Narrativa straniera Romanzi Il tamburo di latta
 

Il tamburo di latta Il tamburo di latta

Il tamburo di latta

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La storia di Oskar, il tamburino che nel giorno del suo terzo compleanno decide di non crescere più per poter osservare il mondo degli adulti dal basso, ossia da una prospettiva che svela impietosamente le miserie e gli orrori degli uomini “normali”, compie cinquant’anni. Una riedizione mondiale e molte nuove traduzioni nei paesi dove è stato pubblicato per festeggiare l’anniversario. Una pietra miliare della letteratura contemporanea, un grande classico del catalogo Feltrinelli.



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Il tamburo di latta 2022-08-16 12:58:33 siti
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siti Opinione inserita da siti    16 Agosto, 2022
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Stamburare e confessare

Non c’è niente di chiaro, nulla di definito nel romanzo “Il tamburo di latta”, ci sono invece le confessioni farneticanti di un trentenne in procinto di uscire dal manicomio nel quale si trova internato per una colpa non commessa: l’omicidio di un’infermiera che vive in affitto nella camera accanto alla sua. Lui ne era invaghito, come di tante altre infermiere della sua stramba vita. Ora è assistito proprio da un infermiere, Bruno, che quotidianamente lo scruta con occhio vigile, non è un secondino però, semmai una coscienza vigile che all’occorrenza può pure subentrargli nel suo atto di scrittura infinito coincidente con la sua biografia. Una risma di carta gli conceda Bruno affinché l’atto dello scrivere gli sia possibile accanto a quello del raccontare. Sì, perchè Oskar Matzerath ha tanto da raccontare ma, se non ci facciamo incantare dalla sua epica diversiva, in realtà ha tanto da confessare: tanti piccoli segreti che hanno deviato la sua vita imponendole un corso forzoso. Il principale di essi è sicuramente la caduta dalle scale ad appena tre anni, resasi necessaria come atto risolutivo di imposizione della propria volontà per determinare la fine della sua crescita. Da quel momento il piccolo Oskar sarà un nano, dotato però di una potente voce vetricida capace, quando contrariato, di urlare così forte da infrangere i vetri e tutte le superfici vitree presenti nelle vicinanze. La caduta si accompagna anche all'altro tratto distintivo del piccolo Oskar: dal giorno del suo terzo compleanno sarà sempre accompagnato da un tamburo di latta, ciclicamente sostituito, capace di esprimere con la sua cadenza ritmica l’assurdo della vita.
Scorrono con i ricordi biografici di Oskar pagine di storia ben verificabili, trent'anni racchiusi tra il 1924 e il 1954, la storia dei Casciubi, la madre di Günter Grass era casciuba, quella della città libera di Danzica, la tragica invasione della Polonia con la difesa dell’ufficio postale della città che Hitler rivendicava in seguito al trattato di Versailles e che rappresentò il suo pretesto per innescare una guerra mondiale. Il conflitto mondiale e la sua fine. E da subito si entra in una dimensione narrativa insieme epica e fantasiosa, surreale e allucinata, simile a quella che solo uno spettacolo circense può restituire, una carrellata di personaggi improbabili, dalle caratteristiche esaltate, iperboliche, eroiche insieme, capaci di gesta impensabili, mirabolanti eppure così reali. Ne consegue uno stupore perpetuo, accompagnato da un continuo e necessario livellamento dei due piani: quello della realtà narrativa ( quanto può essere credibile ciò che si sta leggendo?) e quello dell’immaginazione creativa ( spesso questa componente subentra a livello tale da impattare prepotentemente con la razionalità e richiedere così una necessaria seconda rilettura, la prima ancora nulla aveva chiarito, per accertarsi di aver ben compreso il filo narrativo). Oltre la fatica della lettura si riesce però a godere di blocchi narrativi compatti che, superati e accostati a formare un disegno complessivo, restituiscono una narrazione comprensibile, consapevoli però di aver siglato un patto narrativo che implica l’accettazione dell’assurdo e del grottesco. Potrei richiamare tantissimi episodi che nulla valgono estrapolati dalla loro cornice, basti aspettarsi di tutto, compreso un certo trascendimento nel versante erotico a simboleggiare le primitive matrici della vita e una narrazione che non manca nemmeno di pesantissima dissacrazione, a scardinare qualsiasi certezza rimettendo tutto in gioco. Una decisa voce fuori dal coro che cercava di restituire i perchè di un’epoca buia, una voce dissidente e antiborghese che nel ‘59 usò l’alter ego di Oskar per rappresentare una realtà edulcorata da tanti, riuscendo infine a svelarsi completamente nella sua scandalosa biografia “Sbucciando la cipolla” ( 2008) quando confessò dolorosamente di essersi arruolato volontario nelle Waffen-SS quando aveva quindici anni, nel solo intento di ricordare a tutti quanto fosse storica la spinta antiborghese su cui fece leva Hitler e quanto si impresse pericolosamente nella gioventù tedesca.

