Narrativa straniera Romanzi Io so perché canta l'uccello in gabbia
 

Io so perché canta l'uccello in gabbia Io so perché canta l'uccello in gabbia

Io so perché canta l'uccello in gabbia

Letteratura straniera

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Maya Angelou pubblica Io so perché canta l’uccello in gabbia nel 1969. Nell’opera è racchiusa la sua vita di giovane donna che, con la sola forza del talento e il coraggio delle idee, riesce a passare da una condizione di segregazione alla fama internazionale. Il libro muove dall’infanzia di Maya trascorsa nel Missouri. Una stagione terribile, segnata dalla violenza subita a opera del fidanzato della madre. Il trauma è così violento per la piccola Maya da toglierle per cinque anni la parola. Gradualmente, però, la ragazza riesce a mettere da parte la sofferenza e a costruire con coraggio e ostinazione la propria vita. Ottiene una borsa di studio per danzare e recitare in California, a San Francisco; nel 1944, a soli 16 anni, dà alla luce un figlio e per mantenere se stessa e il bambino abbraccia i mestieri più umili. Fino alla fama di scrittrice, attivista con Rustin, il braccio destro di M.L. King, attrice, cantante.



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Io so perché canta l'uccello in gabbia 2023-07-11 13:28:08 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    11 Luglio, 2023
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Importante testimonianza

Tra i classici assoluti della letteratura afroamericana, "Io so perché canta l'uccello in gabbia" è un affascinante romanzo di formazione in cui l'autrice, Maya Angelou, racconta in maniera autobiografica il suo cammino di crescita, partendo dall'infanzia per arrivare a quel labile confine tra la fine dell'adolescenza e l'ingresso nell'età adulta. Ma adulta, in fondo, la piccola Marguerite lo è diventata già in tenera età quando i genitori, in procinto di divorziare, la spediscono dalla nonna paterna, nel Sud razzista e segregazionista degli Stati Uniti degli anni Trenta. Eccola quindi, in compagnia dell'inseparabile fratello maggiore Bailey, lasciare la caotica e frenetica St. Louis, nel Missouri, per giungere in Arkansas, precisamente a Stamps, con i suoi cortili in terra battuta, le case solitarie, le strade buie, con la sua gente paga di una vita da cui non si può aspettare niente rispetto a ciò che le è concesso, pur avendo diritto a molto di più, rassegnata alle ingiustizie di un'esistenza iniqua, in un clima di totale apartheid reso ancora più pesante dalla crisi economica dovuta alla Grande Depressione. L'emporio gestito da Momma (così i piccoli chiamano la severa e religiosissima nonna) e dal figlio disabile, lo zio Willie, garantisce una vita tutto sommato agiata, così diversa da quella dei loro clienti, dediti ai lavori più umili e faticosi, talmente abituati alla miseria da trovarla normale. Tuttavia, questo minimo di benessere, pur alleviando l'esistenza, permettendo studi, pasti caldi e un'infanzia giocosa e divertente, non può evitare che la piccola protagonista guardi, capisca, si faccia domande, arrivando presto ad una dura presa di coscienza sulla condizione della propria gente, le differenze insensate tra bianchi e neri, lo stupido senso di superiorità dei primi nei confronti dei secondi, la paura generata dalle rappresaglie del Ku Klux Klan, l'umiliazione di sentirsi rifiutare le cure mediche a causa del colore della pelle. Tuttavia, la nostra eroina si accorgerà presto, a sue spese, che i pericoli possono giungere anche dalle persone vicine, riuscendo comunque a sollevarsi, seppur lentamente e a fatica, da una brutta storia di abusi e violenza domestica, durante una parentesi di vita nel Missouri, in casa di sua madre. L'autrice racconta tutto questo senza dimostrare rancore, senza sfociare in facili autocommiserazioni, senza affidarsi alla lucidità, alla maturità, alla consapevolezza della sè adulta, tornando invece bambina e trasmettendo fatti, sentimenti, paure, speranze, rabbia attraverso un filtro, quello dell'infanzia, dell'innocenza che si scontra con la cattiveria, della purezza sporcata dal sudiciume morale, dei sogni costretti ad annaspare a causa di un mondo che, per le persone come lei, va avanti sempre con la corrente contraria. Ma Marguerite i suoi sogni continuerà sempre ad inseguirli, continuerà a lottare contro difficoltà, pregiudizi, violenza, non si farà sopraffare dalle ostilità, diventando un'affermata e stimata artista a tutto tondo, poetessa, ballerina, attrice, sceneggiatrice, scrittrice capace di regalarci un libro come questo, suggestivo dal punto di vista letterario e importante testimonianza dal punto di vista sociale, perché c'è sempre bisogno di ricordare, combattere, sconfiggere la becera piaga del razzismo. "Sul palco si stava ripetendo l’antica tragedia. Il professor Parsons sedeva rigido, come una statua accantonata da uno scultore. Il suo corpo grosso e pesante sembrava svuotato di ogni volontà e voglia, e i suoi occhi dicevano che non era più con noi. Gli altri insegnanti esaminavano la bandiera (che sventolava a destra del palco), i loro appunti, o le finestre che si aprivano sul nostro campo da gioco tanto famoso. La cerimonia, il momento magico e riservato, tutto trine, regali, congratulazioni e diplomi, per me era terminata prima che chiamassero il mio nome. I risultati non contavano niente. Disegnare le cartine precisissime con inchiostro di tre colori diversi, imparare a pronunciare e scrivere le parole di dieci sillabe, mandare a memoria Lucrezia violentata per intero, tutto inutile. Donleavy ci aveva smascherato. Eravamo cameriere e contadini, tuttofare e lavandaie, e qualsiasi nostra aspirazione a qualcosa di più era farsesca e arrogante. Avrei voluto che Gabriel Prosser e Nat Turner avessero ucciso tutti i bianchi nei loro letti, che Abramo Lincoln fosse stato assassinato prima di firmare la proclamazione di emancipazione degli schiavi, che Harriet Tubman3 fosse morta per quel colpo alla testa e Cristoforo Colombo annegato sulla Santa Maria. Era terribile essere nera e non avere alcun controllo sulla propria vita. Era brutale essere giovane e già addestrata a stare seduta in silenzio ad ascoltare le accuse rivolte alla mia razza senza potermi difendere. Avremmo dovuto essere tutti morti. Pensai che mi sarebbe piaciuto vederci tutti morti, uno sopra l’altro. Una piramide di carne con i bianchi sul fondo, a formare la base, poi gli indiani con i loro sciocchi tomahawk, tepee, wigwam e trattati, i neri con i capelli di stoppa, le ricette, i sacchi di cotone e gli spiritual che spuntavano fuori dalla bocca. I bambini olandesi dovevano inciampare tutti con i loro zoccoli e rompersi il collo. I francesi dovevano strozzarsi con il trattato di vendita della Louisiana (1803), mentre i bachi da seta avrebbero mangiato i cinesi con i loro stupidi codini. Come specie, eravamo un abominio. Tutti quanti."

