Il macellaio
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Uomini o bestie?
Opera d'esordio di Sàndor Màrai, "Il macellaio" è un racconto lungo che ci narra la breve e triste vita di Otto: una sorta di macabro predestinato le cui attitudini nessuno invidierebbe.
Il suo destino è segnato dal sangue fin da prima della sua nascita: Màrai ci racconta infatti la macabra (e molto ben descritta) serata che porterà al suo concepimento. I suoi genitori riusciranno infatti ad avere Otto in seguito a uno spettacolo circense finito in tragedia, durante il quale una domatrice di orsi polari viene divorata da una delle sue bestie. Ma questo non è che il preludio al percorso cremisi della vita di Otto, che venendo al mondo stronca la vita di sua madre e viene cresciuto soltanto da suo padre, un sellaio. Otto non mostra alcun interesse per il mestiere paterno, né per alcun altro studio o professione; questo finché non vede un macellaio uccidere una vacca: in quel momento Otto capisce cosa vorrà fare della sua vita. Si trasferisce a Berlino e comincia a lavorare come garzone d’un macellaio: abbattere la scure su quella povere bestie sembra dargli una soddisfazione unica, mai provata in nessun caso, e quando suo padre muore lasciandogli una cospicua eredità, coglierà l’occasione per mettere in piedi una macelleria tutta sua.
I suoi propositi, tuttavia, saranno stroncati dalla chiamata alle armi.
È proprio in questo momento che si palesa il messaggio che Màrai vuole trasmettere, piuttosto abusato eppure sempre interessante: la disumanità della guerra e l’insensibilità che essa induce. Tramite Otto, già piuttosto insensibile al destino delle bestie che macella provando un curioso piacere, ci mostra quanto la guerra abbia disumanizzato gli uomini del tempo, capaci di trucidarsi gli uni gli altri come se il nemico non fosse rappresentato da una folla di esseri umani ma da bestie da mandare al macello. Un simile trattamento, anzi, non dovrebbe riservarsi neanche alle bestie.
Una croce di ferro per ogni massacro, anche se di innocenti.
Un encomio per ogni vita stroncata.
Una pacca sulla spalla alla brutalità.
Per Otto, il passaggio da animali a esseri umani è praticamente impercettibile: spinto nella sua follia omicida non da un sentimento di preservazione, ma da una specie di forza ancestrale che non ha nulla di razionale, che nella sua meccanicità lascia sgomenti e che nel suo essere ammirata e apprezzata palesa la follia a cui possiamo arrenderci.
E quando la guerra finisce, tornare a uccidere bestie al macellaio non basta… non più. «La guerra è un’altra cosa».
Interessante seppur brutale.
“«Io sono un macellaio», pensò, emozionato per l’improvvisa illuminazione «anche questo accanto a me è un macellaio, siamo tutti macellai, e bisogna aprire la pancia alle bestie con il coltello». Macellaio-coltello-pancia. In quell’attimo la sua vita acquistò un senso. Aprire la pancia alle bestie, pensò entusiasta, bisogna aprire la pancia a tutti quanti per… e qui si interruppe un istante… per la patria. Poco dopo si corresse: per la patria e per l’imperatore.”
Destino agghiacciante
“ Il macellaio “, esordio letterario di Sandor Marai, è una lucida e spietata rappresentazione di una mente malata in un corpo perfettamente sano.
Il protagonista del lungo racconto, Otto, è un individuo da sempre privo di consapevolezza della vita e quindi anche della morte, senza vizi ma con inclinazioni negative, non un tipo manesco, con un temperamento mite ed apatico, un corpo respirante in attesa di pensieri e sensazioni.
Delitti efferati, tre parole simbolo, macellaio, coltello, pancia, una narrazione oggettivata di fatti e sentimenti negati o ancor peggio mai stati, una vita complicata ed inafferrabile nella propria quieta definitezza.
Oltre una traccia pubblica che scandaglia il personale in attesa di risposte inevase, molto di più, la raffigurazione di un mondo mutato e mutante, una grande città, Berlino, multiforme, splendente ed imperiosa quanto ignota ed oscura, masse indistinte di gente operosa, esseri umani ed attrezzature regolate da un ordine stabilito e, sotto i marciapiedi, un’ altra vita ed una società fremente con leggi proprie.
Ecco un piccolo universo in cui si assolve la vicenda del protagonista, un mondo che inevitabilmente entra nella vita di masse indistinte e le cambia per sempre, forze irrazionali ed estranee che scagliano uomini e destini in un vortice di ostilità e indifferenza.
L’ esistenza di Otto, pervasa di agghiacciante lucidità, da subito prevede mistero e condanna, un concepimento dopo avere assistito inermi ad un atroce spettacolo circense, assenza affettiva, una inclinazione morbosa sopita durante l’ infanzia, poca fiducia in se’, quella strana attrazione verso lo spettacolo della macellazione fino al sopraggiunto vento di guerra che tutto cambia trascinando il protagonista nella propria brutalità.
Otto vivrà in totale normalità le atroci azioni del fronte, lucido ed indifferente, macchiandosi di gloria, luoghi e momenti in cui tutto è parificato ed ovunque prevalgono paura e morte.
Il ritorno dalla guerra per lui segnerà incredibilmente un senso di vuoto imminente in un reale mutato, nessun desiderio della compagnia di esseri umani, di fronte a se’ una prospettiva di vecchia esistenza, mesi ed anni indistinti e indigesti, del tutto privi di eventi e la certezza che sarà sempre così, una certa riluttanza e paura verso le donne, l’ assoluta mancanza di un senso di se’ definente.
Ecco il suo nuovo vivere, una flebile anestesia alcolica e l’ assurdo rimpianto per una guerra che non c’ è più, chiedendosi cosa in passato abbia apprezzato del semplice piacere della macellazione. senza comprendere dove e come abbia potuto sbagliare, ritenendo che in se’ non ci sia nulla di sbagliato.
Ed allora una decisione improvvisa lo coglie, il ritorno nella città della propria infanzia, mutata e ringiovanita, ritrovando un quadro famigliare che riporta e scoperchia un tempo lontano ed un volto vuoto e terrificante, il proprio, inspiegabilmente ed inesorabilmente se stesso, questa volta per sempre...
Un Marai agli esordi, atmosfere cupe e reali, quella capacità di rappresentare l’ uomo nella propria essenza ed i cambiamenti in atto di un tempo precursore di alienazione e morte, tra le righe già il respiro della propria grandezza.