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Il tamburo di latta 2021-05-04 22:22:29 cristiano75
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    05 Mag, 2021
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Il lato oscuro dell'uomo

Un libro che è un pugno nello stomaco. Catturati nelle grinfie di Oskar cui diletto principale e intrufolarsi tra le cosce di donne compiacenti e curiose. Non ho apprezzato la scrittura di Grass, spesso mi è parso che vagasse nel buio delle proprie idee. Un mattone di una pesantezza difficilmente sormontabile, pagine piene di episodi, cambi di tempi, digressioni, una scrittura graffiante speso incomprensibile, onirica. Allucinata, come gli occhi del protagonista, sensuale ed erotomane.
Le vicende di questo bambino uomo, spesso ambigue ed amorali.
Il tamburo come strumento per comunicare al tetro mondo che lo circonda, tutta la sua rabbia per essere rimasto intrappolato in un corpo che si ostina a non crescere.
Sullo sfondo le macerie di una nazione rasa al suolo dalla sua stessa pazzia di conquista. Non c'è redenzione per la Germania nazista, non c'è fine a una trama fatta di orrore e massacri che hanno insanguinato la storia dell'umanità fino alle sue radici.
La buia realtà impregnata di violenza e morte che circonda il protagonista è intuibile dalla scrittura oscura e macchinosa dello scrittore polacco; non si percepisce mai un lieto fine agli avvenimenti, bensì monta la follia e l'odio del protagonista verso la realtà tutta, da cui è scacciato e additato come pazzo e idiota.
Il nano gobbo sprofonda sotto il peso della sua deformità, chiaro rimando al popolo tedesco che non è riuscito a risollevarsi per tanti decenni, se non abbattendo a pugni e picconate un muro che ne aveva per sempre diviso il destino.
Dal racconto ne è stato tratto un film, del 1979, a mio avviso un piccolo capolavoro che riesce almeno in parte a far entrare lo spettatore nella mente disturbata e disturbante del protagonista e il suo incedere verso la solitudine e la follia.

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Il tamburo di latta 2021-05-04 07:08:07 Molly Bloom
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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    04 Mag, 2021
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Oskarino il birichino

"Il tamburo di latta" è una marcia a suon di tamburo, sopra le rovine della seconda guerra mondiale e sopra le imperfezioni umane. Leggere questo libro per me è stato come attraversare un ponte sopra a degli abissi spaventosi avendo come guida turistica il protagonista Oskar, che con fare innocente e allegro ti mostra i punti più spaventevoli della storia e della natura umana. C'è un forte contrasto tra il contenuto pesante che lascia poco all'immaginazione e il modo leggero, innocente, come viene raccontato. Oskar è un bambino treenne, che decide di non crescere più fisicamente, di fermarsi a quell'età - ecco perché il tono innocente e giocoso della narrazione - tuttavia gli anni passano e lui diventa un adolescente treenne e un giovane treene, un bambino-adulto subdolo, malizioso, cattivo e senza pietà che causerà volontariamente non pochi danni alle persone attorno a lui. Altamente blasfemo, pieno di simboli e di contrasti e dove il tono innocente, casto e indifeso si alterna a quello di una spietata lucidità e spiccata intelligenza, "Il tamburo di latta" può essere un libro disturbante ma nello stesso tempo si deve onorare la sua genialità e lo stile giocoso a suon di tamburo facilita senza dubbio la sua lettura. 

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Il tamburo di latta 2020-03-11 14:02:50 lepree
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lepree Opinione inserita da lepree    11 Marzo, 2020
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C'è la cuoca nera qui? Sì-sì-sì

L’ascesa del nazismo e la sua caduta; la guerra e le sue amare conseguenze; la storia familiare che si intreccia e soccombe di fronte alla Storia. Ma anche la feroce critica alla società borghese della Germania pre nazista, passiva spettatrice dell’avanzata della dittatura, e di quella post bellica, incapace di fare i conti col torbido recente passato. Tutti ingredienti che compongono questo straordinario romanzo d’esordio del premio Nobel Günter Grass, pubblicato nel 1959.

