Il fidanzamento del signor Hire
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“Perché non confessa, signor Hire?”
Questo breve romanzo, a ben vedere, parla di due omicidi.
Il primo è quello di una prostituta uccisa e derubata in una zona della periferia parigina, il secondo avviene per mano della collettività, con modalità che ricordano un'altra breve storia, “Il cappotto” di Gogol.
A quest'ultimo Simenon sembra ispirarsi per due analogie fondamentali: il suo protagonista indossa sempre un cappotto nero col collo di velluto e, soprattutto, è profondamente solo, di quella solitudine che può risultare fatale.
Qualche dubbio sulla sua colpevolezza, all'inizio, viene insinuato anche nel lettore, per una certa ambigua pinguetudine che caratterizza il signor Hire, per la sua andatura saltellante, per il suo voyeurismo:
“Poteva fissarti molto a lungo, così, senza curiosità e senza tradire alcun sentimento, come si fissa un muro o un cielo”.
Lo sguardo di un sociopatico, si direbbe, se non fosse che a tratti diventa quello di un cane bastonato che chiede umilmente ragione della crudeltà umana.
Il lettore assiste pagina dopo pagina al triste spettacolo di un uomo con un anelito non ancora spento d'amore e di gioia di vivere in fondo al cuore, risucchiato in un gorgo a spirale a velocità sempre più sostenuta:
“Perché non confessa, signor Hire?”.
Una camicia a righe e un paio di bretelle, intraviste attraverso un cappotto aperto in una giornata fredda e uggiosa, è l'ultima immagine che abbiamo di lui e dei suoi sogni romantici spezzati.
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Caccia al mostro
Il brutto, in quanto diverso ed evitato, rappresenta da sempre il classico capro espiatorio, perchè considerato un mostro e che certi aspetti fisici colpiscano in modo negativo la gente é testimoniato anche dal fatto che lo psichiatra italiano Cesare Lombroso pretese di identificare un individuo come criminale attraverso alcuni tratti somatici. Da un bel po’ sappiamo che si sbagliava, ma la sua teoria ebbe largo seguito in passato.
Alla periferia di Parigi, dietro un cespuglio viene ritrovato il corpo, fatto a pezzi, di una prostituta e dato che nei pressi abita il signor Hire, che è tutt’altro che un adone e conduce una vita solitaria e appartata, i sospetti, coram populo, si appuntano subito su di lui, che, cercando di sviare i pedinamenti della polizia, finisce con l’accrescere la convinzione che sia il colpevole. Hire é invece un uomo mite, timido, che non ha rapporti con le donne, ma che ama spiare una vicina, la quale se ne accorge e inizia a condurre una specie di gioco erotico, che attira sempre di più l’uomo. Non vado oltre, perché il romanzo é bello e lascia con il fiato sospeso e anche se si fa largo la convinzione che monsieur Hire non c’entri, resta però un dubbio salutare che appassiona ulteriormente.
L’incapacità del protagonista di relazionarsi, soprattutto con l’altro sesso, é splendidamente descritta da Simenon, con quest’uomo che osserva, interessato, la vicina che si spoglia e che sa di essere guardata; si poteva cadere nel ridicolo, o peggio nel pornografico, ma la misura dell’autore è tale che viene evitato, anche perché il fine di questo tratto voyeuristico non è tanto quello di attirare morbosamente il lettore, bensì è il mezzo per arrivare a dimostrare i complessi di un uomo che è tutto fuorchè un criminale.
E tale é la complessità del soggetto che resta inerte anche quando la vicina gli si offre e lui è incapace di cogliere l’occasione, di manifestarle il suo desiderio, la sua passione, il suo amore, rifugiandosi nuovamente in un’altra realtà a lui dimensionata in cui si sviluppano i sogni, come i progetti per una felice vita in comune, anche se questi tuttavia sembrano vicini a concretizzarsi.
Indubbiamente l’analisi psicologica di Simenon giunge in quest’opera ai massimi livelli, riscontrabili solo in un altro suo romanzo, I fantasmi del cappellaio. Si tratta di autentico virtuosismo, della capacità di sondare, di comprendere e di far comprendere e alla fine proveremo anche noi la stessa pietà dell’autore per un uomo la cui vita è sempre stata contrassegnata dall’infelicità, per l’esistenza di un individuo i cui complessi l’hanno rinchiuso in un bozzolo che non si rivelerà poi protettivo.
Appassionante, coinvolgente, teso come una corda di violino Il fidanzamento del signor Hire é un romanzo che è un capolavoro, l’ennesimo di Simenon.
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Vittima o carnefice?
Ambientato all'estremità di una periferia parigina grigia, fredda e desolata, questo racconto di Simenon è una cartolina bruciante e brulicante di odi e crudeltà.
Un racconto che scorre tra sospetti ed indifferenza, svelando il volto più ambiguo e opportunista dell'essere umano.
Come spesso accade il gran cuoco Simenon, con pochi ingredienti riesce ad imbandire un tavola ghiotta: una portinaia delatrice ed un palazzo abitato da una schiera di inquilini sui generis tra cui il misterioso signor Hire.
Impossibile staccarsi dal fluire della narrazione, da un crescendo di dubbi, di supposizioni con cui il pubblico inevitabilmente si ritrova a fare i conti; una girandola di specchi, di volti, di situazioni destinati ad esplodere in un epilogo incandescente, in cui tutti i tasselli trovano una collocazione perfetta.
Un noir dal sapore dolce e amaro, in grado di generare sensazioni contrastanti nel lettore, passando dalla rabbia alla commozione. Le intenzioni dell'autore sembrano scorrere su un doppio binario, ossia da un lato edificare un'architettura geniale per rappresentare i comportamenti umani, dall'altro essere consapevole di insinuare nel pubblico il tarlo del sospetto, divertendosi quasi nel vederlo brancolare nel buio.
Sono presenti tra queste poche pagine tutte le tematiche care all'autore, dalla duplicità dell'animo umano, all'egoismo, all'aridità di mente e di cuore, alla ricerca sottaciuta del fuoco della passione sia essa amorosa sia essa per un desiderio di realizzazione nella vita.
Lettura godibile da assaporare immagine dopo immagine, anche se un certa carica adrenalinica spinge a volare verso l'ultima riga.
Una chicca letteraria datata 1933 ancora luccicante.