Il gatto che regalava il buonumore
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Nostalgia di Fedro
Affascinato dal mio gatto – m’ispira simpatia, tenerezza, buonumore, affetto, poesia… - in un periodo che richiede sentimenti positivi per affrontare le mille difficoltà di una vita che ha cambiato modalità sia sul piano sociale sia nella dimensione psicologica, vengo attratto da questo titolo e ne intraprendo la lettura completamente soggiogato dalla mia esperienza personale con Leo.
Tuttavia mi accorgo che Il gatto che regalava il buonumore di Rachel Wells è una sequenza di banalità: beninteso, banalità assolutamente innocue, ma l’innocuità non cambia la natura di un romanzo che è una favola diluita nei rivoli di situazioni poco avvincenti che attribuiscono al gatto protagonista un carattere antropomorfo (“Siamo noi gatti a dover rimettere insieme gli inevitabili pezzi) grazie al quale sono stati creati - altrove (da Esopo a Walt Disney) - autentici capolavori.
Guardo il mio Leo – gatto educato, riservato ma affettuoso, indipendente ma amichevole, sempre affascinante anche nella sua involontaria comicità – e, stregato dal senso di appartenenza che mi comunica, riconosco che lui sì mi regala il buonumore. Non questo Alfie che, suo malgrado, partecipa a un processo commerciale che può deludere chi ama gli animali.
Bruno Elpis