In viaggio contromano
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...qualcosa resta con noi fino alla fine.
"Temevo i commenti altrui. Passi la vita a preoccuparti di quello che penserà la gente, quando, in realtà, gli altri perlopiù non pensano a niente. Nelle rare occasioni in cui accade, è vero, di solito è qualcosa di brutto, ma almeno bisogna apprezzare che abbiano fatto lo sforzo di pensare."
Non è il libro che ci si potrebbe immaginare pensando all'ultimo viaggio insieme, dopo una vita condivisa, di un'anziana coppia. Non è un libro tenero, quasi mai.
Ella e John sono descritti come sono: due anziani dal corpo e dalla mente in disfacimento. In viaggio, ma quasi in fuga, alle prese con amnesie, malesseri, medicine, dolori e paura.
È un libro che non fa sconti e – per fortuna – non tiene ad essere "politically correct".
Ella, alle prese con le sue sofferenze, si arrabbia con il marito demente.
"Dio come lo odio quando fa così. Si litiga, ci urliamo addosso, e cinque minuti dopo è come se niente fosse. È tutto amore e coccole. Come la metti con uno che si dimentica di essere arrabbiato? Puoi farci qualcosa? Non puoi farci niente. Stai zitta e ti metti il cuore in pace.
Imbecille! ... sapere quel che dovresti fare è una cosa, tutt'altro paio di maniche farlo davvero."
Qualche volta lo prende a male parole. Però è sempre pronta a cogliere i piccoli sprazzi di lucidità che di tanto in tanto la malattia regala a John e a lei stessa. È un libro con molte macchie e patacche sui vestiti, capelli non ravvivati, cibi unti e quant'altro.
Ma quello che salta all'occhio, ed è il filo conduttore del romanzo, è la dignità che dovrebbe essere accordata alle persone e che – in questo caso, ma sempre più spesso – si è costretti a prendersi con la forza e contro tutti. Contro chi ti ama (i figli, in questo caso), contro chi si è arrogato il diritto di dirti non solo come devi vivere, ma anche come devi morire.
Viviamo, purtroppo, in Italia e qui la situazione è anche peggiore.
La morte non si può neppure nominare, figurarsi decidere le condizioni in cui arrivarci, e quant'altro. Perché non sarebbe dignitoso. Non so di quale dignità parlino quelli che si riempiono la bocca delle "non dignitose" scelte altrui e non lo voglio sapere.
Penso che la dignità sia attribuire agli altri il libero arbitrio che desideriamo per noi.
Decidere per sé stessi.
In qualità di esseri umani senzienti.
Mi ritrovo in John che, di fronte all'amico di una vita che si spegne, completamente demente, in una casa di riposo, si procura una pistola.
Ahimè il destino si burlerà delle precauzioni di John e costringerà Ella a fare il lavoro sporco.
Sporco, ma anche giusto. Vero e necessario.
Ed Ella lo fa come un novello Cirano, che, al momento fatale, non omaggia Rossana, ma la sua libertà, il suo pennacchio.
Ella omaggia la sua vita con John e la ripercorre. Senza farsi abbagliare da facili consolazioni, o conversioni finali ["John (…) è perfettamente in grado di collegare l'elettricità. Lo osservo con attenzione, prima o poi potrei doverlo fare io. Se peggiora nel corso del viaggio, toccherà a me. Sempre che io non accolga Gesù come mio salvatore, nel qual caso potrebbe farlo lui."].
La ripercorre con i fantasmi del passato, (amici morti, bambini piccoli), con piccole meteore del presente (i motociclisti tatuati, la giovane coppia con la bambina piccola), con John. Che ogni tanto torna in scena ed altrettanto frequentemente ne sparisce. Però insieme. In qualche modo.
La ripercorre fino a prenderne congedo, quello sì, in modo tenero.
Perché la dignità e la razionalità possono anche essere tenere. Oltre che giuste.
“Lo so che niente dura, ma anche quando ti rendi conto che qualcosa sta per finire, puoi sempre voltarti indietro e prendertene ancora un po' senza che nessuno se ne accorga.”
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Il canto del cigno
Se la vita ci appartiene, noi vogliamo scegliere il colore della nostra tomba. Giallo, rosso, arancione e verde, blu e viola bianco e rosa. La tingo di te, la tingo di me, la tingo di noi due che da soli siamo poco meno che morti, ma insieme siamo una persona , amandoci ancora, come in tutta una vita.
