Il Polacco
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Quale amore?
Una donna, Beatriz, che incarna la Beatrice di Dante agli occhi e allo sguardo desideroso e innamorato di Witold, un pianista polacco interprete di Chopin, un corteggiamento respinto, negato, nascosto, fugace, pochi giorni condivisi, il distacco, la lontananza, 84 poesie testamento e testimonianza dell’ afflato amoroso di un uomo in declino forse desideroso di essere salvato.
Il “ Polacco’ è un breve romanzo percorso da echi di intensità e di intimità, un’ idea di relazione troppo complicata per essere se non nell’ ideale romantico di Witold.
Beatriz è una donna colta, preparata, intelligente, rinchiusa in un matrimonio che possiede la certezza degli anni, brava moglie e brava madre, non curiosa del mondo ma di stessa, Witold è un pianista grande e grosso con due mani enormi, un uomo piuttosto pomposo e formale che non riesce a concedersi liberamente.
Invitato da Beatrice a tenere un concerto nella sua Barcellona, ci sarà una cena condivisa e una conversazione tenuta in inglese, una lingua che non appartiene al proprio lessico quotidiano e che contribuisce a mantenere un senso di formalità e una certa distanza.
Dopo qualche tempo, quando tutto sembra dimenticato, un’ improvvisa corrispondenza epistolare rivela l’ amore di Witold per Beatrice, vorrebbe incontrarla, amarla ed esserne amato, fuggire con lei altrove.
È un momento di rottura, di separazione, di stallo, agli occhi di Beatriz una relazione impossibile per ovvi motivi, il proprio matrimonio, la differenza di età, la non conoscenza, l’ assenza di una qualsiasi forma di attrazione, l’ appartenenza a due mondi separati e distanti, uno artistico e l’ altro reale, due sconosciuti che hanno poco da condividere oltre alla musica.
Da cosa nasce la passione di Witold, improvvisa e totalizzante, che nasconda dell’ altro, Beatriz che cosa vuole e che cosa vede in lui tanto da accettare di incontrarlo?
Cresce una trama nella trama, realtà e fantasia, ragione e sentimento, un corteggiamento a distanza negato da chi vive la quiete domestica di un matrimonio privo di intimità e che non ha bisogno di sentirsi amata. Beatriz rimugina sul proprio vissuto, una donna che non sogna e che da tempo vive lunghi sonni tranquilli, che racconta al marito solo porzioni di verità, e allora perché i suoi pensieri ritornano a Witold, che cosa vede e gli piace di lui ?
Di certo l’ espressione artistica del pianista polacco e’ priva dell’ ardore e del sentimento che l’ ha fatta innamorare della musica di Chopin, forse ne apprezza il piacere che trae da lei, l’ esposizione al suo sguardo, o si tratta di semplice compassione?
Difficile dirlo quando le parole non bastano, comunicare è difficile, lunghi silenzi ricoprono un tempo trascorso e condiviso che non tornerà, se non cercando di decifrare le poesie di un non poeta che parlano di lei, di una vita diversa, ignorata, di sentimenti sconosciuti, di un amore che si nutriva di sguardi e che bastava a se stesso nel respiro dei giorni mancanti.
“ Il Polacco “ è un romanzo con diversi piani di lettura, psicologici, letterari, storici, musicali, reali, ipnotici, a rappresentare una femminilità complicata e complessa, ferita, tormentata, stratificata, fragile, curiosa, profonda, invischiata nell’ oggi, in bilico tra il passato e il futuro, che cerca di leggersi dentro, rigettando una certo romanticismo di chi è intrappolato nel proprio io di artista in un ideale totalizzante.
Una relazione intensa e fugace, vissuta intimamente, un tentativo di entrare nei sentimenti propri ed altrui, spesso inaccessibili e sconosciuti, mentendo anche a a se stessi, di dare un significato, agli sguardi, ai momenti condivisisi, alle parole non dette, al senso insensato di un artista e della propria arte, al proprio bisogno di amore.
In una quotidianità inappetente e annoiata, tradita, tenuta sotto controllo, forse non si è fatto abbastanza per capire l’ ’essenza più vera dell’ altro, un sentimento di intimità rimane nel proprio io più riposto mentre la vita prosegue la propria tormentata storia.
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Witold & Beatriz
«Tutti dobbiamo stare da qualche parte. Non possiamo non stare da nessuna parte. È la condizione umana. Ma no. Sono qui per te.»
Il suo nome è Witold Walczykiewicz ed è “il maestro”, il settantenne polacco. È noto per le sue interpretazioni austere, il suo profondo lirismo, la passione smodata per Chopin. Ella è Beatrice, è una donna di origine spagnola con un matrimonio fallito in camere separate e nessuna separazione ufficiale, un marito che si dedica a molteplici scappatelle, due figli ormai adulti. È elegante ed appartiene alla buona società di Barcellona. Il circolo musicale del Barri Gòtic porta all’invito del maestro seguito da una cena formale quanto ordinaria in contesti di siffatto genere. Tuttavia, per “Il Polacco” quello non è solo uno dei tanti incontri della vita fatto di legami occasionali e persone che non verranno a rincontrarsi, per lui Beatriz è, come per Dante, la sua Beatrice. A distanza di mesi l’uomo torna in Spagna, a Girona. Cerca di contattarla, le confessa di essere tornato per lei, di volerla rivedere, di voler andare in Brasile con lei. Ma Beatriz non concepisce questo sentimento, trova l’uomo privo di ardore, falso nelle sue dichiarazioni. Eppure è come magnetico per la donna. Lo respinge ma poi ne è attratta esattamente come l’uomo non può fare a meno di ammirarla e amarla in silenzio, in un corteggiamento goffo e inadeguato per lei che lo rifiuta ma sente di desiderare qualcosa di più.
