Il primo caffè della giornata
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Recensione della Redazione QLibri
Hakodate e la sua caffetteria
Torna in libreria Toshikazu Kawaguchi con “Il primo caffè della giornata”, seguito naturale de “Finché il caffè è caldo”, classe 2020 ed esordio del narratore e “Basta un caffè per essere felici”, classe 2021. Torniamo dunque in uno spin-off della caffetteria che per le sue peculiarità ha decretato il successo editoriale delle pubblicazioni. Una caffetteria in cui può aver luogo un determinato viaggio nel passato ma soltanto in virtù di alcune regole ben precise e delineate. Si tratta infatti della possibilità di avere una seconda occasione anche se, appunto, in quel viaggio nel passato nulla può e deve modificare il presente e in alcun modo il viaggiatore deve alzarsi dalla sedia sulla quale si trova. Ancora, il medesimo deve attendere che la sedia sia libera e le uniche persone che si possono incontrare sono quelle che nel passato sono entrate in quel caffè. Il viaggio ha inoltre inizio nel momento in cui viene versato il caffè e dura soltanto sino a quando il caffè resta caldo.
Altresì è ancora tassativamente vietato attendere oltre; una volta concluso il viaggio è pericoloso tentare di mantenere il proprio posto, circostanza che può comportare gravissime conseguenze. In questo libro pertanto a essere protagonista non è la caffetteria di Tokyo, ma quella di Hakodate con le medesime caratteristiche.
«Nella caffetteria di Hakodate, come in quella di Tokyo, c’era una sedia dove i clienti potevano viaggiare nel tempo. Qui la sedia si trovava vicino all’ingresso del locale ed era occupata da un signore anziano in abito scuro.»
Ecco allora che l’attenzione del lettore si sposta e focalizza su questo luogo, teatro delle vicende ideate da Kawaguchi. Ancora una volta i personaggi che incontriamo sono alla ricerca di una seconda occasione, di una seconda opportunità. Quattro grandi racconti (La figlia, Il comico, La sorella minore, L’uomo che non sapeva dire “ti amo”) in cui è racchiusa tutta l’essenza dell’opera che trova voce per mezzo dei tanti personaggi. Da Yoyoi che privata dell’affetto dei genitori quando era molto piccola teme di non riuscire a vivere e ad affrontare la vita con un sorriso, a Todoroki la cui carriera sfavillante e di successo ha offuscato una vera felicità sempre avuta a portata di mano, ed ancora Reiko che è schiacciata dal senso di colpa per non aver saputo chiedere scusa alla sorella perduta e Reji che ancora non riesce a pronunciare quel “ti amo”, ostacolo invalicabile.
Tuttavia, talvolta, quel che davvero può fare la differenza è la chiave di lettura, la prospettiva con la quale ci avviciniamo e approcciamo ai problemi. Questo, insieme alla consapevolezza delle vite potenziali e concrete e ai sentimenti che costellano il nostro vivere con i pregi e difetti, porta il lettore a cogliere l’essenza del titolo e a riflettervi.
Lo scritto è avvalorato da una penna semplice, poco erudita, finalizzata a dar vita a una canonica miniatura giapponese e non sempre è scorrevole o capace di coinvolgere il lettore. Ciò anche a causa di una frammentarietà che ne caratterizza le pagine e alla naturale formula del racconto prescelta. Altrettanto ancora cade nei classici cliché a cui siamo abituati o tende a confinarsi nel classico déjà-vu. In conclusione, “Il primo caffè della giornata” è un titolo finalizzato a dare e trasmettere leggerezza. Si amerà se si è alla ricerca di questo e cioè di uno scritto che solletichi con delicatezza l’animo o comunque non si caratterizzi per essere una lettura troppo impegnativa, si faticherà ad apprezzarlo se invece si è alla ricerca di titoli più di sostanza e più corposi e meno facenti parte di un format.
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Trasferta ad Hakodate
Con questo terzo capitolo, la serie antologica di Kawaguchi si conferma un intermezzo agrodolce per staccare tra letture più cupe o pesanti. "Il primo caffè della giornata" è sempre composto da quattro novelle, fruibili come storie indipendenti ma strettamente collegate dai personaggi ricorrenti, dall'ambientazione, e ovviamente dalla famiglia Tokita, che ormai conosciamo molto bene.
