare per tutta la vita. Anche quando oramai attrice ricca e affermata nella Budapest del secondo dopoguerra, Eszter si innamorerà di Lorenc, marito di Angèla e per un crudele gioco del destino sarà costretta a fare i conti con la sua Nemesi, nello scomodo e scricchiolante ruolo dell’amante.
Nella forma di un confessione schietta e impietosa, che non risparmia nessuna crudeltà, non ammorbidisce nessuna meschinità, in un tempo ondivago che fluttua tra passato e presente senza soluzione di continuo, ogni profumo o immagine, ogni atteggiamento o posa, un tono di voce o una particolare sfumatura del cielo, sono occasioni per un’esplorazione della memoria alla ricerca di un tempo che non è perduto, ma anzi perpetuamente ribadisce se stesso. Magda Szabò scrive bene perché tutto nelle sue storie, per quanto crudele o serio, non tradisce mai la volontà di raccontare, non cede mai all’esigenza di un messaggio da dare, ma anzi si deposita con grazia tenace nel lettore, come un impasto ben lievitato. E qui la forma particolare, tutta monologo e rimembranza, giova alla grazia del libro che andrebbe letto quasi d’un fiato, per non uscire mai da un’atmosfera morbida e ovattata. Come nel suo successivo “La porta”, al centro è la tensione tra due donne di classi sociali diverse, l’attenzione per la natura, il coraggio della franchezza, ma anche una gelosia che si fa odio e di un amore che, nato come una ripicca, diventa esperienza totalizzante e alla fine sincero. Quello che più colpisce è che mai si ha la certezza che la gelosia sia solo gelosia, che l’odio sia solo odio o l’amore solo amore, ma anzi tutto si continua e confonde e alla fine i peronsagai si stagliano sempre più vividi, con la loro irriducibile umanità.
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La maschera dell'invidia
“Io non ho neanche una faccia, non ho lineamenti, tutto in me è confuso quando non sono truccata. Io ho solo delle maschere”. Chi è Eszter? Nell'Ungheria del secondo dopoguerra, protagonista e voce narrante della vicenda è un'attrice di teatro, bella, benestante ed affermata; in un lungo monologo Eszter confessa al suo amante, Lorinc, come ha vissuto i difficili anni della sua giovinezza, ma soprattutto cosa ha provato e cosa sente nei confronti di Angela, la moglie di Lorinc, la donna a cui ha sottratto l'amore coniugale. In un continuo altalenarsi tra presente e passato, la protagonista rievoca un'infanzia ed un'adolescenza vissute in povertà, tra un padre avvocato, buono, ma incapace di farsi valere e dedito più alla botanica che alle cause in tribunale e una madre pianista, dolce, ma troppo intenta a dare lezioni di musica ai figli dei vicini per accorgersi delle esigenze affettive della sua bambina a cui venivano lasciate tutte le incombenze domestiche. Eszter ricorda con amarezza le sofferenze patite, le scarpe troppo piccole e strette, la penuria di cibo ma, soprattutto, la mancanza di attenzioni: “ero l'unica alla quale mia madre non aveva tempo di dare lezioni”. Solitudine ed incomprensione sono gli ingredienti che sviluppano in Eszter rabbia, gelosia, invidia e odio nei confronti di chi, ai suoi occhi, ha tutto ciò che a lei manca: la dolce ed innocente Angela, la bella allieva di sua madre, la creatura che diverrà, fin dalla tenera età, il bersaglio su cui scaricare le sue frustrazioni. “Ho odiato Angela fin dal primo momento che l'ho vista, sempre, da sveglia e nel sonno, e l'odierò anche da morta, se c'è qualcosa dopo la morte”. L'invidia e la gelosia sono i sentimenti dominanti, sentimenti di intensità devastante, in grado di distruggere qualunque cosa: tutto ciò che appartiene ad Angela viene annientato dalla negatività di Eszter in un crescendo di dolori e sofferenze. Chi è dunque l'altra Eszter? E' veramente la donna “cattiva, scontrosa, irritabile ed invidiosa” che emerge dalle sue confessioni? E' lei stessa a metterci in guardia dal trarre sbrigative conclusioni: “quand'ero bambina, ho taciuto per tanti anni, e poi è stato troppo tardi per imparare a parlare: so soltanto mentire o tacere. La mia biografia è una menzogna”.
Il romanzo è abilmente costruito tra presente e passato in un continuo riemergere di ricordi: ogni elemento del presente, anche solo un banale dettaglio, riaccende nella protagonista un episodio che emotivamente ha segnato la sua vita. I personaggi, numerosi, si presentano al lettore così come appaiono nei pensieri di Eszter e talvolta può risultare difficile inquadrarli e capire le relazioni che tra essi intercorrono. L'impegno richiesto nella lettura viene però ampiamente compensato da una prosa impeccabile, molto coinvolgente e da una caratterizzazione della protagonista straordinaria; il finale, inoltre, è davvero sorprendente, molto emozionante e getta una nuova luce su tutta la vicenda. L'autrice è talmente abile nel farci entrare nella mente della protagonista da indurre il lettore ad un processo di immedesimazione, di empatia: la confessione di Eszter non può lasciarci indifferenti. “Se solo una volta qualcuno, chiunque, mi avesse accettata per quella che sono davvero, senza riserve, senza condizioni...”. Ho trovato questa frase particolarmente illuminante: se si fosse sentita veramente amata ed accettata, Eszter sarebbe stata diversa? Sarebbe stata un'altra Eszter? Questo romanzo mi ha fatto riflettere molto; dalla sofferenza può nascere solo altra sofferenza e più dei fatti oggettivi è determinante la percezione che ne abbiamo avuto: sono questi sentimenti a segnarci per sempre e, talvolta, ad impedirci di essere felici.
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Gelosia
Il romanzo colpisce soprattutto per l'altissima qualità stilistica. Per quanto riguarda la storia la prima metà del romanzo non prende, ci sono troppi personaggi più di quanti se ne riesca a seguire, con nomi stranieri e a volte simili. Io ho faticato a capire storia e personaggi. In ogni caso, si parla della vita misera di una famiglia, i genitori della protagonista Ezter, in cui lui è avvocato e lei pianista ma con troppo orgoglio per sopravvivere e per garantire una esistenza decente alla figlia che fin da bambina impara l'arte di arrangiarsi e di guadagnarsi il pane. L'amore tra i genitori della protagonista è così totalizzante da lasciare la bambina completamente in ombra. Forse nel rapporto con la madre troviamo le radici della gelosia patologica di Ezster. Solo che la gelosia la troviamo rivolta nel romanzo contro la bellissima e buonissima amica di infanzia Angela. Angela che ha tutto, che ha così tanto da poter dare generosamente agli altri, che trova sempre chi pensa a lei. La lotta con Angela, che forse è simbolica della lotta con la madre per l'affetto paterno (ma anche viceversa con il padre per l'affetto materno), inizia con il furto del capriolo dell'amica quando erano ancora bambine e poi continua quando Ezter porta via ad Angela il marito. Ma la gelosia non si placa mai, perchè il marito di Angela continua a pensare ad Angela, a preoccuparsi di lei anche se solo delle scadenze e di cose materiali (Ezter non si accontenta del cuore vuole anche tutti i pensieri per sè). In tutti e due i casi l'oggetto dell'amore fa una brutta fine, in tutti e due i casi, capriolo e marito di Angela si intuisce che Ezter ha qualche motivo per sentirsi responsabile della morte dell'essere amato. La seconda metà del romanzo e soprattutto il finale sono bellissimi. Il romanzo è in crescendo.