Il grande Gatsby
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«Non si può ripetere il passato»
Tra i classici del Novecento più famosi, “Il grande Gatsby” venne pubblicato quasi un secolo fa divenendo oggetto, nel corso degli anni, di ben più di una trasposizione cinematografica. In Italia, la prima traduzione risale al 1936; io ho avuto modo di leggere il libro attraverso quella molto conosciuta e diffusa di Fernanda Pivano del 1950.
L'autore, Francis Scott Fitzgerald, classe 1896, fu tra le penne più significative della cosiddetta “età del jazz” e, nonostante il successo letterario ottenuto, nel 1940 morì in parte dimenticato e in condizioni di salute poco invidiabili.
Un romanzo, il suo The Great Gatsby, che offre senza dubbio una lettura piuttosto scorrevole e, in generale, anche coinvolgente, sebbene a tratti il grado di coinvolgimento – mi pare – tenda a venir meno: la trama, in cui si muovono personaggi ben caratterizzati, scivola via attraverso una voce narrante partecipe direttamente della vicenda che essa stessa racconta. Quella con al centro il misterioso Jay Gatsby pseudonimo di un uomo impeccabile e sfavillante al pari dei suoi ricevimenti, si rivela presto una storia d'amore, solitudine, illusione. L'epilogo, con due precisi avvenimenti che si succedono a distanza di un assai breve lasso di tempo, giunge improvviso e amarissimo, forse concentrando così nelle pagine conclusive il vero valore del romanzo.
Non può non colpire l'ostinato e ingenuo convincimento di Gatsby che ciò che è ormai trascorso possa ripetersi, una sorta di non accettazione della realtà del presente dalla quale non vi sarà nemmeno il tempo materiale di “rinsavire”.
[...] «Non pretenderei troppo da lei» arrischiai. «Non si può ripetere il passato.»
«Non si può ripetere il passato?» fece lui incredulo. «Ma certo che si può!» […]
Così come danno da pensare le miserie e meschinità umane su cui Fitzgerald con la sua bella prosa sembra voler porre l'accento, mentre le ombre si allungano struggenti e sinistre dopo le luci abbaglianti del sogno.
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Che noia...
So che attirerò le ire dei miei QAmici, ma tant'è: il libro non mi è piaciuto. Era da molto tempo tempo che desideravo leggerlo e probabilmente intorno a lui ho creato un'aura troppo carica di aspettative, un po' come Gatsby nei cinque anni prima di rivedere Daisy. E ora, a lettura ultimata, sento già che se ne sta andando per la sua strada senza lasciarmi nulla. Non metto in discussione che sia un bel libro, importante, etc etc, ma a me non è arrivato. L'ho trovato noioso, piatto, con un Gatsby inverosimile (a proposito, mi ha ricordato Martin Eden per la sua storia di ragazzo povero che vuole arricchirsi per poter sposare ed essere degno di Daisy, la cui voce sa di soldi) ma soprattutto raccontato male da un punto di vista funzionale. Ora non so se è un problema della traduzione, forse in parte, ma questo racconto attraverso Nick l'ho trovato un po' poco armonico e non di rado mi è capitato di non comprendere bene la situazione ma di trovarla un po' ambigua, ma non un ambiguo voluto ma un ambiguo lacunoso. Sicuramente ha delle bellissime descrizioni molto soavi, alcune frasi molto introspettive, soprattutto quella finale che è la ciliegina sulla torta, molti simboli che anticipano il finale, ma nel complesso, per me è un grande no e mi dispiace di non essere riuscita ad apprezzarlo. E' anche il primo libro che leggo dell'autore, vedrò se dargli un'altra possibilità o meno. Per il momento, il suo allievo Yates mi piace molto di più (al netto del gap storico e ambientale). Fitzgerald mi ha ricordato il nostrano D'Annunzio che a me non piace, per l'appunto.
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UN CLASSICO DA LEGGERE
Questo libro mi ha colpito moltissimo, un romanzo breve ma molto intenso che sicuramente richiederebbe un maggiore approfondimento.
