Il guardiano notturno
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La lotta contro l'estinzione
« “Restava l’umile topo d’acqua. Il Creatore chiamò proprio lui. Wazhashk. L’animaletto si immerse. Restò giù per molto tempo, moltissimo tempo, poi finalmente Wazhashk tornò in superficie. Era annegato ma aveva la zampina serrata. Il Creatore aprì le zampe palmate di Wazhashk. Vide che il topo muschiato aveva riportato su un piccolo frammento preso dal fondo. Da quella minuscola manciata di terra, il Creatore dette vita all’intero pianeta.” »
Primi anni Cinquanta del Novecento, riserva dei chippewa della Turtle Mountain.
Thomas Wazhashk tutte le sere si reca al lavoro alla fabbrica di rubini dove fa il guardiano notturno. Wazhashk, cioè, topo muschiato. Thomas è proprio così, laborioso e tranquillo come il suo animale totem: uno su cui si può contare davvero; umile, con i piedi per terra, ma con lo sguardo rivolto al cielo.
Così, quando arriva la notizia che il Congresso degli Stati Uniti vuole attuare la House Concurrent Resolution 108, una proposta di legge che implica l’estinzione di tutte le tribù indiane, Thomas ne comprende subito la pericolosità e, in qualità di presidente tribale, inizia una determinata e concreta opposizione verso il tentativo di abrogare i trattati bilaterali.
Intanto, nella riserva la vita continua seguendo il ritmo delle stagioni, del lavoro umano e delle umane passioni.
Pixie, o meglio, Patrice Paranteau ogni giorno lavora intensamente nella fabbrica di rubini: è molto brava, veloce e precisa e con il suo stipendio di 85 centesimi all’ora deve mantenere la sua intera famiglia. Suo padre è un ubriacone molesto che dà pace solo quando si allontana, mentre sua sorella maggiore, Vera, è andata a vivere a Minneapolis ed è scomparsa: Patrice deve assolutamente andare a cercarla.
“Il guardiano notturno” è un bellissimo romanzo corale che ha come filo conduttore l’opposizione della tribù chippewa al tentativo di estinzione che voleva attuare il Congresso degli Stati Uniti. Ci racconta come si svolgeva la vita nella riserva in quegli anni, ci fa immergere nella cultura di una delle tribù degli indiani d’America, etnia sicuramente molto affascinante, in grado di vivere in profonda connessione con l’ambiente naturale.
« Prese il sentiero erboso che tagliava per i boschi. Camminare a piedi nudi non era un problema. Era tutta la vita che lo faceva e i suoi piedi erano abituati. Infreddoliti, intorpiditi, ma abituati. Aveva i capelli, le spalle e la schiena bagnati. Ma si scaldava muovendosi. Rallentava quando arrivava nei punti in cui l’acqua affiorava dal tappeto di erba secca. L’unico suono era quello della pioggia che picchiettava attraverso le foglie lucide. Si fermò. La sensazione che ci fosse qualcosa, con lei, tutto intorno a lei, che vorticava e vibrava di energia. Con quanta intimità gli alberi si aggrappavano alla terra. E con che delicatezza lei ne faceva parte. Patrice chiuse gli occhi e sentì uno strattone. Il suo spirito si riversò nell’aria come un canto.»