Rispetto ai capitoli precedenti è evidente da subito una grossa novità: non siamo più a Tokyo! la narrazione ci porta infatti ad Hakodate, città portuale dell'isola di Hokkaido, dove Nagare Tokita si è momentaneamente trasferito con la cugina Kazu e la nipote Sachi per occuparsi dell'altra caffetteria di famiglia, durante l'assenza della madre Yukari. Come tra i primi due libri, anche in questo caso abbiamo un salto in avanti di otto anni circa, che ci porta nel 2030; un futuro non poi così lontano dalla contemporaneità, ma sappiamo che mai come in questa serie il tempo è relativo.
Gli intrecci narrati nelle singole novelle non si allontanano dal tono stabilito dai capitoli precedenti: a dare il via all'azione è quasi sempre una persona che soffre per la perdita di un caro defunto, e cerca nella possibilità di viaggiare nel tempo un'ultima occasione di confronto. Le storie che mi hanno convinto maggiormente sono state "La figlia", incentrata sul dramma familiare di Yayoi Seto e di sua madre Miyuki, e "La sorella minore", in cui si analizza invece il rapporto tra le sorelle Reiko e Yukika Nunokawa; in entrambi i casi ho trovato ben riuscita la combinazione tra fattore emotivo ed intreccio fantascientifico.
Gli altri due racconti non sono propriamente sull'estremo opposto, ma per qualche aspetto non mi hanno convinto del tutto: "Il comico" mi è sembrato eccessivamente simile alla prima novella a livello di trama, mentre de "L'uomo che non sapeva dire «ti amo»" non mi è piaciuta la conclusione, anche se si tratta di un'impressione personale. Gli altri elementi non troppo riusciti sono le continue ripetizioni nei dialoghi -a dir poco snervanti, soprattutto se leggete la raccolta come volume unico-, la caratterizzazione troppo esagerata per i miei gusti del personaggio di Sachi e l'introduzione di una nuova ambientazione, che rende ancora più assurde ed inspiegabili le regole dei viaggi nel tempo.
Nel complesso però la lettura mi è piaciuta parecchio, in primis per i tanti collegamenti ai volumi precedenti che rispondono a diverse domande lasciante in sospeso, come l'assenza di Nagare da Tokyo quando Kei arriva dal passato alla fine del primo libro. È stato carino poi veder cresce ancor di più la famiglia Tokita, non solo con una nuova generazione ma anche con l'introduzione di Yukari, presente in scena solo per poche pagine eppure essenziale in ognuno dei racconti.
E se è vero che leggere delle storie con un messaggio di fondo abbastanza simile può sembrare noioso, in realtà si nota come l'autore provi a dare delle sfumature maggiori alle motivazioni dei personaggi, e anche dei dettagli personali quando descrive le loro emozioni. Per quanto mi riguarda, trovo sempre molto appassionante anche mettere assieme pagina dopo pagina i piccoli pezzi che in un secondo momento contribuiranno a formare le novelle successive.
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Toshikazu Kawaguchi anche basta
Toshikazu Kawaguchi torna per la terza volta a raccontare storie di uomini e donne che, tramite la "magica" seduta presente in un piccolo caffè (questa volta non a Tokyo, ma) nel cuore di Hakodate, viaggiano avanti o indietro nel tempo per i più svariati motivi, generalmente per risolvere questioni in sospeso con i loro familiari.
Che dire? Io capisco tutto: il successo del primo romanzo, l'apprezzamento del secondo, ma adesso direi che forse è il caso di mettere un punto.
Il format della saga, in realtà, si presta a un numero potenzialmente infinito di sequel, poiché la trama verticale, ossia le vicissitudini riguardanti i personaggi ricorrenti, si sviluppa pochissimo in ogni volume, dunque bastano tre o quattro storie di persone con conflitti irrisolti ed è facile consegnare all'editore un nuovo volume. Ma qual è il senso? Qual è la novità? Nessuno e nessuna. Dunque, dopo aver letto piacevolmente il primo e, più o meno aver gradito il secondo, questo terzo libro l'ho trovato insulso e piatto, nonostante l'abbia ascoltato su Audible e non letto. Probabilmente il romanzo cartaceo ci avrei messo una vita a finirlo, ma le lunghe passeggiate con il cane mi hanno aiutato a lasciarmi trascinare passivamente all'interno dei quattro macro racconti che compongono "Il primo caffè della giornata".