"Tutte le volte che ti viene da criticare qualcuno" mi ha detto "ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai tu."
Ci troviamo nella New York dei ruggenti anni venti, che l'autore descrive in tutta la sua bellezza sia positiva che negativa; anni di ritrovato benessere e di pace dopo la fine della prima guerra mondiale. Gli americani erano molto provati dalla crisi economica e dagli effetti che il conflitto aveva avuto sulle persone.
Ma Fitzgerald si sofferma nel raccontarci gli americani ricchi, tra le loro ipocrisie, le spese folli e i pregiudizi della società, ma in particolare approfondisce il contrasto tra chi è nato in una famiglia benestante e lo è da generazioni e chi invece è diventato ricco in seguito, come Gatsby, il protagonista della storia.
L'obbiettivo di Gatsby è quello di riconquistare Daisy, incontrata prima della guerra e mai dimenticata; tutto quello che fa è solo e unicamente per lei, le grandi feste, lo sfarzo non sono per aumentare il proprio ego ma per attirare l'attenzione della ragazza.
"Non si può rivivere il passato?" esclamò incredulo. "Certo che si può!"
Sicuramente Gatsby la ama alla follia, probabilmente anche riconquistarla può essere una sorta di "rivincita" nei confronti della società che non vede di buon occhio i nuovi ricchi, anche se io vedo nell'autore una sorta di denuncia sociale, come a farci notare quanto fossero "indietro" gli americani dell'epoca e non accettassero il diverso. E' una mia visione sicuramente sbaglierò, certo Fitzgerald ci descrive e ci racconta solo quello che ci vuol far vedere, il resto lo dobbiamo intuire.
Gatsby è ancorata al passato, al ricordo e all'immagine che lui si era fatto di Daisy ma che non corrisponde alla realtà.
Daisy è odiosa, frivola, stupida e priva di sentimenti e non ama Gatsby; quando si rincontrano è sicuramente affascinata dalla sua ricchezza, dall'uomo che è diventato ma non alla persona, al ragazzo che aveva conosciuto anni fa.
"Un mondo nuovo, materiale senza essere reale, dove poveri fantasmi, respirando sogni come aria, vagavano a caso... come quella figura cinerea e fantastica che scivolava verso di lui tra gli alberi amorfi."
Non conosco l'autore, questo è il primo libro che leggo di Fitzgerald, quindi probabilmente avrò detto un sacco di cavolate, questo libro mi è piaciuto, capisco anche che non sia facile per alcuni questa lettura, però credo sia necessaria nel bene o nel male. Al dì là del gusto personale andrebbe letto questo libro.
La mia difficoltà è stata la parte iniziale, ma dopo poche righe ero già dentro alla storia.
Non posso non riconoscere che l'autore scrive divinamente, ci sarebbero molte citazioni su cui varrebbe la pena soffermarsi e inoltre ci ha lasciato una testimonianza importante e un ritratto vivido del mondo in quegli anni.
Questo libro passerà i secoli e rimarrà sempre un classico intramontabile.
Da leggere almeno una volta nella vita!
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Gatsby. L'uomo, il trionfo, la caduta.
Questo romanzo mi ha colpita nel profondo. Provai a leggerlo da adolescente ma non ne avevo colto la carica di innovazione, mi sembrava una storia profondamente banale e ripetitiva, così decisi di interrompere la lettura dopo la prima ventina di pagine. Condizionata anche dal film del 2013 con Leonardo di Caprio( film che reputo bellissimo in tutto tranne che nella scelta dell'attrice per Daisy, poco adatta al ruolo secondo me), mi sono decisa a rileggerlo e non me ne sono affatto pentita. Il libro offre uno spaccato straordinariamente fedele di quello che doveva essere il clima dei ruggenti anni venti tra gli americani ricchi, clima nel quale emerge trionfalmente Gatsby, così pregno di mistero e talmente chiacchierato da sembrare più una figura mitologica che una vera e propria persona. Le attuali caratteristiche di Gatsby e soprattutto la sua immensa ricchezza sono la molla con la quale Gatsby tenta l'impresa della vita: conquistare il suo amore di gioventù, Daisy. Il libro però non parla solo di una storia d'amore non realizzata, ma di molto altro. Parla di conflitto sociale, di differenze tra nuovi ricchi e persone facoltose da generazioni e generazioni, al punto che il lettore si chiede se l'amore di Gatsby per Daisy non sia solo un sentimento puro ma anche una sorta di sublimazione del riscatto sociale tanto anelato dal protagonista fin dal suo primo incontro con lei. Quel che è certo è che l'amore di Daisy per Gatsby è infantile, di facciata, e si rivolge più alla sua condizione economica che non a lui personalmente.
