Il lato sbagliato del telescopio
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Identità violata e vite in bilico
Identità, migrazione, accoglienza, esclusione, diversità, un romanzo che possiede la saggezza e il respiro mediorientale nel cuore pulsante dell’ isola di Lesbo, incastro di storia e di mitologia, oggi teatro degli sbarchi di un’ umanità disperata in fuga da guerre, lotte intestine, persecuzioni, morte.
Tanta gente, famiglie, uomini soli, donne, bambini, siriani, iracheni, afgani, iraniani, africani, tutti stanno scappando, dal regime siriano, dal Dahesc, da gruppi terroristici talebani.
Voci difformi, a partire da quella della protagonista, Mina Simpson, un medico impegnato a scrivere la propria storia e quella di altri, una libanese con una mamma siriana che ha preso la cittadinanza americana, emigrata quarant’anni prima rigettata dal disprezzo famigliare alla ricerca di un’ identità, di genere, di vita, lavorativa.
Un’ adolescenza trascorsa nell’ insicurezza, un ragazzino confuso,…” pieno di finta spavalderia e poca speranza “… anni trascorsi nella finzione …” perfezionando la mia confusione “…
Si può essere stranieri in patria, cittadini altrove, apolidi, storie di rifiuto e di abbandono, di sofferenza e di lacerazioni, ma anche di condivisione e di fratellanza.
Quanto è difficile riconoscersi quando si è nati nel corpo sbagliato, quale identità, idea di se’, inclinazione sessuale, l’ impossibilità di essere amati da chi continua a considerarci un peccato originale.
Mina è partita per dimenticare, inseguendo un futuro in un presente che non c’ era, tralasciando l’ inevitabile, anche se certe ferite rimangono e il passato riemerge.
Oggi si trova sull’ isola di Lesbo a prestare soccorso umanitario in una terra che è stata il cuore della sua infanzia, chiamata da un’ amica che lavora per una ONG, Emma, trascinata dalla voglia di partire, lo sguardo rivolto a un’ umanità disperata, all’ inenarrabile, intere famiglie lacerate e distrutte.
C’è una donna, Sumaiya, gravemente ammalata, con la quale stringere un’ amicizia che contiene una vita intera, un fratello, Mazen, lontano ma mai dimenticato, con il quale si era stretto un patto di sangue mentre continua a desiderare la vicinanza della propria compagna, Francine, tutto ciò che ha sempre desiderato essere.
Mina percepisce l’ eco di una vita irrisolta, uno scrittore omosessuale in crisi d’ identità, a sua volta sbarcato sull’ isola alla ricerca di spezzoni di storie da raccontare, che non percepisce la sofferenza altrui ma scoperchia la propria.
Un coro difforme, una condivisione che restituisce le medesime sensazioni, tanti anni trascorsi e una vita cambiata, ma una parte di se’, esposta ai sentimenti, è rimasta in quel tempo.
Non sempre fuggire significa dimenticare, la memoria di giorni perduti e le immagini di luoghi famigliari possono scatenare una tempesta di fragilità.
Ciascuno a suo modo è in fuga da qualcosa e da qualcuno anche se, obiettivamente, qui e ora, c’è un’ umanità disadorna, sfruttata e dimenticata, aggrappata a un soffio vitale, altrimenti condannata per sempre.
E allora quale relazione tra l’ opulento mondo occidentale e la disperazione dei profughi, corpi spogliati di tutto, riversi sulle spiagge, volti provenienti da ogni dove e che ci appartengono.
Oltre un’ accoglienza dovuta, affidata alla buona volontà di associazioni umanitarie e ai singoli impegnati a soccorrere i profughi appena sbarcati, sovente prevarranno indifferenza, sospetto, odio, paura, noncuranza, dando voce a invenzioni che pacifichino la propria coscienza, mentre immagini di sciagure annunciate scorrono nel viale della dimenticanza e la propria indulgenza svanisce nel soffio di una commiserazione a tempo determinato.
Un romanzo stratificato, intenso e delicato, a tratti aspro ma vero, con tratti di poesia e satira velata, che abbraccia un’ umanità eterogenea in una vita che possa continuare e acquisire un senso.
Una coralità di voci e di testimonianze che riflettono storia, poesia, mitologia, sogni, luoghi della memoria e del’ animo, amori, ma anche dolore, sofferenza, rifiuto, abbandono, incubi, morte.
Un respiro che origina dal dolore di chi ha conosciuto la rabbia, la timidezza e la confusione di un’ infanzia rubata, nascosta nella dissimulazione, una donna nel corpo di un uomo, che un giorno è riuscita a ricostruirsi dentro e che nel presente si è sentita inadatta non solo come dottore ma anche come essere umano.
…” è stato difficile. ma oggi è un nuovo giorno, devo dimenticarmi da dove sono venuta “….