In un piccolo cielo
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La vera amicizia non muore mai
Tra gli indubbi meriti della letteratura vi è anche quello di informarci su realtà spesso sconosciute, parti del mondo lontane e dimenticate, talvolta purtroppo anche dalla Storia. Ad esempio alzi la mano chi è a conoscenza che nel lontano Laos, negli anni Sessanta, in concomitanza con il periodo di svolgimento della guerra del Vietnam, il Paese venne sconvolto per quasi dieci anni da una sanguinosa guerra civile tra le forze conservatrici governative da una parte ed i guerriglieri comunisti “Pathet Lao” dall’altra. I bombardamenti aerei che ne conseguirono, imputabili al governo ma con il forte supporto delle forze statunitensi, furono numerosissimi ed un elevata quantità di bombe rimase purtroppo inesplosa sul terreno, provocando innumerevoli stragi nei confronti dei civili che finirono per calpestarle. Partendo da questo tragico scenario Paul Yoon, autore del libro nato in America ma di chiara ascendenza laotiana, racconta la storia di una bella amicizia riguardante tre ragazzi orfani e amici per la pelle, uniti come fossero dei veri fratelli, tutti provenienti da un villaggio costituito da “una miriade di capanne di legno, case d’argilla e baracche con i tetti di metallo radunate insieme”.
Due maschi Alisek, e Prany e Noi, sorella di Prany che trovano rifugio presso una casa di campagna un tempo di proprietà di un latifondista francese ed ora trasformata in un ospedale da campo, nella quale i giovani forniscono il loro aiuto al personale medico e paramedico. Yoon ha il pregio di farci entrare in questa dimensione, di raccontare attraverso gli occhi dei tre ragazzi i dolori e le sofferenze della povera gente vittima della guerra (e raccolta dalla strada con motociclette di fortuna guidate dai tre protagonisti) con gravissime mutilazioni causate dalle bombe esplose al loro passaggio. L’ospedale diventa così non solo la casa dei giovani, un luogo dove rifugiarsi dalla guerra e sognare ad occhi aperti, evadendo con la mente e contemplando il cielo da un tetto parzialmente sfondato (“Se il cielo era sufficientemente piccolo c’erano meno possibilità che un aereo lo attraversasse. E allora, era soltanto il cielo”), ma diventa altresì l’ambiente in cui una solidarietà condivisa permette di stringere rapporti sempre più profondi con i pazienti ricoverati e spesso in fin di vita, oltre che con il personale medico.
Un libro che parla di guerra e sofferenza si, ma anche un libro in cui la vera amicizia trionfa sopra cosa, nonostante la vita non abbia riservato ad Alisek, Prany e Noi le medesime opportunità. Yoon dedica capitoli specifici ad ognuno dei tre protagonisti, tutti accomunati dal desiderio di fuga, di evasione da quel luogo di dolore che è l’ospedale ed il Laos tutto (“Si chiese se….sarebbe mai arrivato il momento in cui tutto quello, quel luogo e tutto ciò che era successo prima sarebbero parsi così distanti da non riuscire nemmeno a ricordarli”), ma nella realtà divisi nello spazio e nel tempo da destini profondamente differenti: ci sarà che trova rifugio in Europa, cominciando una nuova vita, e chi invece rimarrà come prigioniero in un campo di detenzione. Ma il messaggio che ci lascia intravvedere l’autore è comunque di speranza, perché il “fil rouge” di questa amicizia non verrà mai interrotto e perché il ricordo di ognuno rimarrà nella mente dell’altro a distanza di anni.