Gatsby cade nella trappola del passato, un passato pieno di fantasmi che lo tormentano. Forse l'insegnamento che ci ha comunicato l'autore è proprio questo: il passato non si può ripetere, e forse è meglio così.
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Ruggenti anni Venti
Più che una nuova recensione sul Grande Gatsby, ce ne sono già una cinquantina su questo sito, vorrei condividere la testimonianza di una “conversione”. Ho visto infatti che i pareri su quest’opera sono abbastanza discordanti anche se, a guardare la votazione media, prevalgono i giudizi positivi.
Da ragazzo, troppo presto, mi capitò di vedere il film del ’74, quello con Robert Redford, mi annoiai a morte e forse questo fu sufficiente per tenermi alla larga dal romanzo per tantissimo tempo. Ho visto poi anche il film con Di Caprio, del quale però ricordo solo la sua grande bravura di attore. Bravura che purtroppo ha condizionato anche la mia successiva lettura, non riuscendo a immaginarmi il protagonista in modo diverso.
La spinta decisiva me l’ha data Piero Dorfles. Nel suo elenco dei “Cento libri che rendono più ricca la nostra vita”, il capolavoro di Fitzgerald era una mie delle lacune più vistose. Ma, a riprova che ancora non ero del tutto convinto, invece di acquistare il libro, ho scelto di ascoltarlo in audiolibro, basato sulla traduzione di Roberto Serrai per Marsilio (2011). Sulla traduzione ritorno tra un attimo.
Prima voglio dire che questo romanzo mi è davvero entrato dentro. La prosa di Fitzgerald, certo, lo stile lodato anche dai lettori più critici, il linguaggio cinematografico, il ritmo tumultuoso. Eppure…
Eppure questo romanzo ha una poesia, qualcosa che ti colpisce nel profondo che sarà difficile da dimenticare. Trovo infatti che senza il legame con il contenuto, la prosa di Fitzgerald, bella ed efficace quanto si vuole, rischierebbe di risultare uno sterile esercizio di stile.
Commuove il fallimento esistenziale di un uomo con una vitalità così grande e disperata, un personaggio dal quale non potremmo sentirci più lontani, quando è all’apice del suo potere, e che tuttavia ci conquista nel momento in cui mette a nudo l’origine della sua “fame”, la condanna ad avere successo per poter coltivare l’illusione di inseguire i propri sogni e il bisogno di essere amato. Una grande penna, certamente, ma dietro la quale c’è anche il graffio dell’acuto osservatore sociale e la sensibilità del poeta.
Ora che Il grande Gatsby è uscito finalmente dalla mia wishlist, mi ripropongo di leggere altre opere di Francis Scott Fitzgerald, perché questa lettura mi ha fatto scoprire una personalità affascinante. Mi sono infatti appuntato anche il saggio di Pietro Citati “La morte della farfalla. Zelda e Francis Scott Fitzgerald”, che può aiutare a capire meglio l’universo dello scrittore.
Dicevo della traduzione. A testimonianza di quanto questo romanzo mi abbia conquistato, dopo averlo ascoltato in audiolibro, l’ho anche acquistato nell’edizione proposta dal Corriere della Sera nei “Classici” in uscita in queste settimane. La traduzione è quella storica di Fernanda Pivano.