«[…] Perché è importante? Perché ci parla di noi. Dei nostri desideri. Che a volte non ci sono chiari. Questa è la mia opinione. Che a volte sono desideri di quello che non possiamo avere. Di quello che per noi è irraggiungibile.»
“Il Polacco” di J.M. Coetzee, Premio Nobel per la Letteratura nel 2003, è un romanzo breve nelle dimensioni ma di gran contenuto. È un romanzo che ci fa riflettere sull’amore, sui sentimenti, sull’importanza dei legami nella nostra vita. Talvolta questo bisogno di amore è tale da spingerci a compiere gesti apparentemente inconcepibili, anche a mostrare quelle debolezze che non vorremmo che fossero viste, anche a mettersi a nudo rischiando di essere compatiti nel proprio più intimo desiderio.
Tra Beatriz e il pianista c’è un profondo senso di magnetismo che si scontra con le reciproche rigidità e le reciproche mancanze. Lui è un uomo con una figlia adulta che vive in Germania, a Berlino. Ben poco rivela della sua prima moglie. Vive l’amore per Beatriz come un senso di rinascita, un appagamento e un riempimento di giornate buie e vuote, è la sua musa e la sua ispirazione. Lei è scocciata da questo suo prenderla come tale perché si sente piena di difetti, imperfetta. Lo respinge ma al contempo ne è attratta. Lo respinge perché più vecchio, lo cerca perché vorrebbe qualcosa di più, un vero corteggiamento. Mente al marito anche se sa che non ce ne sarebbe bisogno perché alla fine è a se stessa che in primis mente. Non tanto per quel profondo o non profondo amore quanto, al contrario, perché mentre l’uomo mette a nudo le sue debolezze lei non riesce a spogliarsi dei suoi limiti.
Alla fine poesia e musica si uniscono in un tentativo dantesco che non riesce ma che lascia da un lato un retrogusto amaro per questa sensazione di solitudine persistente e dall’altro uno spiraglio di speranza in un finale aperto. Non siamo un po’ tutti, alla fine, anime sole?
«Il lutto è un processo naturale. Tutti i popoli del pianeta hanno rituali di lutto. Anche gli elefanti. Lei, Beatriz, ha perso presto sua madre. Una perdita che aveva lasciato un vuoto incolmabile nella sua vita. Era addolorata, piangeva, le mancava. Poi a un certo punto il lutto è finito e lei è andata avanti. Ma il Polacco non sembra essere andato avanti. Dopo averla persa, l’ha pianta e ha continuato a piangere, cullando la sua perdita come una madre che rifiuta di staccarsi dal figlio morto.»
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La (poco) Divina Commedia del Polacco
Si potrebbe sintetizzare l’ultimo romanzo di Coetzee, scrittore sudafricano Premio Nobel per la Letteratura nel 2003, come breve ma molto intenso. In poco più di 100 pagine infatti Coetzee riesce a realizzare un libro dal profondo contenuto, in cui traspare l’importanza che assume l’amore nella vita delle persone. Evidenziando quanto lo stesso amore vissuto univocamente da un uomo (“Cara Signora -dice il Polacco- , non sono un poeta. L'unica cosa che posso dire è che da quando ti ho incontrata la mia memoria è piena di te, dell'immagine di te”), seppur non ricambiato, possa spingere gli individui a mostrare le proprie debolezze senza paura di mettersi a nudo, anche a rischio di essere compatiti dal destinatario della propria passione.
L’uomo in questione è appunto Witold, “Il Polacco” del titolo, celebre pianista dal nome impronunciabile e grande interprete di Chopin che a seguito di una performance in una sala concerto di Barcellona incontra Beatriz, affascinante donna del Comitato organizzatore dell’evento, di cui si innamora perdutamente senza però trovare lo stesso sentimento nella controparte. Partendo da questo presupposto Coetzee tratteggia la figura del Polacco, talentuoso pianista si, ma al tempo stesso non dotato di quella “sensibilità” musicale che invece dovrebbe rappresentare un must per chi interpreta Chopin. Tuttavia visto che il concetto di arte è insito nel personaggio, Witold veste i panni di un novello Dante dei nostri tempi, dedicando appassionate poesie alla sua "musa" con il dichiarato intento di riuscire a scalfire l'anima di Beatriz andando oltre ai brevi momenti di passione vissuti.
Poesia e musica risultano così intrecciate ed in questo accostamento, nel goffo tentativo di emulare "Il Sommo Poeta" da parte del Polacco, si svela la grandezza di questo breve romanzo in cui la sublime arte della poesia, vista come strumento per raggiungere il cuore della sua Beatrice con l’intento di “corteggiarla, perché lei lo ami e lo mantenga vivo nel suo cuore”, ha un risvolto ironico con effetti tutt’altro che producenti. Perché Beatriz riconosce la grandezza del gesto, conscia che il significato ultimo di questa "Commedia" scritta per lei con il fine di renderla immortale, ha in realtà veramente poco di "Divina" ed anzi risulta piuttosto comica.