Il prigioniero del cielo
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Un pò decadente
Questo libro fa parte della tetralogia cosiddetta del cimitero dei libri perduti. Ne costituisce il terzo volume e, dei primi tre che finora ho letto, è, a mio avviso, il meno bello. Mi è dispiaciuto, anche perché nei confronti di quest’autore ho un grande debito personale. Dopo un periodo della mia vita in cui non sono stata affatto bene, mi ha fatto tornare la passione della lettura, che è sempre stata un mio tratto distintivo. Non a caso, la recensione del libro “Il gioco dell’angelo” è stata la prima che ho pubblicato su QLibri. Anche in questo terzo capitolo della saga l’ambientazione è a Barcellona, ma in queste pagine l’ho trovata molto cupa. L’alone di mistero, che è una caratteristica peculiare di queste storie, conferisce anche in questo caso un fascino innegabile alla storia, che però ha elementi anche molto grotteschi, che non ho apprezzato particolarmente. La piacevolezza della lettura è disturbata da alcuni tratti un po’ troppo decadenti, che secondo me sono abbastanza fuori luogo e che fanno perdere il magnetismo da cui ero stata colpita nei primi due volumi. Cercherò di ritrovare il mio Zafon nei meandri del labirinto del quarto libro della serie e intanto gli auguro buon viaggio, perché per me sarà sempre quello scrittore che mi ha permesso di ritrovare una parte importante di me stessa.
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Il gioco dell'angelo
Benvenuti nella libreria Sempere...
Inizio la popolare saga con “Il prigioniero del cielo”, attenendomi, curioso e affascinato, alla prescrizione fatta sulle prime pagine introduttive di questa bella edizione (Oscar Bestseller Mondadori, copertina nebulosa e retro blu elettrico), secondo la quale, al labirinto letterario costituito dai 4 testi della serie (L’ombra del vento, Il gioco dell’angelo, Il prigioniero del cielo, Il labirinto degli spiriti), si può accedere come meglio si crede o lasciandosi condurre dal caso, liberi da un ordine preciso univocamente praticabile.
In una Barcellona spettrale, sovrastata dall’ombra della dittatura franchista, priva dei radiosi attributi della città catalana visitabile nell’immaginario comune attuale, è attorno alla Libreria dei Sempere che si snodano le misteriose vicende che magicamente annodano un passato apparentemente sepolto con un presente colmo di quesiti insoluti.
Personaggi alla costante ricerca di sé stessi ma votati all’autodeterminazione popolano le scene; se ne fa la conoscenza attraverso le pagine, accolti e guidati dalla confortevole scrittura di Zafon che ammanta tutto di quell’aura suggestiva di nostalgia ed incanto propria delle storie ben narrate.
- “Quel mese di gennaio arrivò vestito di cieli cristallini e di una luce gelida che spolverava neve sui tetti della città. Il sole brillava ogni giorno e strappava schegge di luce e ombra alle facciate di una Barcellona trasparente in cui gli autobus a due piani circolavano con il tetto vuoto e i tram, passando, lasciavano un alone di vapore sui binari.” -
Il mio prossimo passo dentro al “labirinto” sarà rappresentato con ogni probabilità da “L’ombra del vento”, anche se mi riservo di compierlo senza troppa fretta.
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Non c'è due senza tre
Come per i primi due romanzi, il lettore viene nuovamente riportato nella piccola libreria di casa Sempere dove tutto ha avuto inizio.
Da un'intervista, apparsa sul quotidiano spagnolo Abc, Zafón definisce il romanzo:
"Più agile e leggero de Il gioco dell'angelo, il volume più oscuro e difficile dei quattro, El prisionero del cielo permette di reinterpretare i due libri precedenti della serie. Le cose che i lettori hanno trovato confuse o ambigue ne Il gioco dell'angelo - il significato, ma anche il modo in cui si conclude - vengono chiarite."
Come non essere d'accordo. Dal momento che il personaggio è David Martin - Il narratore di Il gioco dell'angelo - dovrebbe essere chiaro che la familiarità con entrambi i capitoli precedenti della tetralogia.
Nonostante la grande prosa, che ci si aspetta da un romanzo Zafón, l'unico neo che ho notato è che Il prigioniero del cielo è il meno autosufficiente dei romanzi.
La narrazione ritmica di Zafòn, col suo linguaggio realistico a volte crudo ma sempre molto efficace, riesce a farmi leggere centinaia di pagine quasi d’un fiato. Non stanca l'aggiunta di dettagli poiché non distolgono l'attenzione dagli intrighi che spesso si avvicinano alla verità e poi improvvisamente danno un calcio verso l’ennesimo nodo da sciogliere.