Come ricorda Roberto Serrai nell’interessante intervista che conclude l’audiolibro da me ascoltato, c’è una sostanziale differenza di approccio tra il modo di tradurre più recente e quello in voga alcuni decenni fa. Secondo Serrai, ai tempi della Pivano c’era molta cura nel calare il romanzo nell’ambito culturale del lettore italiano, cercando di attutire la distanza culturale rispetto al linguaggio dell’opera originale. Al giorno d’oggi, invece, si ritiene che debba essere data la massima fedeltà al testo originario, anche quando questo possa comportare un maggiore “straniamento” per il lettore italiano. Se ho inteso bene, si tratta di un diverso modo di rispettare il lettore: allora in modo più “protettivo”, oggi in modo più “trasparente”.
E’ un tema, questo delle traduzioni, che mi sta appassionando. L’ho constatato anche recentemente con La peste di Camus, che ho letto in una traduzione recente (Yasmina Melaouah, per Bompiani, 2017) e parzialmente ascoltato su Rai Play Radio, in una lettura di Remo Girone che direi basata sulla versione di Beniamino Dal Fabbro del 1948.
Non sempre si ha il tempo, la voglia o la capacità di affrontare un testo in lingua originale. Trovo che il traduttore abbia una grande responsabilità ed un grande privilegio: quello di calarsi interamente nell’anima dell’autore, per offrirci la sua opera nel modo più limpido possibile.
Un bellissimo mestiere.
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Distruggerai il tuo sogno, vecchio mio
“Il grande Gatsby” è forse il romanzo che meglio incarna lo spirito degli Stati Uniti negli anni Venti. Sfruttando l’espediente dell’amore contrastato dal fato, Fitzgerald ci parla di come i sogni non siano necessariamente le piacevoli illusioni che accecavano l’anonimo protagonista de “Le notti bianche” di Fëdor M. Dostoevskij, e possano bensì tramutarsi in ossessioni pronte ad annientare la vita di un uomo se non trovano realizzazione.
La storia di James Gatz -in arte, Jay Gatsby- ci viene narrata da Nick, suo vicino di casa che spesso si trova ad assistere, o perfino a partecipare, alle colossali feste che vengono organizzate nella sfarzosa villa di questo individuo per tutta l’estate. Pare però che nessuno delle decine di ospiti conosca bene Gatsby, e sul conto del facoltoso padrone di casa cominciano a circolare le voci più disparate,
«Le due ragazze si allungarono verso Jordan con aria confidenziale.
-Qualcuno mi ha detto che [Gatsby] ha ammazzato un uomo.»
Attraverso lo stesso Gatsby o altri personaggi, Nick viene ben presto a sapere di come l’uomo abbia avuto con sua cugina Daisy una relazione, resa difficile dalla disparità economica tra i due; la vita sfrenata che ora conduce è un mero tentativo di dimostrare la sua ascesa sociale; infatti, come ci dice Jordan:
«-Forse si aspettava che lei arrivasse a una delle sue feste, prima o poi-, continuò Jordan. -Ma non è mai successo.»
Ovviamente, avendo come unico scopo quello di riavvicinarsi a Daisy, Gatsby non da alcun valore ai rapporti con gli altri personaggi del romanzo, tanto che tutti i suoi ospiti non bastano per cancellare la sua solitudine,
«Dalle finestre e dalle grandi porte pareva ora giungere un vuoto improvviso, che isolava del tutto la figura del padrone di casa, [...].»
e questa condizione mostra il suo peggio nelle scene finali, con Nick che non riesce a mettersi in contatto con nessuno interessato alla sorte di Gatsby.
Fortunatamente questo protagonista soverchiante lascia sufficiente spazio per sviluppare i caratteri degli altri personaggi, anche per merito di un cast nient’affatto numeroso. Il mio preferito è senza dubbio Meyer Wolfshiem che, mentre Nick si affanna per mettere in mostra le sue emozioni, mi ha saputa conquistare con una singola battuta:
«-Impariamo a dimostrare la nostra amicizia a un uomo quando è vivo e non dopo che è morto-, propose [Wolfshiem]. -Dopo di che la mia regola è quella del quieto vivere.»
