Il silenzio
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IL NERO DEL SILENZIO
“In altri tempi, più o meno ordinari, c'era sempre qualcuno con lo sguardo perso nel proprio cellulare, di mattina, a mezzogiorno, di sera, in mezzo al marciapiede, incurante degli altri che gli passavano velocemente accanto, completamente immerso, ipnotizzato, consumato dall'apparecchio, con gli altri che quasi gli andavano incontro per poi schivarlo all'ultimo momento; e adesso questi tossicodipendenti digitali non possono fare niente, i cellulari sono fuori uso, ogni cosa è fuori uso, completamente totalmente fuori uso”.
Ultimo libro del grande scrittore americano Don Delillo, una sorta di distopico (ma non troppo), apocalittico (senza sfociare nelle conseguenze estreme) che induce il lettore a riflettere sull’impatto della tecnologia nella vita dell’uomo contemporaneo. E se un giorno, per un motivo sconosciuto dovesse scomparire la connessione web, i computer non dovessero più funzionare, le linee ferroviarie, aeree, navali, le informazioni andassero tutte in “down”?
Il tema non è certo nuovo nella letteratura, però siamo di fronte a Don Delillo, uno degli scrittori americani viventi più importante, che sa conferire a questi motivi un sapore originale.
Il libro è molto breve, circa 120 pagine o poco più, è stato il più atteso di quest’anno, qualche fan aveva accettato anche di leggerlo in lingua. Io non avevo mai letto nulla dell’autore e quindi ho iniziato dall’ultimo libro scavalcando le grandi opere, come faccio sempre nelle mie letture disordinate, senza criterio, che procedono per puro opportunismo, sensazioni, occasioni.
“L'uomo sfiorò il pulsante, modificando la posizione verticale del sedile. Si ritrovò con gli occhi fissi sul più vicino dei piccoli schermi posizionati in alto, appena sotto la cappelliera: parole e numeri che cambiavano di continuo con il procedere del volo. Altitudine, temperatura esterna, velocità, ora di arrivo. Aveva sonno, ma continuava a guardare.”
L’incipit del libro ci catapulta a bordo dell’areo, insieme ai coniugi Jim Kripps e Tessa Berens che, dopo la pandemia che ha sconvolto il mondo, hanno passato le vacanze a Parigi e ora tornano a Newark. Siamo nel 2022, insomma, l’anno prossimo.
I personaggi, come l’altra coppia che troveremo più avanti, hanno delle manie: lui, nonostante sia assonnato, non riesce a smettere di leggere le futili informazioni sul volo che compaiono sullo schermo dello scomparto business dell’areo, attratto come un ossesso non stacca gli occhi dal dispositivo. Sua moglie invece, ha la capacità di parlare per rispondere alle domande incalzanti del marito sulla traduzione di alcune parole che compaiono sullo schermo e scrivere contemporaneamente nell’ennesimo quadernino tutti i pensieri, importanti o da scartare in seguito, che potrebbero essere spunti di scrittura.
All’improvviso il guasto sconosciuto, il velivolo comincia a traballare, lo stesso Jim si ferisce alla fronte nell’impatto causato dall’atterraggio di emergenza. C’è una strana pausa a questo punto, come in un film, e ritroviamo la coppia fuori dell’aereo, non si sa come, insieme ad altre persone ferite, in una sorta di ospedale. Prima della medicazione incontreranno una donna chiacchierona, molto bizzarra (come se loro stessi non lo fossero) poi raggiungeranno la casa di due amici: Max, studente di fisica e Diane, la sua docente universitaria. Il primo, di fronte a questo blackout che ha bloccato non solo la sua città, ma probabilmente tutto il mondo, comincia a parlare a ruota libera, imitando la voce di Einstein (di cui stava studiando un manoscritto), mescolando teorie complottistiche e apocalittiche, falsi aforismi del grande fisico, mentre Jim, continuando a fissare lo schermo nero della tv, inventa la radiocronaca della finale di Super Bowl che avrebbero dovuto vedere insieme!
Nessuno si affaccia alla finestra, nessuno sbircia fuori per vedere il panico tra la gente. Sono chiusi in un appartamento e tutto si trasforma come in un pezzo teatrale, in due parti: prima nell’aereo e poi a casa di Diane, due luoghi chiusi e fuori il caos che Don Delillo non vuole rappresentare lasciando il lettore in una realtà allucinata e dandogli la possibilità di immaginare cosa succeda al di fuori della casa di Diane.
La tecnologia sparisce dal mondo, “La parola stessa mi pare obsoleta, persa nello spazio. Dov’è la fede nell’autorità dei nostri device sicuri, delle nostre capacità di criptaggio, dei nostri tweet, dei troll, dei bot”.
Cos’è l’uomo senza la tecnologia? Il comportamento dei personaggi, quasi degli automi impazziti, nel silenzio degli schermi neri, testimonia la necessità non tanto di dare una spiegazione a questo fallimento quanto piuttosto di riempire il vuoto dello spazio chiuso lasciato dalla tecnologia. Parlare, parlare, parlare, non rimanere zitti, continuare a guardare, a fissare lo schermo nero, quasi ipnotizzati. La tecnologia ha riempito talmente le nostre vite che se dovesse sparire all’improvviso saremmo destinati alla regressione.
Non a caso, la frase di apertura del libro è “Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma la Quarta guerra mondiale si combatterà con pietre e bastoni” attribuita ad Albert Einstein, guru del giovane Max.