Il prigioniero del cielo è più breve rispetto agli episodi precedenti della serie ed è anche tematicamente diversa introducendo più politica e riducendo al gioco continuo tra presente e passato dei primi due libri. Il romanzo presenta una trama molto dialogata e veloce, con un finale che suona proprio come un "To be continued...".
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La città maledetta: terza parte
Nel romanzo “Il Prigioniero del cielo” ritroviamo gli inseparabili amici Daniel e Fermin. Daniel ormai sposato dirige la libreria di famiglia con i ritmi di una vita in cui finalmente tutto sembrava essersi lasciato alle spalle. In un giorno di una Barcellona che vedeva il Natale ormai alle porte, alla libreria fa visita un uomo che dopo aver “acquistato” al triplo del suo valore una copia de “Il conte di Montecristo” e aver scritto un messaggio, lo lascia a Daniel perché egli lo consegni nelle mani di Fermin. Da qui in poi la narrazione si colorerà di incontri e aneddoti che Zafon ha saputo sempre dirigere con maestria in una Barcellona violenta per chi non si lasciava cadere nella cultura del regime totalitario degli inizi del 900. Le storie del piccolo Daniel e del rivoluzionario Fermin si intrecceranno nuovamente nel passato, dando risposte inimmaginabili nel presente e che porteranno a futuri rancori. Zafon come nel primo e secondo libro della trilogia, permette al lettore di entrare in contatto con i personaggi quasi da poter condividere le scelte con gli stessi. Leggendo sembra di poter camminare impavidi con loro nella luce rossastra e piovosa di una Barcellona dal presente, ma molto più dal passato, segreto e tenebroso.
L’ultimo punto di un cerchio che chiude le avventure della famiglia Sempere, di Fermin Romero de Torres e degli attori di un libro che ci spinge alla ricerca dei luoghi dove hanno vissuto, nella speranza di poterli incontrare. Sono infatti i personaggi, più che la storia in sé, il fulcro di tutto il romanzo: coloro che danno spessore ed enfasi alla vicenda. Sebbene sia Daniel il protagonista, punto forte del romanzo, anzi di tutta la serie del cimitero dei libri dimenticati, è Fermin Romero de Torres:
“Fermín Romero de Torres. Di professione, servizi segreti settore Caraibi della Generalitat di Catalogna, ora in disarmo, ma di vocazione bibliografo e amante delle belle lettere“
Fermín è un uomo dall’umorismo sfrenato e da un’ironia incredibile. Una persona sensibile con valori giusti, e che nonostante il suo passato pieno di terrore, conserva in sé un grande amore per la vita e per il prossimo. Non da nulla per scontato e vive a pieno ogni respiro che la vita gli dona, anche se sotto tutto quell’umorismo le cicatrici del passato pulsano nella sua testa. Tuttavia l’amore per la donna che ama e per Daniel sono molto più forti del passato; è forse anche questo uno degli insegnamenti di Zafon, che nonostante “tutti i dolori” la vita e l’ottimismo possono sempre vincere se si ricorda di guardare il bicchiere mezzo pieno. L’amicizia (forse più dell’amore) è certamente il valore che sta alla base del romanzo.
“Ciò che conta è che quasi tutto è possibile quando si ha un vero amico, pronto a mettersi in gioco e a smuovere cielo e terra […]“
“Vedendo il mio amico baciare la donna che amava mi venne fatto di pensare che quel momento, quell’istante rubato al tempo e a Dio, valesse tutti i giorni di miseria che ci avevano condotto fin lì e tutti quelli che sicuramente ci aspettavano una volta tornati alla vita, e che tutto quanto era onesto e limpido e puro in questo mondo, e che tutto ciò per cui valeva la pena continuare a respirare era in quelle labbra, in quelle mani e nello sguardo di quei due fortunati che capii, sarebbero rimasti insieme fino alla fine delle loro vite”.
In ogni caso l’arte di Zafon, risiede in particolar modo nella capacità di far respirare ai suoi lettori, il profumo di libri, di biblioteche antiche e di avventura. Cosa per cui sarò sempre grata a questo grande scrittore:
“I libri sono come degli specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro.”
ps: volevo dire che la recensione non è solo opera mia, ma frutto della collaborazione mia e di Pietro.
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non è ancora finita
Ahimè siamo arrivati all’ultimo capitolo dell’avventura di Daniel, almeno per me!
Finalmente molti intrecci, inganni, intrighi e misteri vengono svelati…ma non tutti! La storia non è ancora finita!!!!