Per contro ho inevitabilmente detestato Tom, che è stato tratteggiato proprio con l’intento di renderlo antipatico a Nick e, di conseguenza, al lettore. In poche righe lo individuiamo come uno xenofobo (non credo dimenticherò facilmente il libro sulla minaccia alla razza bianca!) dalle maniere violente, dedito all’adulterio a senso unico.
Il romanzo si concentra sull’importanza dello status individuale e familiare nella società statunitense dell’epoca, e sul ruolo centrale del denaro nelle relazioni interpersonali; non a caso il nostro narratore è un mediatore finanziario, e in più punti si fa riferimento alla sua professione. Analogamente, sia Myrtle che diversi personaggi secondari sembrano far gravitare tutte le loro azioni attorno alla possibilità di spendere soldi in modo a dir poco futile,
«-Siamo partite con più di milleduecento dollari, ma ci hanno ripulito nel giro di due giorni nelle sale private.»
rasentando un consumismo che ricorda stranamente quello de “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley, ma anche situazioni contemporanee: l’acquisto di oggetti sempre nuovi diventa compulsivo, ed buttare da parte ciò che invece ha ormai stancato è l’abitudine.
Altro tema centrale è quello già citato del sogno, non come ambizione per migliorare il proprio futuro ma come continuo struggimento nei ricordi del passato, con la speranza che questi possano ripetersi; vediamo infatti Gatsby aspirare per anni ed anni all’affetto di Daisy, che arriva inevitabilmente ad idealizzare,
«Quasi cinque anni! Persino quel pomeriggio dovevano esserci stati dei momenti in cui Daisy era ruzzolata ai piedi dei suoi sogni, [...] l’illusione di Gatsby. Era andata oltre Daisy, oltre ogni cosa.»
così il suo sogno non può che naufragare dopo lo scontro con una realtà decisamente meno idilliaca.
Personalmente ho trovato piacevole lo stile di questo romanzo, in primis per la presenza di un narratore molto affine a Buddy Glass, parimenti voce narrante nel racconto “Alzate l’architrave, carpentieri” -non a caso Salinger ammirava l’opera di Fitzgerald. L’altro aspetto stilistico che ho maggiormente apprezzato è la presenza di dettagli poetici nelle descrizioni,
«[...] una torre su un lato, nuovissima sotto la barbetta di edera incolta, una piscina di marmo e più di quaranta acri di prati e giardini.»
L’edizione della Feltrinelli si merita pure i miei elogi; la traduttrice si è occupata anche dell’introduzione che fornisce molti elementi non solo sulle tematiche del romanzo, ma anche sulla sua storia editoriale e sulla rivalutazione della critica nel corso degli anni. Ottime anche le note al testo, anche se le avrei preferite a fondo pagina anziché alla fine del volume.
NB: Libro letto nell'edizione Feltrinelli
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Ogni luce è destinata a spegnersi
"Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C’è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia… e una bella mattina… Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato."
Un libro ambiguo, dall'inizio alla fine. Un monito forse scagliato alla faccia oscura del lusso e delle paillettes, dei party senza fine, delle fuoriserie, delle donne dai facili costumi, dell'amore come redenzione da una vita di bagordi e di estremi...,insomma un monito al lato invisibile della ricchezza sfrenata e senza fondo.
Gatsby è quasi un personaggio Kafkiano, incomprensibile nel suo procedere per gran parte del libro.
Di lui non si sa nulla o meglio no si ha interessa a sapere nulla. Infatti quello che contata è che comunque non lesina lo sperpero dei soldi per far contenti i suoi ospiti o comunque i personaggi che come lupi gli ruotano attorno.
La ricchezza immensa del protagonista non ha un perchè. Non se ne conosce l'origine, come non si sa bene da quale universo parallelo sia piovuto questo personaggio, che nel film ha il faccione di Leo Di Caprio e che malgrado una vita nella dissolutezza, cova ancora un amore verso una leggiadra fanciulla che troppe volte gli è sfuggiata per situazioni avverse.
