Il labirinto degli spiriti
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Il Labirinto degli spiriti. Il cimitero dei libri
Alicia Gris sa bene che certe ferite non risarciscono mai, sa bene che con taluni dolori non si può imparare a convivere, per quanto ci si provi. E non sono i mali fisici quelli che arrecano più sofferenza bensì quelli dell’anima. Ventisettenne, acuta, riservata, perspicace, perennemente all’erta, ella è un camaleonte, una donna cioè che è capace di rivestire ogni personaggio e che grazie alla diffidenza naturale che nutre verso ciò che la circonda, è il prototipo perfetto per lavorare all’indagine che ha quale protagonista la scomparsa del ministro Don Mauricio Valls. Ecco perché Leandro, l’uomo che l’ha tolta dalla strada e le ha insegnato tutto quello che sa, la sceglie.
Era una mattina come tante, la festa in maschera organizzata per Mercedes, la figlia dell’onorevole, era giunta al termine da poche ore, quando Don Mauricio e Vincente si accingevano a salire – e scomparire – sulla vettura di quest’ultimo. Da questo momento dei due non si ha più alcuna notizia. Alicia, affiancata – pur se mal volentieri – dal capitano Juan Manuel Vargas, dà inizio alle ricerche tenendo conto anche del fatto che da qualche settimane del collega Lomana, a sua volta investito del caso, non si ha più traccia. Tanti sono i tasselli che non combaciano, ne è ben consapevole e a tutto questo si somma un ulteriore misterioso ritrovamento: durante la perlustrazione della residenza di Valls, ben nascosto sotto un cassetto della scrivania, la coppia Gris-Vargas ritrova uno strano e raro libro intitolato “Il labirinto degli spiriti. Ariadna e il Principe Scarlatto” di Victor Mataix. Da Madrid, la scena, inevitabilmente si sposta a Barcellona.
E tanto Alicia è collegata ad una vecchia conoscenza, Fermìn Romero de Torres, nonché alla famiglia Sempere, tanto dall’indagine relativa a Valls tornano alla memoria del lettore il nome di David Martìn, il cd. Prigioniero del Cielo, dell’Avvocato Brians, di Isabella Gispert, di Fumero e di tanti altri indiscussi protagonisti di questa succosa quadrilogia.
Cosa ne è stato del politico? Perché qualcuno lo sta costringendo a vivere le sofferenze che i detenuti confinati a Montjuic hanno provato sulla loro pelle durante gli anni di prigionia? E chi è quell’uomo dal volto rivestito da una mezza maschera? Ed ancora, cos’è che di fatto lega ed unisce Valls, Salgado, David Martìn, i Sempere, Brians, una serie di ritrovati numeri indecifrabili, i libri di Mataix, Sanchis, il suo autista senza volto e tutti gli altri eroi che hanno colorato le pagine della tetralogia? Qual è il nodo per sciogliere la matassa?
Quella descritta in queste pagine è una Spagna vittima dei regimi totalitari, una Spagna dove la giustizia seguiva i suoi fini, dove i principi del giusto processo e dell’oltre ogni ragionevole dubbio, non erano ancora stati sanciti; un territorio dove la polizia poteva avvalersi della tortura pur di ottenere la confessione necessaria a chiudere il caso in oggetto d’esame. Al dato storico si sommano i luoghi e le persone, entrambi magistralmente descritti, entrambi tridimensionali, e una trama che non scontenta spingendo anzi ad andare avanti, col fiato sospeso per il desiderio di risolvere l’enigma, il mistero.
Era il 2001 quando Carlos Ruiz Zafon pubblicava “L’ombra del vento”, opera originariamente uscita in “sordina”, non acclamata dal pubblico iberico e di poi divenuto uno dei più grandi fenomeni editoriali con all’attivo ben oltre otto milioni di copie vendute nel mondo. Con “Il labirinto degli spiriti”, Mondadori, novembre 2016, siamo di fronte a quella che (probabilmente, perché in futuro, chissà) è la conclusione della tetralogia del Cimitero dei Libri dimenticati ma abbiamo anche tra le mani uno dei romanzi più belli ed avvincenti scritti dall’autore.