Tutto comincia ad avere un filo logico nella tua testa e molti tasselli vengono scoperti, credo di aver pienamente compreso tutti i vari personaggi solo grazie a quest’ultimo libro.
Degno di tutti gli altri due e anzi ancora più tenebroso!
Quello che scriverò ora lo ripeterò sia per la recensione de "L’ombra del vento" che per "Il prigioniero del cielo".
In generale è storia avvincente e piena di misteri che non riuscirai a comprendere pienamente fino alla lettura dell'ultima parola dell'ultimo libro.
Eh si! La storia prosegue per bene 3 libri e non si è ancora conclusa, il che mi crea un ansia d'attesa indescrivibile.
Non è importante da quale dei tre incominci, ogni singolo libro racconta frammenti della vita di Daniel, che poi andranno ricollegati fra loro pezzo per pezzo, pagina per pagina.
Anche se io personalmente consiglio di iniziare da L'ombra del vento, proseguire con “Il gioco dell’angelo” e finire con “Il prigioniero del cielo”.
Una vita dalla quale non vorrai più staccarti, non sarai mai sazio di tutte le spiegazioni che ti verranno date su ogni singolo avvenimento!
E quando finirai ti verrà voglia di ricominciare tutto da capo, per paura di esserti perso qualcosa o semplicemente per non far finire l'avventura, non così presto!
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il riemergere del mistero
"Il prigioniero del cielo" riprende i personaggi dell’Ombra del Vento, del quale costituisce il sequel, ma allo stesso tempo ci riporta, tramite il racconto dell’amico Fermin, a fatti antecedenti la storia del primo libro della trilogia del Cimitero dei libri dimenticati che aggiungono nuove rivelazioni e misteri sulla vita del protagonista Daniel Sempere, ormai adulto.
La narrazione, dal ritmo meno serrato rispetto all’Ombra del Vento risulta, a tratti, più cupa e ci trasporta nella ricostruzione del clima di terrore e di barbarie della Barcellona franchista e di tragici avvenimenti che porteranno allo stravolgimento della personalità dello stesso Daniel e all’esplodere in lui della rabbia, fino ad allora sopita, per la morte della madre.
Il mistero sulla morte della donna, che fino ad allora Daniel pensava avvenuta per cause naturali, è infatti il nodo centrale, non risolto, attorno al quale si dipana tutta la trama del libro. A contorno troviamo le vicende degli altri protagonisti, come il tanto atteso matrimonio tra Fermin e l’adorata Bernarda.
Il finale è aperto e ci lascia l’immagine di Daniel pronto alla vendetta.
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The Third Piece
Ed eccoci qua. Terzo appuntamento con Zafòn e la sua serie del Cimitero dei Libri Dimenticati. Terzo pezzo del puzzle che si aggiunge al quadro.
Parto dal dire che probabilmente è quello che dei tre mi ha preso meno.
Ciò non vuol dire che non mi sia piaciuto. Mi spiego meglio. “Il Prigioniero del Cielo” ha l’aria di essere un romanzo di transizione, dove incontriamo facce conosciute e realizziamo i collegamenti che queste hanno tra loro. Scopriamo che Fermìn è legato alla nostra vecchia conoscenza David Martìn, ed il quadro comincia a farsi decisamente più chiaro. Ho l’impressione che questo romanzo sia una sorta di preparazione al lettore per il gran finale, che promette di essere un grande libro. Proprio perché è una sorta di preparazione al seguito, che questo libro perde un po'. Vi spiego. Punto uno, Il caro Zafòn che ho imparato ad apprezzare molto nelle sue ultime opere da me lette, ha perso un po' di smalto nella scrittura, mi è sembrata molto sbrigativa, il libro è decisamente meno poetico degli altri due, soprattutto de “L’Ombra del Vento”. Punto due, essendo appunto un romanzo di transizione, non ha una trama consistentissima, abbiamo il losco figuro all’inizio del libro che ci ricorda un pò il caro Juliàn Carax, che sembra promettere bene, ma che alla fine non soddisfa le aspettative che crea con la sua entrata in scena pittoresca. Punto tre, il romanzo finisce presto, perché è si di piacevole lettura, ma è a mio parere un po' breve, anche se dalle dimensioni del libro non si direbbe(il trucchetto dei caratteri grandi).