Ella e John sono una coppia di sposi ultraottantenni, genitori, nonni, un passato di viaggi in camper.
Entambi debilitati, John soffre da alcuni anni di una malattia senile che, salvo rari momenti di lucidita' , gli ruba la memoria. Ecco allora che i problemi di Ella passano in secondo piano, c'e' un marito di cui occuparsi, ci sono momenti da riassaporare, c'e' ancora un viaggio da fare, insieme.
Perche' c'e' solo una cosa che li terrorizza : l'idea di vivere l'uno senza l'altro.
Se nulla dura e ti rendi conto che quanto di bello hai avuto sta lasciandoti, nessuno puo' impedirti di voltarti e prenderti un altro pezzo di quella felicita'. John sa guidare ancora benissimo ed il piccolo vecchio camper non teme l'asfalto : Michigan, Indiana, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas , New Mexico, Arizona , California, Disneyland. Un lungo viaggio di due nonnini attraverso gli Stati Uniti, con una buona scorta di junk food e medicine, battendo la mitica Route 66, rivivendo le emozioni di tanti anni prima.
Priva di intrecci scorre lineare e rapida la scrittura, tanto semplice e rilassante da poter soddisfare anche bocche munite delle sole gengive, il libro e' inevitabilmente buffo, commovente e drammatico allo stesso tempo. Come del resto la vecchiaia, che rende gli adulti un po' bambini, che rende il mondo troppo complicato.
Una bellissima storia d'amore di un uomo e una donna che hanno un gran pregio, quello di saper mantenere le promesse, costi quel che costi, quel "per sempre" per qualcuno grazie a Dio non perde il suo peso, mai.
Un filo di dolcezza srotola la storia riavvolgendosi in un gomitolo di tenerezza e lacrime che dalla gola sale agli occhi, dagli occhi alla gola e di Ella e John chi si dimentica piu'.
Bellissimo, buona lettura.
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Sentimenti ed emozioni in salsa vintage
“Non siamo mai stati i tipi che viaggiano per espandere la mente. Abbiamo viaggiato per divertimento.”
Ella e John sono sposati da quasi sessantanni, hanno vissuto una vita tranquilla senza tanti slanci, hanno avuto due figli e a sua volta dei nipoti, hanno raggiunto una certa età anagrafica e inevitabilmente anche gli acciacchi con un certo grado di gravità invalidante, Ella ha un tumore e John ha un principio di demenza. Ella fa un resoconto della loro vita di coppia e le affiorano i ricordi delle volontà del marito di non finire i suoi giorni in un ospizio e sopratutto emerge la personale consapevolezza di essere sulla terra senza un motivo particolare se non di volere stare nella sua casa assieme ai suoi cari fino alla fine dei suoi giorni.
Ella è la voce narrante ed è lei che sfida le restrizioni e i divieti dei figli e dei medici che sconsigliano il viaggio che vogliono intraprendere, da Detroit, nel Michigan, dove Ella e John sono sempre vissuti, attraverso l’Indiana, l’Illinois, il Missouri, il Kansas, l’Oklahoma, il Texas, il New Mexico e l’Arizona per terminare ad Anaheim, in California, precisamente la tappa finale è Disneyland a bordo del loro vecchio Leisure Seeker. I nomi degli Stati sono anche i titoli dei dieci capitoli che finiscono quando ormai si arriva al capolinea dopo tante avventure e disavventure con un finale a sorpresa.
Percorrere la Route 66 per i due stravaganti vecchietti diventa un itinerante viaggio fatto di ricordi che si ripercorrono attraverso vecchie diapositive che proiettano la sera durante le loro soste, mangiando cibi unti e bevendo cocktail e birre, coinvolgendo o schivando altri viaggiatori, ladri, curiosi, poliziotti, sottolineando la bellezza dei tramonti, la desolazione del deserto e dei monti, i dettagli dei panorami e delle persone.
Una sfida contro la vecchiaia, contro la malattia, un viaggio contromano a tratti divertente e buffo, realistico, lento, profondo e romantico. Non esistono momenti perfetti, una sfida che Ella elabora con coraggio, come mezzo per riscattare la libertà dalla alienante vecchiaia e malattia contro ogni angoscia e paura.
“Solo se smetti di pensarci, se ti dimentichi di guardare, il tramonto arriva.”