Protagonista è Oskar, che dalla stanza del manicomio in cui è rinchiuso si fa portare carta e penna dall’inserviente Bruno e racconta con minuzia di particolari la sua storia e quella della sua famiglia. E lo fa con una singolare mescola di epica, lirismo, prosa descrittiva, ironia e introspezione.

Oskar non è un individuo qualsiasi e ce lo dice senza giri di parole quando appena nato dà prova di qualità intellettive sopra la media e tratteggia vizi e virtù dei suoi familiari e della società che fa da sfondo. Nauseato da falsità e ipocrisia, dalle pene di essere uomo, Oskar decide ben presto di bloccare volontariamente la sua crescita fermandosi alla condizione di treenne apparentemente ritardato e analfabeta che, in compagnia della sua inseparabile latta rossa e bianca e di due mazze da tamburino, dà ritmo e musica alle sue impressioni e alle sue angosce. Il tamburo è il mezzo su cui Oskar sfoga il suo dolore, la latta il flessibile metallo che lo assorbe trasformandolo in note. A renderlo speciale c’è poi la voce “vetricida”. Un urlo di Oskar è infatti in grado di disintegrare il vetro anche da distanze notevoli. In questo tratto emerge tutta la discontinuità del protagonista con la società borghese dell’epoca che stigmatizza e compatisce il diverso, il mostruoso. L’urlo di Oskar è purificatore, come il fuoco, e demolisce la fragilità delle apparenze e delle maschere per rivelare cosa c’è dietro.

La vita del piccolo protagonista è tutta un susseguirsi di dinamiche familiari, innamoramenti, miracoli, cadute e bizzarri incontri. Fondamentale ruolo nella sua esistenza è quello giocato dalla madre Agnes, impegnata in una relazione clandestina col cugino Jan Bronski, considerato da Oskar il padre putativo nonostante il ruolo di figura paterna sia ufficialmente svolto dal reniano Alfred Matzerath, che una giovane Agnes sposerà più per questioni di opportunità che di cuore. Un ménage destinato a perdurare, quello fra i tre, caratterizzato da lunghe partite a skat e da fugaci incontri amorosi in un hotel di Danzica tra i due adulteri spasimanti. C’è poi la leggendaria nonna Anna con le sue quattro gonne, il nonno piromane Joseph Koljaiczek, forse affogato in una fuga dalla polizia, forse emigrato negli Stati Uniti e divenuto un ricco imprenditore. Ci sono i vicini di casa e abitanti del condominio di via Labes, ognuno con le sue stranezze, ognuno con il suo segreto indicibile da reprimere in nome delle apparenze. Fondamentale l’incontro con Bebra, il Maestro, un altro nano che insegnerà ad Oskar la sottile arte di osservare il mondo dalla loro statura. Poi gli incontri femminili: dall’infatuazione per le infermiere e le loro candide divise, fino a Maria, il primo amore di Oskar, colei che sposerà suo padre Alfred una volta vedovo. La stessa che darà alla luce Kurt, ufficialmente figlio della coppia, ma più probabilmente figlio naturale del tamburino.

Poi i viaggi, a spasso tra la Germania sconquassata dalla guerra fino in Francia e di nuovo sul Vallo Atlantico e i suoi bunker. L’incontro con l’arte, quando Oskar diventerà posatore per pittori e scultori dell’Accademia delle Belle Arti di Düsseldorf, città dove si svolge la seconda parte del romanzo in seguito all’esodo dei cittadini tedeschi da una Danzica ritornata polacca. La stilettata ad un mondo vanesio fatto di pittori annoiati e a caccia di guadagni e modelle posatrici più simili ad accompagnatrici. La musica, compagna inseparabile di Oskar, che lo porterà a suonare la batteria in un complesso jazz; la scultura, con cui Oskar si relazionerà durante l’impiego come scalpellino in un laboratorio di lapidi funebri. Questo continuo rapporto con l’arte, l’apice delle facoltà dell’animo umano, così come con i risvolti più bassi e turpi della natura dell’uomo, porteranno Oskar alla radicale decisione di vivere in prigionia il resto dei suoi giorni, lontano da quel mondo cinico e crudele che non riesce ad accettare.