Il libro è micidialmente lento, malgrado l'argomento dovrebbe stimolare la fantasia del lettore.
Confesso che per lunghi tratti mi sono profondamente annoiato, ma poi all'improvviso la storia sembra prendere quota e dare un senso anche alla stessa esistenza del nostro eroe.
Si intuisce comunque che è quasi una romanzo dove si alternano dei momenti concreti in cui ci sono chiari esempi di situazioni aderenti alla realtà, con momenti abbastanza prolissi dove si entra quasi in una dimensione da sogno.
Le parti che possono suscitare maggiore attenzione nel lettore, dovrebbero essere quelle in cui si descrivono i vari incredibili lussi a cui si dedica il nostro buon riccone americano. Le mega ville. Queste feste dove ci sono più imbucati che invitati. Naturalmente la descrizione di donne bellissime e "leggere".
Fiumi di champagne. Vestiti da mille e una notte.
A chi non è mai venuto, per una volta, leggendo il libro o guardando la pellicola, di partecipare a una festa di tale portata.
Insomma se volete perdervi nel sogno di una vita da divi di Hollywood o da sceicchi degli Emirati, questo libro potrebbe essere per voi, per capire la differenza abissale, tra classi sociali, tra gli esseri umani.
Però, perchè naturalmente quando vi è così tanta bellezza e lusso, vi deve essere un però (quasi a essere un monito a tutti coloro che bramano una siffatta esistenza) il sogno di Gatsby come la sua stessa vita non è altro che un enorme limbo, che ben presto svelerà una realtà tutt'altro che amabile, lussuosa e scintillante come eravamo stati abituati a leggere per gran parte dell'opera.
Il finale, lo reputo tra i più poetici e profetici di tutta la letteratura mondiale.
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L'amore cieco per Daisy
SPOILER
Ho riletto il Grande Gatsby e nel corso di questi anni la mia opinione non è per nulla cambiata. E' una lettura piacevolmente triste ma che mostra fortemente un mondo sempre più nell'abisso. L'io narrante è Nick, abitante di West Egg che lavora nel mercato della finanza. Da poco è diventato il vicino di casa di un curioso personaggio di nome Gatsby, un uomo molto ricco che verrà nominato anche durante una cena a casa Buchanan. Il nucleo famigliare dei Buchanan è composto da Daisy (ovvero la cugina di Nick), suo marito Tom e la loro figlioletta. Un'altro dei personaggi più noti nel romanzo è la tennista Jordan Baker, amica della famiglia. Il colpo di scena arriva quasi subito perchè il telefono squilla: è l'amante di Tom, entrambi non si fanno scrupoli, Daisy ne è a conoscenza e il lettore inizia subito a capire in che tipo di mondo è stato proiettato. E' un mondo di carta, dove le persone sono egoiste, pensano solamente ai propri interessi. L'alienazione dalla genuinità della vita è palese: Fitzgerald vuole denunciare la società degli anni Venti: sempre più corrotta e priva di senso morale. Il libro è pieno di eventi del genere in cui l'unico personaggio che pare avere un minimo di riguardo ed essere più riflessivo è Nick, tutti gli altri paiono delle marionette guidate dalla loro insensatezza. Gatsby è l'unico che si distinguerà. Nick vede l'uomo per la prima volta nell'oscurità della sua casa, intento a guardare luce verde del faro dall'altro lato del fiume. Ed è proprio questa luce l'incarnazione del sogno incorruttibile, dell'illusione del personaggio. Nel secondo capitolo Nick e Tom si incontrano e lui lo invita a conoscere "la sua ragazza": Myrtle, la moglie di un benzinaio; una donna fuori dal suo rango una donna povera che si atteggia da ricca nel loro nido d'amore. Il mondo che Fitzgerald descrive è quello della società borghese, che in quegli anni stava sempre più arricchendosi: il lusso trasuda da ogni pagina come la loro vita oziosa, fatta di feste e bevute in compagnia. Gli stessi dialoghi sono privi di consistenza, gli