Da tutto questo può sembrare che il libro non mi sia piaciuto, non è così, è un bel libro, ma credo possa essere apprezzato solo da chi ha letto gli altri due, perché la parte più bella del libro è appunto ammirare tutte le connessioni che si creano tra i personaggi dell’opera presente e di quelle passate. Per quanto Zafòn si sforzi di creare opere distinte tra loro, cioè che possano essere lette anche da sole e non necessariamente in ordine cronologico, ci è riuscito con i primi due, ma qui, mi tocca dire che non ci è riuscito appieno. Perchè? Soprattutto perché si sofferma sul passato di Fermìn, personaggio a noi molto caro, ma che abbiamo imparato ad apprezzare soprattutto nel primo libro. Da sola, e lo sottolineo, da sola, la storia è un po' scialba, e mettendomi nei panni di chi dovesse leggere questo per primo, rimarrei non poco frastornato e confuso. Io, avendo letto i primi due, ne sono rimasto ammaliato ed ho apprezzato molto i nuovi scenari che si sono creati tra i protagonisti. Il mio consiglio finale è, leggete questo libro assolutamente, ma vi prego, leggete prima “L’ombra del vento” e “Il gioco dell’angelo”. Caro Zafòn, ora tocca a te, stupiscimi con l’ultimo capitolo di questa serie di opere che devo ammettere sia di quelle che preferisco in assoluto.
“Deve pensare che sono uno stupido Fermìn”
“No, credo che lei sia un uomo fortunato, almeno in amore, e che, come quasi tutti quelli che lo sono, non se ne renda conto.”
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Il gioco dell'angelo.
Prigionieri di Zafòn
Questo è il terzo libro appartenente alla quadrilogia de " Il Cimitero dei Libri Dimenticati". Se L'Ombra del Vento ci ha ipnotizzati facendoci innamorare dello stile dell'autore e da una trama davvero avvincente, Il Gioco dell'Angelo ci ha elettrizzati e fatto perdere le ore del sonno, con Il Prigioniero del Cielo Zafòn ci prende per mano e sembra dirci di rallentare la corsa della lettura e riprendere fiato per il "colpo finale".
In una Barcellona ambientata nel dopo-guerra ritornano alcuni personaggi chiave che ormai potremmo definire Amici di lettura, dei quali difficilmente potremo dimenticarci e dai quali irrimediabilmente non potremo mai separarci.
Forse questo terzo capitolo è un po' più comico, sicuramente più leggero dei due precedenti, ma attraverso la lettura di esso Zafòn comincia a giocare a carte quasi scoperte.
Sono letteralmente innamorato dallo stile di questo autore che nel momento in cui sembra averci fatto toccare le profondità oscure del romanzo gotico ci proietta in un contesto solare ed abbagliante ma la cui risoluzione è così inaspettata ed incastonata ad hoc nel contesto della quadrilogia che ora ci porta ad attendere con sicura trepidazione l'uscita dell'ultima opera a conclusione di una storia davvero indimenticabile.
Il prigioniero del cielo è il libro giusto al momento giusto, l'aperitivo che non ti aspetti e che ti ingenera ancora più fame di lettura.
Non posso rivelare neanche una virgola della trama anche perchè anche la quarta di copertina non ne sarebbe all'altezza.
Con incommensurabile avidità...buona lettura a tutti.
Syd
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La storia nella storia
Ebbene sì, sono giunta anche io a questo fatidico terzo libro. Essendo un periodo in cui di libri ne ho acquistati a valanghe, per adesso mi sono accontentata di prenderlo in prestito dalla biblioteca del mio paesino. Non potevo più aspettare, Zafón non può mai aspettare. Perché i suoi libri sono un po' come una bella dose di eroina: appena ci finisci dentro, è un bel guaio uscirne fuori. Che l'autore in questione sia uno dei miei preferiti, credo sia già abbastanza chiaro per chi mi conosce; il fatto è che, leggendo questo pseudo capitolo finale, credevo di ricevere mille risposte a mille domande che mi ponevo e che tuttora continuo a pormi. Il protagonista è forse Daniel? Forse Fermìn? Onestamente non saprei decidere: la maggior parte del romanzo ruota intorno a vari flashback che portano il lettore ad una "verità". Mi sento di metterla tra virgolette perché francamente, al posto di facilitarmi la comprensione rispetto all'andamento della vicenda, il tutto ha aumentato i miei dubbi e le mie curiosità. Alcuni personaggi che erano stato messi da parte ne "Il gioco dell'angelo" vengono ritirati fuori è utilizzati come aiutanti e non. Sarà che David mi ha scosso l'animo, sarà che ho trovato questo libro un completamento del primo, ma devo ammettere che rispetto ai precedenti non mi ha lasciato le stesse sensazioni. Mi ha sì, fatto battere il cuore (come al solito, del resto), ma non allo stesso modo degli altri due. Forse perché è solo da vedere come un frammento, come una parte della storia. Mi ha fatto morire dalla risate il solito sarcasmo di Fermìn e le sue battute che sono state utili a risollevarmi il morale in attimi di sfrenata malinconia. Nonostante questo, niente da opinare: Zafón non mi ha deluso, mi ha semplicemente lasciata con la voglia di andare a trovarlo a casa e strozzarlo per costringerlo a pubblicare questo strabenedetto finale. Dopotutto, chi come me ha letto il libro, sa benissimo che questa non è la fine, "ma solo l'inizio".