L’opera, infatti, è caratterizzata da un intreccio narrativo solido, magnetico, dai giusti tempi. Zafon è un maestro nel fornire indizi e rimescolare le carte così da creare quella giusta dose di suspense nel lettore che, rapito da quel che è il rebus non può che andare avanti. A questo si sommano altresì i protagonisti di questa storia, eroi “vecchi e nuovi” che arrivano, si fanno amare, si fanno odiare e salti temporali necessari per conoscere appieno delle vicende e risolvere le stesse. E se quello che vi spaventa è la mole, vi dico di non farvi intimorire. Seppur lo scritto sia composto da 815 pagine, esso scorre e si fa divorare con la velocità e facilità di un libro di 300/400 facciate, tanto che giunti alla sua conclusione la sensazione provata non è quella di pesantezza, di aver scalato una montagna, di aver concluso un’impresa titanica, bensì quella di vuoto; quel vuoto che è sinonimo di abbandono, quel vuoto che solo i libri veramente belli sono capaci di lasciare.
In conclusione, Zafon non delude, ma conquista e affascina. Zafon riesce nell’impresa più ardua di tutte; non rovinarsi con le sue stesse mani strafacendo. Mantenendo infatti l’equilibrio e rispettando quelli che sono stati gli intrecci narrativi che hanno conquistato i lettori e che lo hanno reso celebre, dà vita ad un elaborato che è un degno epilogo delle vicende ma che non preclude la possibilità, in futuro, di tornare a sognare.
«Non perda la speranza. Se ho imparato qualcosa in questo porco mondo è che il destino è sempre dietro l’angolo. Come se fosse un ladruncolo, una sgualdrina o un venditore di biglietti della lotteria, le sue tre incarnazioni più comuni. E se un giorno deciderà di andare a cercarlo – perché il destino non fa visite a domicilio – vedrà che le concederà una seconda opportunità»
«Tu sei una creatura notturna, Alicia, ma qui ci nascondiamo tutti alla luce del giorno»
«Alicia sentì che, dietro quel muro di oscurità, Barcellona aveva già fiutato le sue tracce nel vento. La immaginò aprirsi come una rosa nera e per un istante la invase quella serenità dell’inevitabile che consola i maledetti, o forse, si disse, era solo stanchezza. Ormai importava poco. Chiuse gli occhi e si arrese al sonno mentre il treno, facendosi largo tra le ombre, scivolava verso il labirinto degli spiriti»
«”Quanto le devo Miguel?”
“Glielo metto in conto. A domani alla stessa ora?”
“Se Dio vuole”.
“La vedo molto elegante. Visita di Gala?”
“Ancora meglio. Di libri”»
«La verità non è mai perfetta e non quadra mai con tutte le aspettative. La verità pone sempre dubbi e domande. Solo la menzogna è credibile al cento per cento, perché non deve spiegare la realtà, ma semplicemente dirci quello che vogliamo sentirci dire»
«Scrivo per me stessa, portando con me segreti che non mi appartengono e sapendo che mai nessuno leggerà queste pagine. Scrivo per ricordare e aggrapparmi alla vita. La mia unica ambizione è poter ricordare e capire chi sono stata e perché ho fatto ciò che ho fatto finché ne ho ancora la capacità e prima che la coscienza che già sento debilitarsi mi abbandoni. Scrivo anche se mi fa male, perché la perdita e il dolore sono le uniche cose che ormai mi tengono viva e mi fa paura morire. Scrivo per raccontare a queste pagine ciò che non posso raccontare a coloro che più amo, a rischio di ferirli e di mettere in pericolo le loro vite. Scrivo perché finché sarò capace di ricordare starò con loro un minuto in più..»
Indicazioni utili
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 3
Un labirinto mortale, ma pieno di vita
Barcellona, fine anni Cinquanta.
