Jubiabà
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Dio si è scordato dei poveri
"- I negri che ha castrato erano nostri nonni o bisnonni... Il bianco viene in cerca di noi perché crede ancora che siamo suoi schiavi. - Ma I negri non sono più schiavi...- Il negro è ancora schiavo e anche il bianco è schiavo, - interruppe un tipo magro che lavorava al porto, - ogni povero è ancora schiavo. La schiavitù non è ancora scomparsa...I negri, i mulatti, i bianchi chinarono il capo. Solo Antonio Balduino rimase a fronte alta: non si sentiva schiavo, non voleva esserlo". Il Brasile di inizio Novecento visto attraverso gli occhi dei deboli, dei poveri, dei diseredati. Amado ci guida in un viaggio duro e malinconico attraverso un paese in cui la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi e la manodopera locale viene sfruttata e sottopagata da imprese straniere senza scrupoli (esplicita l'accusa in particolare nei confronti degli USA), dove la schiavitù è stata abolita soltanto sulla carta ma resta in vita, all'atto pratico, a causa della condizione di povertà, di ignoranza, di disinformazione in cui è volontariamente tenuta la maggioranza della popolazione. Nel clima di rassegnazione, disillusione e stanchezza morale che si respira un po' ovunque c'è ancora chi si rifiuta di accettare tutto ciò, opponendosi alla schiavitù economica e mentale e lottando per cercare di cambiare le cose. Per tutti però, ribelli e acquiescenti, si erge come guida il santone Jubiabà, custode della sapienza popolare e delle arti magiche, officiatore di riti religiosi e maestro di stregoneria, dispensatore di miti e di sapere. Quest'uomo senza macchia e senza tempo, pur dando il titolo al romanzo, appare saltuariamente nella storia ma ne pregna ogni pagina grazie al suo grande carisma, ad una enorme popolarità ed al carattere fortemente simbolico della sua figura. Protagonista indiscusso dell'opera è invece il negro Antonio Balduino, detto Baldo, spirito anarchico e insubordinato, assetato di libertà, insaziabile amante, gran pugile, poeta e musicista, nonché pupillo di Jubiabà. Lo conosciamo, piccolo e impertinente, alle prese con semplici giochi infantili e con il dolce rapporto di amore e timore nei confronti della zia Luisa. Scopriamo il suo lato ribelle quando, rimasto solo al mondo, fugge dalla casa dei ricchi padroni bianchi a cui è stato affidato. Lo ritroviamo, mascalzone e vagabondo per le strade più malfamate di Bahia, alla guida di una banda di malfattori diseredati. Ammiriamo le sue gesta sul ring, i suoi virtuosismi musicali, il suo successo con le donne. Seguiamo il suo percorso di crescita e viaggiamo con lui per il Brasile, sentendo montare in noi la sua stessa collera e la sua voglia di cambiamento quando constatiamo le condizioni di miseria e soggiogazione in cui vivono lavoratori e lavoratrici delle piantagioni, delle manifatture di tabacco, dei porti, delle fabbriche e dei postriboli. Ci abbattiamo insieme a lui quando ci rendiamo tristemente conto che "Dio si è scordato dei poveri". Esultiamo davanti alla sua presa di coscienza e lottiamo con lui e con i suoi compagni nel grande sciopero che viene raccontato nel finale e che rappresenta, senza dubbio, la parte migliore di questo bel romanzo che racchiude un forte messaggio di solidarietà sociale e lascia aperta la speranza perché, con la lotta e con l'unione, si possa ancora costruire un mondo migliore. "Quegli uomini, che Antonio Balduino aveva sempre disprezzato, come schiavi incapaci di reagire, avevano paralizzato tutta la vita della città. Antonio Balduino fin allora credeva che solo lui e i suoi compagni di delinquenza, tutti malandrini che vivevano con il coltello in pugno, fossero liberi, forti, e padroni della religiosa città di Bahia. Ma questa convinzione lo aveva reso triste e lo aveva spinto quasi al suicidio il giorno in cui era dovuto andare a lavorare nel porto. Adesso, invece, Antonio sa che le cose non stanno così. I lavoratori sono schiavi, ma lottano per la libertà”.