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Il principe del cielo: palinodia in progress
Si inizia a leggere " il prigioniero del cielo" convinti di "avere a che fare" con il capitolo finale della trilogia, per poi rendersi conto solo all'ultima pagina, che: "... la storia non è finita, ...ma è appena iniziata".
Per chi ha letto tutto d'un fiato "L'ombra del vento", attraverso un ritmo calzante, una totale padronanza del genere gotico, che è solo un aspetto della miscellanea di generi letterari che Zafòn sapientemente destreggia ( dalla fantascienza, al romanzo dell'orrore al thriller psicologico, al romanzo pseudo-storico), e ha continuato l'impaziente lettura nel " gioco dell'angelo", in cui si ravvisa, con qualche punta di delusione, una forzatura narrativa ed espedienti letterari che ricordano i romanzi precedenti come: " Marina" o " il palazzo della mezzanotte", quasi un omaggio metaletterario alla sua produzione letteraria giovanile, giunge al libro - per ora- finale, con tante attese e speranze di veder finalmente svelati tutti i misteri che vedono coinvolti e in cui sono coinvolti tutti colori che hanno a che fare con " il cimitero dei libri dimenticati".
E' come se vi fosse qualcosa di sadico in suddetto cimitero che nasconde, il più delle volte. enigmi o misteri poco edificanti per chi si avvicina.
Tutto ciò che è effettivamente "dimenticato", viene riportato immediatamente alla luce, con tutto il suo seguito di misteri loschi e perversi, da chi si accinge a porre le mani nell'universo della letteratura dell'oblio.
Il compito non è più custodire il libro, ma risolvere l'enigma che il libro nasconde.
Tutto ciò viene affrontato da Zafòn con l'acribia e la perizia che apparteneva solo ad Arthur Conan Doyle o più di recente a Fred Vargas , Petros Markaris, Pierre Magnan, Timothy Williams....
Nell'ultimo libro tuttavia, si ravvisa non solo un'incoerenza nelle versioni ( Nel gioco dell'angelo David Martin viene a conoscenza della morte di Isabella da una lettera ricevuta 15 anni dopo "..dalla notte in cui fuggì per sempre dalla città dei maledetti...",in cui Sampere figlio fa una rassegna veloce di quanto accaduto dal momento della sua scomparsa. In quel momento, David Martin si sarebbe dovuto trovare in prigione, con Isabella che lotta con Mauricio Valls per la sua scarcerazione e non " in un vecchio capanno sulla spiaggia"....
A meno che David Martin non si trovi effettivamente in prigione e non sia succube delle sue visioni "schizofreniche" ( supposizione affermata anche dal "medico" Romàn Sanahuja....) che lo porti ad immaginare di trovarsi altrove...Cosa piuttosto strana visto che Isabella afferma che suo marito non è a conoscenza del suo operato ed invece la lettera che David Martin riceve è scritta proprio da Sampere figlio....).
Diverse incongruenze, quindi, che non intaccano con la prosa veloce e scorrevole.
Forse qualche forzatura nel raggiungere celermente il finale che mette in eclissi alcune vicende importanti ( come il caso di Mauricio Valls..), che probabilmente sarà trattato in maniera maggiormente esaustiva nel IV libro.
Una scelta Ad Hoc quindi, quella di trattare superficialmente dell'episodio che richiede maggior tempo narrativo.
Particolare encomio invece va fatto a Fermìn Romero de Torres, che con il suo carattere iperbolicamente esuberante e comico, le sue battute pronte e sapienti, e il suo fare paterno e ponderato, riesce ancora una volta, a strappare sorrisi ed ilarità anche nei momenti più "patetici " o "elegiaci" dell'opera.
Lo scaltro e sapiente uso del linguaggio e del motto di spirito, ne fanno un moderno eroe boccacciano, uno "spurcissimus dyoneus" o un personaggio quasi strappato, anacronisticamente, alla VI giornata del Decamerone.
Tutto sommato, anche il "principe del cielo" si presenta come una palinodia affascinante e ricca di risvolti, che tuttavia, ci si augura saranno definitivamente spiegati, nel capitolo finale della tétralogie...