Daniel Sempere non è più il bambino innocente che abbiamo conosciuto nei romanzi precedenti, e un velo di odio e rancore offusca il suo sguardo da quando ha scoperto parte della verità riguardo la morte della madre Isabella, "perché Sai di essere vivo perché fa male, perché all'improvviso tutto importa e perché quando quel breve istante finisce, il resto della tua esistenza si trasforma in un ricordo a cui cerchi invano di tornare finché ti resta fiato in corpo.". La moglie Bea e il fedele amico Fermín stanno tentando invano di dissuaderlo dalla sua sete di vendetta, ma Daniel non immagina minimamente la fitta rete di intrighi, soprusi, insabbiamenti e omicidi nella quale Isabella è caduta solo per amore, rappresentando un minuscolo ingranaggio di cui ci si è disfatti senza alcuna remora. E, non appena si immerge in quel complotto che muove le sue fila dai piani alti del Regime franchista, (ri)compare Alicia Gris, un angelo tormentato (ri)sorto e segnato a vita dalle macerie della guerra civile, ma determinato a caricarsi sulle spalle la responsabilità di (ri)portare alla luce la storia segreta dei Sempere-Gispert.
Anche se tutto lascia pensare che, ottenuta la verità, la cambiale da pagare si sporcherà di sangue innocente e di lacrime amare.
Finalmente, le situazioni e gli enigmi con puntini di sospensione vecchi di cinque anni possono trovare risposta, e l'impervio compito di dare un senso logico alle domande sinora rimaste incompiute è affidato proprio a questo romanzo. Domande che, a sorpresa, saranno inizialmente poste non a Daniel, bensì al nuovo deus ex machina Alicia Gris, figura pragmatica che calzerebbe a pennello in un Bildungsroman di Goethe o di Keller, che scompare da piccola fra i bombardamenti fascisti su Barcellona, riappare in quel di Madrid da donna fatta e immersa nel lavoro, per poi rientrare nuovamente nella città catalana grazie al richiamo di un libro tanto proibito quanto rarissimo. E, per quanto le loro storie possano sembrare lontane e poco accomunabili, l'anello di congiunzione ha un nome e un cognome: Fermìn Romero de Torres, il cui ruolo di primo piano non può che confermarsi fra sciovinismo eterosessuale e goliardia spesso vietata ai minori e alle persone di indubbia integrità morale.
Sullo sfondo, un registro linguistico variegato e il consueto stile fluido e brillante di Zafòn danno voce a personaggi di secondo piano altrettanto dettagliati e poliedrici, mentre una Barcellona dalle sfumature gotiche, ombrose e decadenti, ed "estranea ai timori e alle speranze dell'osservatore", offre libero spazio anche ai lati più reconditi e tormentati delle loro anime; in fondo, "Il mondo è semplicemente uno specchio di noi che lo formiamo ed è né più né meno che quello che noi tutti ne facciamo.".
Fra i contorni inebrianti del noir, del thriller, della commedia e dell'avventura, si giunge a un finale che definire 'mirabolante' e 'delizioso' è poco più che un eufemismo. E la degna conclusione di questa storia ce la racconterà un 'nuovo' personaggio inaspettato per tutti.
Volete sapere di chi si tratta? Dovete divorare solo 752 pagine per trovare la risposta alla prima di tante domande: prima partite, prima arrivate.
"Ci resta molta storia da vivere, Daniel, e quella che ci attende non è più roba da bambini."
Indicazioni utili
"Il gioco dell'angelo";
"Il prigioniero del cielo", tutti del medesimo autore.
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
illusione rimasta impressa nel teatro dell’immagin
Ammiro molto che ogni volume del Cimitero dei Libri Dimenticati è una storia a se ma che fa parte di una più grande.
Strutturalmente, la storia ha lo stesso tocco sorprendente di Zafón. Il Labirinto elude il realismo magico dell'Ombra del Vento ed il Gioco dell'Angelo affrontandolo da un punto di vista più terreno nel classico stile di investigatori.
Sono proprio gli investigatori i personaggi principali. Prima fra tutte sicuramente Alicia Gris. Una donna molto forte e determinata con un passato che l'ha segnata nel cuore e nel fisico. I dialoghi agili e spiritosi, con il suo compagno di ventura Vargas, e brevi capitoli hanno fatto si che leggessi le loro pagine con fluidità sorprendente.