“Il Tamburo di Latta” è un romanzo denso, pieno di significati e simbolismi. Una lettura non sempre semplice e in cui spesso spazio e tempo si fondono dando vita ad immagini poetiche che donano alla narrazione un ritmo e uno stile inconfondibili. Non mancano i momenti spassosi, grotteschi: tutta la realtà passa infatti dallo sguardo sagace e dall’ironia tagliente di Oskar. Sicuramente uno degli apici in questo senso si trova nelle pagine iniziali che raccontano il concepimento della mamma Agnes e della fuga del piromane Koljaiczek.

Un romanzo che offre un insolito punto di vista sulla guerra che ha devastato l’Europa, vissuto dalla prospettiva dei cittadini tedeschi, gli indifferenti, e per questo colpevoli; un modo per rivivere quei giorni immergendoci totalmente nei dettagli dello scenario bellico e delle sue conseguenze sulla vita civile e allo stesso tempo evadere sulle ali della fantasia del piccolo stamburatore, l’individualista che non voleva proprio saperne di diventare come quei grandi che tanto disprezzava.


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Il tamburo di latta 2015-08-31 09:22:12 FrancescoMirone
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FrancescoMirone Opinione inserita da FrancescoMirone    31 Agosto, 2015
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L'inarrestabile tamburello

****SPOILER****
Ho deciso di cimentarmi nella lettura del tamburo di latta (die Blechtrommel) spinto dalla mia passione per la lingua e per la letteratura tedesca. Günter Grass o lo ami o lo odi,ha uno stile unico nel suo genere,ironico e grottesco allo stesso tempo. Lo scrittore nel romanzo narra la storia del piccolo Oskar,il quale vive durante l'epoca nazista(il romanzo infatti è anche un romanzo storico,poiché la storia inizia nel 1899 per terminare nel 1954). Chi è Oskar? Egli è un ribelle,che decide,all'età di tre anni,di non crescere più,perché egli non desidera entrare a far parte del mondo degli adulti. Oskar non è un comune ribelle, ma un individualista,egoista,talvolta meschino,che pensa solo a sé stesso. Il rifiuto di Oskar non consiste nel rigettare le idee naziste,ampiamente diffuse negli anni 30',ma nel disgusto che egli prova per la misera vita condotta dagli adulti,costituita da preconcetti e mera ipocrisia(il suo odio è rivolto soprattutto al padre,Alfred). Dunque Oskar non cresce più fisicamente,ma il suo intelletto si sviluppa,attraverso lo studio di due dei suoi personaggi preferiti (il Goethe e il Rasputin),ciò gli permette di criticare fortemente la società ,ma senza conseguenze,poiché anche all'età di venti anni viene considerato un bamboccio. Uno dei passaggi del romanzo che fa emergere quanto lo scrittore possa essere grottesco, è sicuramente la scena del pescatore che pesca anguille nel porto di Danzica utilizzando la testa di un cavallo,la descrizione è così accurata che sembra miri a crear disgusto e ripugnanza nel lettore. In Oskar s'incarna l'individualismo che in tal caso è eroico,poiché inserito nel contesto della diffusione di una folle ideologia di massa. L'autore afferma infatti che l'individualismo non esiste più,poiché cancellato dalle masse. Grass scrive per far sì che il popolo tedesco non dimentichi il secolo definito da egli stesso ''senza lacrime'', poiché le malefatte naziste hanno annullato gli animi,le persone non riescono più a provare sentimenti. Non a caso l'autore fu definito ''Nestbeschmutzer'' , letteralmente colui che osa criticare il proprio nido, il luogo dove è nato. Consiglio la lettura a chiunque sia in grado di apprezzare tale classico,data la sua difficoltà e profondità,spero che l'opinione di un giovane lettore possa accendere in voi il desiderio di leggere tale capolavoro!

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Consigliato a chi ha letto...
Consigliato a chi apprezza lo stile dell'autore e la letteratura tedesca in generale.
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Il tamburo di latta 2015-05-09 10:47:06 annamariabalzano43
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annamariabalzano43 Opinione inserita da annamariabalzano43    09 Mag, 2015
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Il coraggio della verità