argomenti principali sono le banalità. Molte persone conoscono il misterioso Gatsby senza averlo mai conosciuto, partecipano alle sue feste ma parlano male di lui continuamente. Un giorno Nick riceve un invito da parte del vicino e così inizia la loro amicizia. Egli rivelerà alcuni dettagli della sua vita per contrastare la cattiva fama che gira su di lui. Ma sembra che l'uomo sia coinvolto in affari poco puliti da cui la sua ricchezza deriva. Nel frattempo, Miss Baker è venuta a conoscenza da Gatsby stesso che lui e Daisy si amarono e lei stessa lo ricorda con vividezza un episodio. A quel tempo lui era un soldato, troppo povero per sposarla, quando partì incontrò Tom e si sposarono nonostante l'enorme tristezza di Daisy che ricevette una lettera dal suo amato. Ma era il matrimonio del secolo: dopo poco tempo accetta la sua realtà sentendosi innamorata del marito. In questi anni Gatsby si è fatto un nome, si è arricchito per poter diventare un uomo degno di lei, le feste che organizza sono finalizzate solamente a un loro possibile incontro che avverrà solo grazie all'aiuto di Nick. L'amore tra i due sembra essere risbocciato. Vediamo un uomo tenero, impacciato, fragile in un momento atteso da così tanto tempo: non ha mai smesso di amare Daisy; lei è sempre stata il suo obiettivo finale. Emergono altri dettagli sulla sua vita: figlio di poveri, riesce a farsi un nome grazie a un uomo che l'ha formato come gentiluomo. Daisy e il marito andranno a una festa di Gatsby; Tom vuole saperne di più sul suo passato con la moglie e lavorativo. Il loro amore nascosto prosegue fino a quando non viene vuotato il sacco durante un afoso pomeriggio al Plaza. E' lui che sprona una lei incapace di ammettere di amarlo davvero, rimane incastrata tra la sicurezza e il lusso che può darle uno e il vero amore che può darle l'altro. Ed è qui che avviene la prima tragedia alla quale se ne concatena un'altra: la morte accidentale di Myrtle a causa di una macchina gialla (quella di Gatsby). Un cambio di auto tra i personaggi conduce al dramma ma la vera responsabile in realtà è Daisy, troppo sotto shock dalle emozioni precedenti. L'uomo è talmente convinto del suo amore per lei che è disposto ad assumersi la colpa. Ciò sarà fatale perchè il marito cercherà vendetta uccidendolo anche per via del sospetto che lui fosse l'amante. E' proprio Tom che approfitta delle debolezze dell'uomo per lavare via i propri peccati, per far ricadere la colpa su un innocente forse, persino, con la complicità della moglie. La scena finale mostra un Nick fedele fino alla fine, insieme al padre, così orgoglioso per i successi di Jimmy. Neppure Daisy si è presentata al funerale, lei, più di tutti mostra l'inconsistenza umana che non ha nemmeno un minimo di riconoscenza. Daisy è un personaggio inetto, incapace di scegliere per la sua felicità, disposta a mentire e mentirsi e a lasciar morire l'amore. Nessuno si presenta al funerale, nessun amico, nessuno di coloro che partecipava alle feste. Un personaggio chiama per farsi ridare le scarpe: è l'apice del degrado della coscienza. Quello di Jay Gatsby è un sogno incorruttibile che è stato corrotto, saccheggiato, privato di senso e che ha condotto a una fine tragica.
Questo è il capolavoro di Fitzgerald!
"Erano persone sconsiderate, Tom e Daisy: fracassavano cose ed esseri umani e poi si ritraevano nel loro denaro o nella vastità della loro sconsideratezza, o qualunque cosa fosse a tenerli insieme,e lasciavano che fossero gli altri a ripulire il sudiciume che avevano fatto..."
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LA MIA UMILE OPINIONE
Ultimamente ho voglia di classici e senza essere particolarmente convinta ho iniziato il grande Gatsby.
A malincuore per tutte le persone che amano e adorano questo romanzo devo dire che a me non è piaciuto molto.