Altro personaggio, Fermin resta sempre il mio preferito. Mi piacciono le sue perle di saggezza e non mi stanca mai. Avrei preferito che fosse addirittura più protagonista, così come suggeriva la parte iniziale del libro, che tra l'altro ha un ritmo totalmente diverso dal proseguio.
Verso metà romanzo, inspiegabilmente, ci sono numerosi passaggi inutili. Certo le descrizioni dei palazzi abbandonati e il tocco gotico di una Barcellona decadente è piacevole ma il troppo stroppia specie se svia l'attenzione dall'indagine principale.
Il romanzo affonda le radici nei precedenti capitoli della saga, ma proporre una trama già intricata, come rami di nocciolo. Credo che Zafón se ne randa conto perché sfrutta il meccanismo dei flashback, attraverso documenti o confessioni, che servono a districarsi nel dedalo di informazioni che emergono apparentemente a caso. Mi chiedo se tutto questo era indispensabile.
Come l'ha definito lo stesso Zafón " questo ciclo è un puzzle che ha sparso i propri tasselli nei quattro libri".
Nel finale il ritmo cambia. Tutto è semplice, lineare ma scorre sorprendentemente veloce.
Quando ho terminato la lettura ho avuto quasi l'impressione che l'autore non abbia scritto ancora tutto.
Indicazioni utili
Una storia ha soltanto porte d'ingresso
"Una storia non ha un principio nè fine, soltanto porte d'ingresso.
Una storia è un labirinto infinito di parole, immagini ed energie riunite per svelarci la verità invisibile su noi stessi. Una storia è, in definitiva, una conversazione fra chi la racconta e chi l'ascolta: un narratore può raccontare solo fin dove lo sorregge il mestiere, mentre un lettore può leggere solo fino a ciò che porta scritto nell'anima.
Questa è la regola d'oro che sostiene ogni artificio di carta e inchiostro, perchè quando le luci si spengono, la musica tace e la platea si svuota, l'unica cosa che importa è l'illusione rimasta impressa nel teatro dell'immaginazione che ogni lettore alberga nella propria mente. E poi la speranza che ogni creatore di racconti si porta dentro: che il lettore abbia aperto il cuore a qualcuna delle sue creature di carta e le abbia dato qualcosa di se stesso per renderla immortale, sia pure per pochi minuti.
E detto questo con più solennità di quella che probabilmente l'occasione merita, meglio atterrrare a livello di pagina e chiedere all'amico lettore di accompagnarci verso la chiusura di questa storia e di aiutarci a trovare la cosa più difficile per un povero narratore intrappolato nel proprio labirinto: la porta d'uscita."
Eccoci dunque ormai alla fine della storia della famiglia Sempere, che ci ha guidati nella magica e misteriosa Barcellona, nonchè nella strana storia che accompagna ognuno di loro.
In questo libro facciamo conoscenza con Alicia Gris, una ragazza dal carattere caparbio e duro, ma che in realtà nasconde un cuore tenero e sensibile. Sarà proprio lei, insieme al suo compagno di avventure Vargas, a risolvere i vari enigmi ancora non risolti. Molte domande sono sicura avvolgono ancora la mente di chi ha letto solo i primi tre libri. Molte risposte vi attendono amici lettori.
"Il labirinto degli spiriti" conclude a meglio questa storia, s'impadronisce delle nostre menti e ci avvolge nelle intricate vicende ; un libro magico, un libro che sa coinvolgere il lettore e ci accompagna per le stradine di Barcellona, facendoci rincontrare i nostri vecchi amici. Daniel, Bea, il grande e saggio Fermin, amici che abbiamo conosciuto in passato e che è sempre un piacere riscoprire.
Ho apprezzato molto, come sempre, lo stile di Zafon e la storia, che è davvero fantastica, forse il più bello in assoluto di tutti quelli della quadrilogia.
Chi ha amato gli altri tre libri precedenti non si può certo far scappare questo gioiello!