Il peso falso Il peso falso

Il peso falso

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Scritto nel 1937, "Il peso falso" appartiene, come "La leggenda del santo bevitore", al periodo ultimo di Roth, nel quale i suoi scritti, pur mantenendo intatto l'impianto realistico, sembrano naturalmente riferirsi, in trasparenza, a un significato ulteriore. Così questa storia di un verificatore di pesi e misure che si trova a scoprire che attorno a lui tutti i pesi sono falsi diventa un apologo sui temi perenni della giustizia, della passione e della colpa. Ma, sopratutto, in queste pagine uno sguardo chiaroveggente sembra posarsi sullo schiudersi di un mondo dove la falsificazione è la normalità stessa.



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Il peso falso 2024-03-03 14:57:32 Emilio Berra TO
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Emilio Berra  TO Opinione inserita da Emilio Berra TO    03 Marzo, 2024
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Romanzo della maturità

"Ad alcuni (...) è concesso (...) di conoscere che cosa sono realmente. Lo conoscono di solito all'improvviso, e ne rimangono spaventati" .

Un romanzo breve della piena maturità dello scrittore (1937) .
E' "la storia di un verificatore dei pesi e delle misure" , quando ancora sulle divise compariva "l'aquila bicipite dell'Impero" , in un distretto "all'estremo lembo orientale della monarchia" .
"Da quelle parti (...) tutti coloro che rappresentano con inflessibilità le esigenze della legge, della giustizia e dello Stato erano considerati come altrettanti nemici" .
"Si vide subito che questo funzionario era un bell'uomo robusto, forte e probo, soprattutto probo" . E lui "ebbe la sensazione che lì (...) doveva compiersi il suo destino" .

Pur molto diverso, è un romanzo che ricorda un po' "La leggenda del santo bevitore", non per la trama bensì per quei rimandi in qualche modo 'sapienziali' che talvolta la grande letteratura sa evocare.

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letteratura mitteleuropea
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Il peso falso 2018-06-07 04:33:31 siti
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siti Opinione inserita da siti    07 Giugno, 2018
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Una vita in fontiera

Romanzo breve del 1937, appartenente alla fase finale della produzione dell’autore e interamente dedicato ad un personaggio emblematico, un verificatore di pesi e di misure, perso in una dimensione geografica sospesa tra frontiera e assurdità, molto kafkiana. È la storia di una involuzione, di una discesa negli abissi, quasi contrapposta a quell’esaltante e amorale ascesa che invece caratterizza il protagonista di uno dei suoi romanzi brevi d’esordio, “La tela di ragno”. Anche qui troviamo un ex militare nostalgico, che per accontentare la moglie dismette i panni da sottufficiale in carriera da ben dodici anni, e si fa reintegrare dalla società civile. Gli spetta un incarico di diritto: sarà un verificatore di pesi e di misure a Szvaby, una sperduta cittadina di frontiera della Moravia. Qui inizia la sua storia, qui si compie la sua involuzione.
“Gli uomini muoiono per lo più senza sapere un solo granello di verità su se stessi. Magari la sapranno nell’altro mondo. Ad alcuni però è concesso, ancora in questa vita, di conoscere che cosa sono realmente. Lo conoscono di solito all’improvviso, e ne rimangono spaventati. A questo genere di uomini apparteneva il verificatore Eibenschütz”
In uno scenario ambientale ostile, fatto di stridenti disgeli dopo impietosi inverni e di fugaci estati, ruota un pugno di esistenze dedite al commercio, falsato da unità di misura utili alla mera sopravvivenza. Ad un peso falso corrisponde un inganno e ad esso un istinto di autoconservazione, su tutti impietoso il ligio e temuto impiegato statale. Il suo essere e il suo operare uno scontro fra etica e morale, fra legge e giustizia raccontato con uno stile sobrio e maturo. Per lui un occhio buono solo quando mostrerà le sue debolezze sprofondate nell’alcolismo, bellissime pagine anticipatorie dell’ultimo lavoro postumo dell’autore, “La leggenda del santo bevitore”. Lo consiglio per congedarsi da Roth se si ha una sufficiente conoscenza della sua produzione e se si predilige in essa la restituzione di un mondo sperduto là in qualche posto di frontiera nel cuore dell’est europeo.

