Narrativa straniera Romanzi Il giunco mormorante
 

Il giunco mormorante Il giunco mormorante

Il giunco mormorante

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Due amanti si separano a Parigi, all’inizio dell’ultima guerra. Anni dopo si ritrovano a Stoccolma. La loro storia è cominciata in quella «terra di nessuno, dove l’uomo vive nella libertà e nel mistero». Poi quella vita segreta era stata a poco a poco messa in ombra dalla «seconda vita», la vita comune. E viene il momento di chiedersi: che cosa sussiste di quella storia? Giocando magistralmente sulla tastiera dei sentimenti, la Berberova ha scritto un amaro, sottile apologo sull’amore e la libertà – e soprattutto su quella parte della nostra vita «di cui nessuno sa nulla» e sul come difenderla. L’edizione in russo del Giunco mormorante è del 1958.



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Il giunco mormorante 2019-09-15 13:43:57 Natalizia Dagostino
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Natalizia Dagostino Opinione inserita da Natalizia Dagostino    15 Settembre, 2019
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Il luogo dell'intimità

Questa riflessione origina da una storia d’amore, da un piccolo libro che racconta la relazione difficile, anche a causa della prima guerra mondiale, di un uomo e di una donna. Il racconto è centrato su un pensiero fondo e suggestivo: ogni persona interiormente scopre e difende la terra di nessuno, il luogo della indissolubile intimità con il proprio nucleo. Ed è grazie alla no man’s land che custodiamo la potenzialità dell’amore.

La scrittrice nasce a San Pietroburgo nel 1901 ed emigra negli Stati Uniti vivendo lo spaesamento dei transfughi dalla Russia rivoluzionaria. Soprattutto la relazione come confidenza con se stessi è il tema ricorrente nei suoi romanzi. Le storie di coppie diverse rimandano, in ogni modo, all’indagine psicologica di ogni personaggio e alla necessità di riconoscere e mantenere la libertà nell’amore.

“… se permettiamo a qualcuno di organizzare la nostra no man’s land, alla fin fine, secondo logica, arriveranno a rinchiuderti in una lussuosa camera di un lussuoso albergo, e bruceranno i tuoi libri, e allontaneranno da te tutti quelli che ami. Basta cedere una volta – e non ci saranno più limiti, e tutto ti verrà tolto…” (p.77)

Trasformare se stessi in un giunco, questa è la benedizione: l’elasticità, la capacità di dondolarsi nella realtà che va presa in carico senza la pretesa di cambiarla. Il giunco si propaga con i rizomi sotterranei, è molto resistente e difficilmente viene attaccato dai parassiti, come le coscienze di chi provvede in tempo ad indagare e a capire la sua terra di nessuno, no man’s land.

Nella vicenda narrata, a Parigi, a Stoccolma, a Venezia, per tutta la vita, assistiamo alla dignità degli addii. I due amanti dichiarano il desiderio di rimanere assieme e la necessità storica di andarsene. E infine, navigando verso il nucleo di sé, nei sotterranei dell’anima, si dissolve l’urgenza dell’incontro e la relazione esprime proprio nell’assenza la sua più sottile e complessa presenza.

Nella vita, tre volte finora ho sperimentato la straordinaria assenza di relazioni cave, radicate, arcane. Essa non é mancanza, ma è assoluta essenzialità: io so e tu sai. Non abbiamo nulla da dirci, dichiara l'abbandono peggiore ed è, invece, la migliore intimità possibile. Penso, attraverso il romanzo, ad un'etica del non incontro. Rilevo l’immobilità dell'assenza a causa di una eventualità di presenza totalizzante ed eccedente. Più sottile e profonda è, sempre, l'assenza dell’altro che rivela il mistero della vicinanza a se stessi.

Berberova indaga con dolcezza e con determinazione il canto che lega indissolubilmente l’amore e la solitudine, il dolore e la giustizia, la realtà e il desiderio. Così, la relazione può continuare ad esistere, a prescindere dalle scelte obbligate della storia, nell’incontro doloroso e gioioso con le proprie viscere. Consapevolmente e autonomamente.

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Il giunco mormorante 2017-12-11 13:17:09 Vincenzo1972
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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    11 Dicembre, 2017
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Il giunco pensante, mormora, protesta

