Il porto delle nebbie
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Il crocevia delle esistenze
“La neve offre alla miseria il più commovente degli scenari. Un miserabile sulla neve ha ancora un valore sociale, mentre un miserabile in pieno sole è già marciume.”
Il piccolo lampione rosso del Lapin Agile... Unico guizzo di colore nella notte fredda e desolata di Parigi, dove la neve onnipresente spegne ogni suono possibile. Jean Rabe, infreddolito, ripara nella bettola. Il gestore, Frederic, lo accoglie senza riserve, nonostante il misero aspetto che il giovane disoccupato trascina con sé.
Pare impossibile che la porta continui ad aprirsi in una notte del genere: eppure in quel luogo si rifugia prima Michael Kraus, un giovane pittore tedesco, poi il soldato Launois, che sta carezzando l'intenzione di disertare dalla Marina coloniale, e ancora Nelly, misera e anonima creatura, almeno all'apparenza; per finire con un macellaio che, in una concitata fuga verso un riparo, ha perso nella neve un pacco cui sembra tenere molto.
La notte continua con bicchieri che si vuotano, scambi di vedute, e persino pallottole vaganti che un gruppo di esagitati nottambuli spara verso la facciata del Lapin Agile. Fino all'alba. Quando i cinque ospiti lasceranno il locale ed ognuno andrà per la sua strada.
“Il porto delle nebbie” è un'opera molto nota, anche grazie al film che il regista Marcel Carné ne ha tratto (con protagonista il grande attore francese Jean Gabin). Va ricordato pure un libro dello scrittore George Simenon che porta lo stesso titolo, e con questo di Mac Orlan non va confuso.
“Il porto delle nebbie” è anche un'espressione molto nota, sebbene frutto di un equivoco: a Parigi, infatti, non vi è alcun porto. La traduzione esatta del termine “quai” – nel titolo originale “Le quai des brumes” – sarebbe “crocevia”; a meno di voler dare al Lapin Agile il senso figurato di porto, per anime “marinaie” che cercano un riparo sicuro nella tempesta delle proprie vite.
Fino alle prime timide luci dell'alba, e all'uscita dal locale, quando Mac Orlan dedica uno o più capitoli a ciascuna figura e al destino che attende fuori, dipingendo dei “tipi” memorabili.
La bellezza di quest'opera è proprio lì: nella ricerca di un significato che ogni personaggio tenta di darsi a suo modo. Alla fine, quella ricerca emanciperà la sola figura di Nelly: affrancatasi dai propri limiti, la donna troverà le sue certezze.
Un'ultima menzione va al Lapin Agile: semisconosciuto al tempo in cui scrive Mac Orlan, è oggi un punto fermo per chi si reca in visita a Parigi, menzionato dalle guide turistiche tra i luoghi imperdibili di Montmartre; un locale che nel tempo ha visto tra i suoi tavoli personalità come Picasso, Modigliani, Apollinaire, ed altre.