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Il peso falso 2017-02-19 19:45:00 68
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68 Opinione inserita da 68    19 Febbraio, 2017
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Il senso di una fine

Una lenta atmosfera di decadenza accompagna l' incedere di questo breve romanzo, il racconto della vita di un uomo semplice, ex sottufficiale di carriera, che lascia un mondo di ordine e disciplina per accasarsi nel distretto di Zlotogrod, ai confini dell' impero, come verificatore di pesi e misure.
È un compito ingrato, inviso ai più, laddove gli assassini ed i rapinatori non sono molti ma tutti sono imbroglioni.
Il suo nome è Anselm Eibenshutz, un uomo robusto, integerrimo, forte e probo, soprattutto probo, severo e buono ad un tempo. È completamente devoto allo Stato, alla legge, al peso ed alle misure. Giunto in una nuova terra capisce che lì si compirà il proprio destino, un triste destino, e che tutto finirà ( perché tutto è già morto ).
Sin dall' inizio respira un senso di isolamento accresciuto da un matrimonio di non amore, una solitudine diurna e notturna, consuetudine e ripetizione di gesti e parole svuotate.
Devoto ad un ordine precostituito ( l' arma ) ed ormai destituito, nella periferia ( ci troviamo in Bosnia ) di un impero in disfacimento, scopre come tutti imbroglino tutti non per sete di guadagno ma per il semplice piacere di farlo. I negozianti lo odiano, perché lo temono, lui che non solo non imbroglia, ma tratta con indifferenza i raggiri di cui è vittima.
Di fronte a lui si susseguono una serie di commedianti della vita, in primis Jadlovker, uomo crudele, disonesto, truffaldino, che considera indistintamente ogni uomo bugiardo ( specchio di se' ) e con ciascuno recita la commedia dell' onesta'.
A Zotlogrod le stagioni scorrono rigide, insensibili agli afflati umani, ed il disgelo primaverile segue rigidi inverni ed annuncia torride estati.
Eibenshutz soppesa, misura, in nome di un ordine dimenticato laddove oggi regnano solo caos e dissolutezza, in primis dentro di se', confuso, immalinconito, smarrito in un luogo non luogo, con una moglie fedifraga che darà alla luce un figlio frutto del proprio tradimento.
Poi una luce ed un calore improvvisi, quasi un atto di beatitudine, perché anche i funzionari sono esseri umani, materializzatasi nella grazia selvaggia di Euphemia, ed in quel ripetuto tintinnio dei suoi orecchini dorati. Ecco crescere ed alimentarsi una ossessione d' amore, ed un altro se' incredulo, combattuto, rigenerato, o semplicemente innamorato, con una progressiva dissolutezza privata ( a sua volta diverra' negoziante ) contrapposta ad un irrigidimento del proprio ruolo di pubblico ufficiale.
Ma ben sappiamo che le gioie più effimere e le passioni più sfrenate per lo più svaniscono e quanto il tormento della solitudine sia sempre in agguato.
Ed allora, mentre morte ( colera e peste ) e miseria si fanno quotidiana presenza, circondati da contrabbandieri, ladri, truffatori, assassini, smarrito ogni senso e fine, si vive in un' agonia del presente, in fondo aspirando alla morte.
È in questo preciso istante che Eibenshutz ha la sensazione che Dio e gli uomini l' abbiano abbandonato.
Generalmente ..." gli uomini per lo più muoiono senza sapere un solo granello di verità su se stessi. Ad alcuni, però, è dato di conoscere che cosa sono realmente, all' improvviso, e ne rimangono spaventati. A questo genere di uomini apparteneva il verificatore Eibenshutz "...
In un estremo e paradossale ribaltamento di ruoli, tra sogno e sospiro di eternità, divenuto commerciante, sa di avere usato pesi e misure sbagliate, false, ma che cosa ci può fare, è sempre stato così, ha agito come tutti i negozianti di Zotlogrod.
Di fronte al " grande Verificatore", il colpo di scena: .." i tuoi pesi sono tutti falsi, eppure tutti giusti, perciò non ti denunceremo....".
Quale la verità oltre la maschera della verità? Solo un inganno come la vita medesima, con un destino segnato. Di se' non rimane niente, dimenticati dal flusso del tempo, mentre gli uomini continuano a trascinarsi tra false speranze, partenze, promesse ed inganni, e la natura segue il suo corso, gaia ed imperturbabile, e fredde ed argentee, di un argento quasi odioso, splendono le stelle nel cielo.
In " Il peso falso " vi è un ultimo Roth, ormai giunto al tramonto letterario, sempre con il dono di una scrittura lineare ed essenziale, ma fortemente espressiva che conserva e trasmette sin dalle prime righe la tragicità ed il senso di una fine, di un ordine ormai decaduto e di uno smarrimento profondamente umano nella complessità della storia .
Eibenshutz ne è voce suprema, impersonando e scandendo un senso di vuoto e di malinconica presenza, immerso in un ultimo, disperante, vano tentativo ( già inizialmente fallito ) di difesa e ricostruzione di una vita in uno scenario di falsificazione e menzogna già norma e destino inappellabile.

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