Un libro complesso e difficile “Il tamburo di latta” di Gunter Grass. Un romanzo che assume un più ampio significato alla luce di quanto rivelato dallo stesso autore, molti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, sulla sua appartenenza alle SS hitleriane.
La storia copre un periodo piuttosto ampio, che va dagli ultimi anni dell’ottocento fino agli anni cinquanta e si svolge in parte a Danzica, in parte a Dusseldorf, con qualche tappa in Francia. I luoghi sono estremamente importanti, perché teatro di contese territoriali laceranti e interminabili. La Casciubia o Pomerania era quella zona popolata da polacchi e da tedeschi, guardata con interesse e avidità dalla Russia, con l’inestimabile pregio dello sbocco sul mare.
Oskar nasce in questa terra povera ma ambita. Delle sue origini ricorda l’avventuroso incontro della nonna con il nonno, rifugiatosi sotto le quattro accoglienti gonne di lei per sfuggire all’inseguimento e alla cattura dei gendarmi. E a quel rifugio ampio e caldo si dovrà la nascita di Agnes e ad esso Oskar guarderà sempre come l’unico luogo ove sia possibile trovare un sicuro riparo. Nel suo viaggio a Parigi, ormai quasi adulto proverà la stessa sensazione di protezione sotto l’ampia base metallica della Tour Eiffel.
La nascita di Oskar è accompagnata e scandita dal simbolico e ripetuto scontro di una falena contro la lampadina, anticipazione dell’ossessionante suono del tamburo che Oscar suonerà dall’età di tre anni in avanti. E già a questa tenera età Oskar è così disilluso dal mondo che lo circonda, dal menage à trois dei genitori con Jan Bronski, così critico dei miseri interessi culturali della famiglia, dell’importanza esagerata sconfinante nel disgusto che essa dà al cibo che decide di non crescere più e di manifestare la sua protesta battendo energicamente sul suo tamburo e frantumando i vetri con la sua voce stridente. Questo sarà per molti anni il suo modo di contestare e deprecare il mondo che lo circonda. Dalla sua prospettiva di nano egli può permettersi di notare ciò che altri non riescono a cogliere. Con un’efficace tecnica di straniamento di brechtiana memoria, Grass alterna la narrazione in prima persona del giovane Oskar con quella in terza in cui è lo stesso Oskar che parla di sé da un punto di vista esterno. E dunque, come Gulliver, nano nel paese di Brobdignag, egli riesce a percepire gli errori e gli orrori dell’umanità, coglie la boria aggressiva del tedesco del terzo Reich, nella persona del padre putativo Matzerath, l’illusione inefficace e ambigua dell’oppositore al regime nella persona dell’altro padre Bronski, la spietata e ottusa persecuzione all’ebreo nella vittima Markus. Disgusto e volgarità sono percipiti ad ogni livello. Egli assiste agli espliciti e peccaminosi approcci tra Jan e sua madre. L’amore è sempre visto come qualcosa di apertamente o velatamente morboso. Così nel suo rapporto con Maria, mentre più limpida sarà la relazione con la nana Roswita nel suo viaggio in Normandia dove si esibirà con il maestro Bebra sui bunker costruiti con il cemento in cui hanno trovato orribile sepoltura persino inermi cagnolini.
Solo con la morte di Matzerath, Oskar deciderà di seppellire il suo tamburo e di cominciare a crescere. Eppure la sua crescita lo lascerà comunque nella perenne condizione di nano con l’aggravante della comparsa di una deformante gobba sulla schiena. Qui la metafora costruita da Grass intorno al personaggio Oskar raggiunge il livello più alto. La deformità di Oskar è la deformità di una Germania che ha perso ogni dignità, il cui popolo non ha più neanche lacrime per piangere. Ed è questo il significato del capitolo “Alla cantina delle cipolle”, dove come atto di estrema pietà verso se stesso ogni individuo si reca per recuperare il benefico effetto terapeutico del pianto.
Nella sua missione di espiazione, Oskar diviene un Cristo in terra, un salvatore che assume su di sé le colpe d’una umanità perduta. Il suo cammino procederà a fianco dell’implacabile Cuoca Nera, la cattiva coscienza di ogni individuo.
La complessità dell’opera non investe solo l’aspetto interpretativo della metafora: essa si estende al piano stilistico, che vede l’uso di un linguaggio diverso per ogni tipo di situazione o personaggio, fino all’inserimento di qualche pagina che riproduce una scena teatrale e verso la fine si lascia andare a una sorta di flusso di coscienza, così tipico della letteratura della prima metà del novecento.