Il giunco è una pianta che cresce generalmente sulle sponde dei laghi, dei corsi d'acqua o nelle zone paludose. E' caratteristica l'estrema flessibilità del suo fusto tanto che riesce a resistere, senza spezzarsi, alle sferzate ondose dell'acqua circostante. Si piega ma non si spezza: simbolo di un'umiltà combattiva, grintosa.
Umiltà e determinazione, quindi. E quando poi il giunco viene mosso dal vento, quando le sue foglie assecondano il movimento dell'aria, sembra quasi mormorare, sussurrare.
Come la voce che la protagonista di questo romanzo dell'autrice russa Nina Berberova sente dentro di sè, una voce che le sussurra nell'orecchio, la sprona, fa riflettere e consiglia.
E' una donna russa, trapiantata a Parigi (proprio come la scrittrice stessa vissuta nel secolo scorso); si innamora di Ejnar, perdutamente, intensamente, ma egli deve lasciare Parigi e tornare a Stoccolma lasciandola sola, siamo durante la seconda guerra mondiale e non è semplice spostarsi in Europa tra i paesi in guerra.
I due amanti però si salutano con una promessa reciproca: non sarà un addio quel loro abbraccio prima della partenza e presto si rivedranno a Stoccolma. Il giunco: si piega con umiltà al destino ma non si spezza, si rialza.
Passano gli anni, tante lettere spedite e rimaste senza risposta da parte di Ejnar, ma la donna non dimentica, ancora lo ama e quando finalmente riesce a raggiungere la fredda Stoccolma, un pò per lavoro un pò perchè lo desidera, scopre che Ejnar è sposato e vive felicemente con un'altra donna, Emma.
E' sul punto di scappar via, questa volta non è facile rialzarsi, reagire: un colpo troppo violento da sopportare, la delusione, la rabbia bruciano dentro.
Ma.. 'il giunco pensante, mormora, protesta'.
Decide di rimanere a Stoccolma, deve capire, deve parlare con Ejnar e pretendere da lui delle spiegazioni.
Grazie ad alcune conoscenze in comune, riuscirà non solo a rivedere Ejnar ma sarà anche accolta da sua moglie Emma come una cara amica di famiglia tanto da ricevere l'invito per un soggiorno a Venezia in loro compagnia.
E ancora una volta è sul punto di rinunciare, teme di non poter reggere un ulteriore colpo che frantumerebbe il suo cuore ed il suo orgoglio.
Ma quella voce, il mormorìo, decide anche per lei:
'Prenderemo per buono l'invito, non staremo a chiedercene il motivo, accetteremo Venezia come si accetta un regalo - non è detto che dalla scatola di caramelle o dal mazzo di fiori debba immancabilmente uscire un serpente o un pipistrello'.
Ed è a questo punto, nelle ultime pagine del romanzo già di per sè brevissimo, che la scrittrice con uno stile garbato ma incisivo costruisce la rivalsa della sua donna, protagonista e - probabilmente - suo alter ego.
E il lettore ne rimane quasi spiazzato, quello che sembrava l'ennesimo amore distrutto, l'ennesima beffa di un destino avverso diventa invece un inno alla libertà individuale, al diritto di ogni uomo o donna di riservarsi una propria 'terra di nessuno', un luogo dove non è ammessa alcuna ingerenza esterna, dove ognuno è padrone ed artefice delle proprie scelte e dove i propri sentimenti possono rivelarsi così come sono, senza censure, senza segreti o costrizioni di alcun tipo.
'Fin dai primi anni della mia giovinezza pensavo che ognuno di noi ha la propria no man's land, in cui è totale padrone di se stesso. C'è una vita a tutti visibile, e ce n'è un'altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell'etica, una sia morale e l'altra immorale, o, dal punto di vista della polizia, l'una lecita e l'altra illecita.
Semplicemente, l'uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno, anche soltanto un'ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese (..) Se un uomo non usufruisce di questo suo diritto o ne viene privato da circostanze esterne, un bel giorno scoprirà con stupore che nella sua vita non s'è mai incontrato con se stesso, e c'è qualcosa di malinconico in questo pensiero.'
Un amore dissolto, quello verso Ejnar, ma anche un amore ritrovato, quello verso se stessa.
E nella partenza da Venezia stavolta non c'è alcun rimpianto, nessun dolore. Un ricordo destinato a svanire velocemente, come la città stessa:
"Tratto peculiare di Venezia: scomparire in un attimo, non correre dietro al treno, non agitare a destra e a sinistra il capo in cenno di saluto come fanno le altre città quando le lasci – svanire in un solo istante, come se non esistesse, come se non fosse mai esistita.”

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Il giunco mormorante 2012-05-21 16:25:18 gracy
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gracy Opinione inserita da gracy    21 Mag, 2012
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no man's land

Adelphi non finisce mai di stupirmi, qualcuno tempo fa mi consigliò questo libro dopo la mia esterazione d'amore verso Irène Némirovsky e devo dire che sono autrici diverse eppure c'è qualcosa di viscerale che un pò le unisce.
Piccolo gioiellino di appena 78 pagine, Nina Berberova, autrice russa nata ai primi del 900, donna emancipata, mi ha sorpresa per la scioltezza del pensiero di una donna che pensa e agisce in difesa dell'amore "di cui nessuno da nulla" e della sua libertà.

.....Accettiamo l'autunno come la primavera...

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Irène Némirovsky
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