Mi è piaciuto, gran bella penna, ma mi aspettavo fuochi di artificio…
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E all'improvviso, il silenzio.
«La vita a volte può diventare così interessante che ci dimentichiamo di avere paura.»
Anno 2022, Manhattan. Il silenzio, la catastrofe. Un titolo suddiviso in due parti. Nella prima parte abbiamo un aereo con una giovane coppia della media borghesia americana che rientra da una vacanza dopo la pandemia. Tuttavia, durante il volo, tutti gli strumenti elettronici smettono di funzionare tanto che i piloti sono costretti ad un atterraggio di fortuna. Una volta in ospedale, la consapevolezza: non solo gli strumenti tecnologici del mezzo sul quale viaggiavano si sono fermati, quel blackout ha coinvolto tutte le linee telefoniche, gli strumenti digitali, le metropolitane, i treni, gli aeroporti. Tutto quello che era automatizzato si è fermato. Gli ospedali hanno raggiunto la massima saturazione, le strade si sono riempite di folle impazzite.
Nella seconda parte siamo in una casa. È in questa che gli amici della coppia attendono il loro arrivo. Protagonisti sono una professoressa di fisica in pensione e un uomo, il marito, ex suo studente innamorato della teoria della relatività di Einstein. Di punto in bianco ecco che lo schermo del televisore diventa nero. Il silenzio prende campo, si impossessa di ogni cosa.
«In altri tempi, più o meno ordinari, c’era sempre qualcuno con lo sguardo perso nel proprio cellulare, di mattina, a mezzogiorno, di sera, in mezzo al marciapiede, incurante degli altri che gli passavano velocemente accanto, completamente immerso, ipnotizzato, consumato dall’apparecchio […]; e adesso questi tossicodipendenti digitali non possono fare niente, i cellulari sono fuori uso».
La coppia attesa riesce a raggiungere la casa degli amici e l’abitazione si trasforma in un rifugio da quel che sta accadendo, da quel silenzio che si è impossessato di tutto. Da cosa questo è dovuto? Che si tratti di un attacco alieno? Di un attentato terroristico?
«Quello che è successo ha messo fuori uso la nostra tecnologia […] La parola stessa mi pare obsoleta, persa nello spazio. Dov’è la fede nell’autorità dei nostri device sicuri, delle nostre capacità di criptaggio, dei nostri tweet, dei troll, dei bot?»
Un dittico che invita alla riflessione e che in sole 123 pagine mostra al suo lettore le dimensioni di una apocalisse ordinaria. E cosa resta se non quel nero che circonda, rassegna, inquieta, non trova spiegazione? Non il miglior lavoro dello scrittore ma in ogni caso un titolo che sa offrire al suo pubblico molteplici spunti di interrogazione, domande e ricerca di risposte.
«Forse ognuno di quegli individui rappresentava un mistero per l’altro, per quanto il loro legame potesse essere stretto, ognuno di loro era racchiuso nella propria individualità in modo così naturale da sfuggire a una definizione conclusiva, a una valutazione immutabile da parte degli altri presenti nella stanza?»
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Benvenuti nel nuovo mondo
Due coppie, due uomini due donne, e un terzo. Cinque persone, dieci occhi all’alba di un evento e al tramonto della civiltà per come noi la conosciamo. La tecnologia fallisce un’ ultima volta. Che ne sarà di noi? Cosa ne rimarrà nei vastissimi spazi che lo squillare di un telefono o la parlantina di un telecronista sportivo non possono più colmare? Vuoto e silenzio, cinque persone sole con loro stesse, dieci occhi che finalmente si guardano e... non capiscono.
The Silence di Delillo è un capolavoro della non scrittura, delle pause tra le parole, il subconscio implicito che, allorchè venga a mancare la base, il territorio comune che ci rende animali sociali (sia esso un evento sportivo, una birra, un’informazione ormai irreperibile), stenta ad ergersi coscienza di massa, ormai inadatto e superato a tessere le maglie di un vivere comune.
Potere e pericolo della modernità: senza qualcosa da guardare, senza qualcosa da ascoltare noi non siamo più niente. Parole nel vuoto, pensieri erratici, gesti casuali. Silenzio.
The Silence corroborato da una scrittura mericolosamente scarna è la perfetta sintesi della nostra essenza. L’opera minimale non più solo ormai di un grande scrittore, ma di un grande poeta.
Molti hanno criticato il DeLillo maturo (il post Underworld) come qualcuno che si è snaturato, che non racconta più storie e punta tutto sullo stile. Non è vero, non si è snaturato è trasceso, la sua scrittura è diventata altro: non occorrono più paragrafi, frasi elaborate. Solo delle parole, leggere imbeccatte che ci indicano il cammino e noi raccontiamo a noi stessi la loro storia, che in fin dei conti è la nostra.
Il DeLillo maturo ha inventato un nuovo scrivere, trascendetale e olografico, voxel ad altissima definizone, collocati con perizia negli angoli più oscuri della nostra coscienza per permetterci di scrivere il vissuto dei suoi personaggi e, scrivendone, viverlo.
Credo che ben pochi autori come il DeLillo di quest’ultima opera siano in grado di teletrasportare (sì, proprio teletrasportare) il lettore, non in un’altra vita, ma in un altro vivere. Questa con la sua intima e personale sensibilità è la nuova frontiera della narrativa. Una frontiera che creiamo noi lettori, tra gli ampi spazi di un mondo disadorno. Il pianeta DeLillo.
Eccezionale, trasfigurante, mistico.