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Il tamburo di latta 2013-07-09 20:08:11 dani79
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dani79 Opinione inserita da dani79    09 Luglio, 2013
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Volti e risvolti di un geniale tamburino

Credo che leggere un libro equivalga a salire uno ad uno i gradini di una scala. Ogni nuovo libro letto può farti avanzare di uno o più gradini, o farti rimanere lì fermo dove già eri. Nessun libro può farti scendere perché, citando lo stesso Grass, "anche i cattivi libri sono libri e perciò sacri".
Il Tamburo di latta è un libro, per ciò solo è sacro, e non è un cattivo libro. Tutt'altro, è un libro di una bellezza grandiosa e grottesca allo stesso tempo. Leggerlo può farti salire un'intera rampa di scale.
La scrittura è geniale. Magistrali sono la naturalezza con cui Grass passa dalla prima alla terza persona e la capacità di rendere il movimento delle parole, che si rincorrono e si arrestano, all'interno delle frasi.
La storia è carica di simbolismi. Il romanzo è allegorico e a tratti surreale. Protagonista è Oskar, il tamburino che dai tre anni in poi decide di non crescere più di un dito rimanendo il treenne " che tutti gli adulti sormontavano e che agli adulti sarebbe stato tanto superiore, che non voleva misurare la propria ombra con la loro ombra, che dentro e fuori era perfettamente compiuto". Oskar non ha bisogno di sperimentare le cose del mondo per conoscerle. Lui, grazie alla sua intelligenza prodigiosa ben celata agli adulti, già le conosce e in ciò che vede non fa che trovarne conferma. Osserva gli adulti dal basso, dalla sua prospettiva lillipuziana ne scruta i demeriti, le falsità e le ipocrisie. È dotato di una voce adamantina e vetricida che, insieme al ritmo che impone al suo tamburo laccato bianco e rosso, usa per esprimere la sua anarchica ribellione al mondo abnorme e assurdo degli adulti. Quando dopo anni Oskar si risolverà nel riprendere la propria crescita fisica, questa sarà lenta e dolorosa e lo lascerà comunque deforme e gibboso. Probabilmente la storia di Oskar rappresenta il destino e la storia della Germania nazista, sicuramente Grass con la sua favola nera ci ha fatto vedere la storia dal basso, ci ha mostrato i facili entusiasmi giovanili, le seduzioni del malvagio, le bruttezze e le nefandezze che tutte insieme hanno segnato l'esibizione di un periodo storico mistico, terribile e barbaro.

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Il tamburo di latta 2012-02-22 16:56:42 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    22 Febbraio, 2012
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Genio e sregolatezza

Nella camera del manicomio in cui è ricoverato, Oskar, suonando il suo tamburo, rievoca la sua vita e la trascrive su 500 fogli di carta vergine. Un' esistenza incredibile la sua: il giorno del suo terzo compleanno decide di porre fine alla sua crescita fisica e di mascherare agli altri quella mentale, occultando un’ intelligenza fuori dal comune. Questo è il suo modo di difendersi da un mondo che non sente suo e che lo disgusta fin dal primo giorno della sua vita. Un mondo insensibile, ipocrita e violento, a cui lui contrappone il suono del suo tamburo e il suo urlo vetricida come mezzi per manifestare la sua protesta e la sua rabbia. Con questo stratagemma vive taciturno, solitario e indifferente i primi anni della sua vita, senza però evitare di incorrere in singolari incontri e avventure. Finchè, dopo una serie di eventi, prenderà la decisione di ricominciare a crescere. Ma la sua sarà una crescita dolorosa e difficile, nonché incompleta. Grass ci regala un romanzo bellissimo, esilarante ma anche commovente, surreale ma a tratti fin troppo realistico, attraverso il quale racconta, con fatti ma soprattutto per metafore, la storia della Germania dal primo dopoguerra alla ricostruzione postnazista. Il protagonista è straordinario, un coinvolgente mix di genio e sregolatezza, di razionalità e follia, di cinismo e dolcezza, a cui è impossibile restare indifferenti. Ma il libro è ricco di tanti altri personaggi interessanti che accompagnano il piccolo Oskar e di situazioni particolari ed emozionanti. A tal proposito spiccano la figura di nonna Anna, che con le sue quattro gonne rappresenta l' ideale rifugio dai mali del mondo e il capitolo dedicato alla “Cantina delle cipolle” che descrive in maniera spiritosa le difficoltà della gente di comunicare ed esternare paure e sentimenti. Una prosa spesso complessa e dei passaggi un po’ concettosi non tolgono smalto ad una storia appassionante, educativa e ricca di situazioni e personaggi in cui è facile perdersi e immedesimarsi: chi, davanti a delusioni e a brutti eventi non ha mai desiderato tornare bambino per trovare rifugio nell' innocenza e nella spensieratezza infantili? Chi non ha mai cercato un mezzo per evadere dalla realtà e non si è mai costruito una protezione per i momenti in cui si sente minacciato dalla famigerata "Cuoca Nera"?

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