Narrativa straniera Romanzi Il lato sbagliato del telescopio
 

Il lato sbagliato del telescopio Il lato sbagliato del telescopio

Il lato sbagliato del telescopio

Letteratura straniera

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Mina Simpson è una dottoressa di origine siriana che vive e lavora da molti anni negli Stati Uniti. Quando la sua amica Emma le chiede di raggiungerla con urgenza a Lesbo per collaborare con la sua ONG nell’emergenza rifugiati, decide di accettare. Una settimana lontana dai suoi impegni, da Chicago e dalla moglie, e l’occasione di fare qualcosa di buono per gli altri le paiono motivi sufficienti. Oltretutto da anni non è stata così vicina alla sua terra natale, ossia da quando ha deciso di non nascondere più la sua natura, e di andarsene per essere sé stessa, una donna nata in un corpo d’uomo. La sua famiglia l’ha rinnegata e con loro ha perso ogni contatto, tranne che con Mazen, l’adorato fratello con cui è cresciuta e il viaggio a Lesbo diventa un’occasione per ritrovarsi. Tra i profughi che Mina incontra sull’isola c’è anche Sumaiya, una madre di famiglia, forte e decisa, ma anche molto malata, che non vuole rivelare la sua condizione per proteggere i propri cari. Tra lei e la dottoressa nasce un legame particolare che porta Mina a dover fare i conti con la realtà della tragedia dei rifugiati, obbligati ad abbandonare la loro terra, proprio com’era successo a lei. Rabih Alameddine racconta una delle grandi questioni irrisolte del nostro tempo con uno sguardo acuto e ironico, dando vita a una serie di personaggi sfaccettati, tragici e divertenti, e a una protagonista, Mina Simpson, assolutamente indimenticabile.



Recensione della Redazione QLibri

 
Il lato sbagliato del telescopio 2022-07-21 18:37:39 68
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4.0
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68 Opinione inserita da 68    21 Luglio, 2022
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Identità violata e vite in bilico

Identità, migrazione, accoglienza, esclusione, diversità, un romanzo che possiede la saggezza e il respiro mediorientale nel cuore pulsante dell’ isola di Lesbo, incastro di storia e di mitologia, oggi teatro degli sbarchi di un’ umanità disperata in fuga da guerre, lotte intestine, persecuzioni, morte.
Tanta gente, famiglie, uomini soli, donne, bambini, siriani, iracheni, afgani, iraniani, africani, tutti stanno scappando, dal regime siriano, dal Dahesc, da gruppi terroristici talebani.
Voci difformi, a partire da quella della protagonista, Mina Simpson, un medico impegnato a scrivere la propria storia e quella di altri, una libanese con una mamma siriana che ha preso la cittadinanza americana, emigrata quarant’anni prima rigettata dal disprezzo famigliare alla ricerca di un’ identità, di genere, di vita, lavorativa.
Un’ adolescenza trascorsa nell’ insicurezza, un ragazzino confuso,…” pieno di finta spavalderia e poca speranza “… anni trascorsi nella finzione …” perfezionando la mia confusione “…
Si può essere stranieri in patria, cittadini altrove, apolidi, storie di rifiuto e di abbandono, di sofferenza e di lacerazioni, ma anche di condivisione e di fratellanza.
Quanto è difficile riconoscersi quando si è nati nel corpo sbagliato, quale identità, idea di se’, inclinazione sessuale, l’ impossibilità di essere amati da chi continua a considerarci un peccato originale.
Mina è partita per dimenticare, inseguendo un futuro in un presente che non c’ era, tralasciando l’ inevitabile, anche se certe ferite rimangono e il passato riemerge.
Oggi si trova sull’ isola di Lesbo a prestare soccorso umanitario in una terra che è stata il cuore della sua infanzia, chiamata da un’ amica che lavora per una ONG, Emma, trascinata dalla voglia di partire, lo sguardo rivolto a un’ umanità disperata, all’ inenarrabile, intere famiglie lacerate e distrutte.
C’è una donna, Sumaiya, gravemente ammalata, con la quale stringere un’ amicizia che contiene una vita intera, un fratello, Mazen, lontano ma mai dimenticato, con il quale si era stretto un patto di sangue mentre continua a desiderare la vicinanza della propria compagna, Francine, tutto ciò che ha sempre desiderato essere.
Mina percepisce l’ eco di una vita irrisolta, uno scrittore omosessuale in crisi d’ identità, a sua volta sbarcato sull’ isola alla ricerca di spezzoni di storie da raccontare, che non percepisce la sofferenza altrui ma scoperchia la propria.
Un coro difforme, una condivisione che restituisce le medesime sensazioni, tanti anni trascorsi e una vita cambiata, ma una parte di se’, esposta ai sentimenti, è rimasta in quel tempo.
Non sempre fuggire significa dimenticare, la memoria di giorni perduti e le immagini di luoghi famigliari possono scatenare una tempesta di fragilità.
Ciascuno a suo modo è in fuga da qualcosa e da qualcuno anche se, obiettivamente, qui e ora, c’è un’ umanità disadorna, sfruttata e dimenticata, aggrappata a un soffio vitale, altrimenti condannata per sempre.
E allora quale relazione tra l’ opulento mondo occidentale e la disperazione dei profughi, corpi spogliati di tutto, riversi sulle spiagge, volti provenienti da ogni dove e che ci appartengono.
Oltre un’ accoglienza dovuta, affidata alla buona volontà di associazioni umanitarie e ai singoli impegnati a soccorrere i profughi appena sbarcati, sovente prevarranno indifferenza, sospetto, odio, paura, noncuranza, dando voce a invenzioni che pacifichino la propria coscienza, mentre immagini di sciagure annunciate scorrono nel viale della dimenticanza e la propria indulgenza svanisce nel soffio di una commiserazione a tempo determinato.
Un romanzo stratificato, intenso e delicato, a tratti aspro ma vero, con tratti di poesia e satira velata, che abbraccia un’ umanità eterogenea in una vita che possa continuare e acquisire un senso.
Una coralità di voci e di testimonianze che riflettono storia, poesia, mitologia, sogni, luoghi della memoria e del’ animo, amori, ma anche dolore, sofferenza, rifiuto, abbandono, incubi, morte.
Un respiro che origina dal dolore di chi ha conosciuto la rabbia, la timidezza e la confusione di un’ infanzia rubata, nascosta nella dissimulazione, una donna nel corpo di un uomo, che un giorno è riuscita a ricostruirsi dentro e che nel presente si è sentita inadatta non solo come dottore ma anche come essere umano.

…” è stato difficile. ma oggi è un nuovo giorno, devo dimenticarmi da dove sono venuta “….

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