Non voglio stroncare un romanzo che è ritenuto un capolavoro della letteratura e studiato e da critici e acculturati anche perché io sono una semplice lettrice, ma non mi ha colpito, non mi ha preso se non le poche pagine centrali in cui sembra quasi che finalmente inizi il colpo di scena del romanzo, non mi ha dato quella voglia di leggerlo tutto d'un fiato.
L'ho trovato lento all'inizio, quasi noioso. Quando capiamo lo scopo di tutte le feste di Gatby mi è sembrato di iniziare a prenderci gusto per poi scoprire il suo piano di ricongiungimento con la sua amata di un tempo passato che in realtà è una persona frivola e distratta. Ma poi in realtà anche Gatsby è tutta apparenza e poca sostanza. E Nick spettatore finto innocente ma che prima aiuta un tradimento coniugale e narra la vicenda con aria di stupore e ammirazione, poi critica e sdegna quasi l'oggetto della sua adorazione e infine dopo la tragedia di nuovo è la persona che difende e veglia la fine dell'"amico.
Sicuramente è parte del ciclo narrativo questa creazione del mito e poi distruzione e certo è che la scrittura fine e essenziale non vuole creare un romanzo avvincente ma questa serie di sensazioni durante la lettura non mi hanno reso piacevole la storia.
Ripeto che la mia è un'opinione e di sicuro non pretendo di avere ragione.
Il mondo è bello perché è vario e grazie a questo abbiamo tanti libri e tante storie che possono piacere o non piacere!
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- sì
- no
Dopo la festa, quel che ne resta
Un grande classico compresso in questo breve romanzo che mostra i ruggenti anni '20, i soldi facili, l' arricchimento senza domande malgrado il proibizionismo americano. L'immagine che l'autore ci riflette mediante scene, dettagli accostati non a sproposito, colori, profumi e città rendono l'idea di essere di fronte ad una natura morta. La grande depressione infatti si avvicina inesorabile, la perfezione si sfuma ed i sogni dorati e sfavillanti mano a mano vanno scemando. Quando sulle feste che Gatsby tiene senza sosta nella sua reggia cala il sipario, l'atmosfera cambia precipitosamente.
Pochi gli eventi significativi che si susseguono nel racconto lasciando il dubbio di non conoscere mai chi si cela dietro il personaggio, cosa maschera. I soggetti non sono descritti a fondo, la penna dell'autore sembra creare delle sceneggiature, attivando tutti i sensi del lettore, a tratti in maniera quasi poetica, a tratti il romanticismo e il grande senso di solitudine primeggiano, come sul finale.
Nick è la voce narrante, dalle sue impressioni incerte scopriamo del suo approdo estivo a Long Island. Lui stesso viene a conoscenza delle vicende dalla cugina al vicino di casa.
La trama è di per sé semplice. Un amore di un mese tra una giovane di ottima famiglia, Daisy, la cui voce "ha il suono dei soldi" e Gatsby pronto a partire per la guerra, all'epoca senza risorse eccetto il consistente bagaglio di sogni, avventure vissute e tante da scoprire narrate senza sosta alla spensierata donna.
Passano cinque anni, lunghi o corti che siano, hanno portato aria di cambiamenti nelle vite di tutti. Gatsby ha costruito in modo lecito o meno, una grande ricchezza finalizzata al suo sogno: rincontrare Daisy, far rivivere il passato, far vivere quell'amore lontano. Quali saranno gli effetti di questa chimera?
Feste, sfarzo e balli nelle sfrenate notti alla villa di Gatsby che cosa lasceranno nel momento del silenzio? Durante la più cruda solitudine che impregna gli ultimi capitoli, chi resterà sotto un cielo plumbeo e piovigginoso?
La fama che lascia spazio al vuoto. Il passato che non si ricostruisce, il sogno svanito. Grandi sono i temi che affiorano e lasciano una traccia nel lettore dopo essersi immerso negli anni '20. Leggere un grande romanzo?! si, a mio parere.