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Io so perché canta l'uccello in gabbia 2015-09-22 11:30:16 Pupottina
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Pupottina Opinione inserita da Pupottina    22 Settembre, 2015
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Afroamericani che lottano per la libertà

È un opera delicata, dallo stile narrativo preciso, suggestivo, interessante.
Pubblicato per la prima volta nel 1969, il romanzo di Maya Angelou, "Io so perché canta l’uccello in gabbia", è considerato uno dei libri fondamentali del Novecento. Anche la critica mondiale ne ha un ottimo giudizio, considerandolo uno tra i migliori mille libri di sempre della letteratura afroamericana.
L'opera è in parte autobiografica. Maya Angelou vi celebra la sua voglia di vivere con un coraggio senza limiti e rievoca la disarmante sensibilità con cui viveva, prima bambina e poi adolescente nera, nell’America razzista del secolo scorso. Il suo è un punto di vista originale, espresso con intensità e candore.
La narrazione inizia quando Maya ha tre anni e suo fratello, Bailey, quattro. I genitori li fanno andare a Stamps, nell’Arkansas, nel profondo Sud, per vivere a casa della nonna. I genitori si sono separati, ma i figli, essendo così piccoli, non si rendono conto realmente di quello che succede, non soltanto nella loro famiglia ma anche nella società che li circonda. Il loro è uno sguardo disincantato sulle cose ed è emblematico e simbolico lo stesso titolo che Maya Angelou ha dato a questo romanzo che può trasmettere qualcosa ad ogni essere umano.
Oltre alla nonna, con loro vive anche lo zio. Abitano tutti nel retro dell’Emporio di cui la nonna è proprietaria. Fra la merce ammassata, Maya, bambina, gioca ininterrottamente con Bailey, come se fossero in un luna park e lentamente cresce imparando a conoscere se stessa e il mondo degli adulti.
Sono gli anni Trenta e Maya ha una sua particolarissima concezione delle cose che scopre per la prima volta. Imparare a conoscere il mondo con i suoi occhi è un'esperienza caratterizzata da ingenuità e stupore, ma anche una descrizione puntuale di quella che era la segregazione riservata ai neri in quel particolare periodo storico, durante il quale la parte bianca della società impediva ai neri di vivere liberamente.
È un romanzo magnifico che, a quasi cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione, conserva tutta la sua bruciante attualità.

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